Jukai – la foresta dei suicidi: la storia vera e i segreti di Aokigahara
Jukai - La foresta dei suicidi racconta una storia vera. Ecco le location del film e i misteri dell'oscura foresta di Aokigahara, in Giappone.
Il film di Jason Zada con Natalie Dormer protagonista, giunto in Italia col titolo di Jukai – La foresta dei suicidi, è un vero e proprio viaggio turistico nel Giappone più affascinante e macabro, quello animato da leggende e storie horror che non possono non affascinare chi le ascolta. L’idea dell’esistenza di un luogo magico quando letale, in cui gli spiriti prendono vita, ha infatti un’aura di mistero che non può non ammaliare e la domanda che ci si pone è se esiste davvero o se è solamente una montatura cinematografica.
Itinerario nel Giappone da horror: dove si trovano la foresta dei suicidi e le grotte di ghiaccio?
Posta ai piedi del Monte Fuji, il più alto del Giappone, considerato sacro dagli shintoisti, la foresta di Aokigahara appare dalla cima del suddetto vulcano come un vero e proprio mare di alberi, tant’è che il suo nome in giapponese significa proprio questo. Informazione che ci viene data anche nel film di Jason Zada, in cui ci viene concesso di attraversare una parte della foresta con l’ausilio della guida. In questa gita cinematografica e virtuale apprendiamo inoltre altri dettagli interessanti, come ad esempio la presenza di caverne di ghiaccio, che però non ci vengono mostrate; viene invece posta l’attenzione sul corso di un fiume, che in Jukai – La foresta dei suicidi avrebbe la missione di facilitare il ritrovamento della strada maestra.
Scendendo nel dettaglio, il corso d’acqua del quale si parla nel film è sicuramente riconducibile al lago Shojin – uno dei cinque laghi famosi nella zona del Fujiyama – circondato dalla vegetazione di Aokigahara.
A tal proposito ci sembra doveroso aprire una piccola parentesi su almeno altri due dei suddetti laghi, ovvero il lago Yamanaka, il cui nome riprende quello del manga di Naruto, Ino Yamanaka, e il lago Kawaguchi, che risulta incantevole in primavera per via dell’immagine riflessa sull’acqua dei ciliegi in fiore.
Per scoprire invece le grotte di ghiaccio occorre trovarsi nei pressi del lago Sai. Le caverne preistoriche di Narusawa e Fugaku, la grotta del vento, si trovano proprio qui anche se, a detta di molti turisti, non sono così belle come si pensa.
Quella di Aokigahara, nota anche come Jukai e oramai conosciuta ai più come la foresta dei suicidi, è una storia vera.
Mettendo da parte questi dettagli è giunto adesso il tempo di dedicarsi alla foresta vera e propria che prima ancora del film deve la sua inquietante popolarità al romanzo di Seichō Matsumoto intitolato Tower of Wave (Nami no Tou), del 1960, nel quale muoiono due giovani amanti. Ma la parte brutale e vera della storia legata alla foresta Jukai è certamente quella raccontata nel film e inerente l’usanza di abbandonare i membri più anziani della famiglia nei periodi di carestia e siccità, in modo che morissero in tali luoghi remoti e non pesassero sul bilancio familiare. Secondo la leggenda giapponese le anime di questi poveretti vagano tra le vegetazione di Aokigahara cariche di livore e rabbia, sono dunque degli yūrei (spiriti arrabbiati), che sarebbero in grado di influenzare negativamente lo spirito dei viandanti.
Gli yurei sono infatti spiriti vendicanti, malvagi, impossibilitati a passare all’altro mondo perché i loro corpi non sono stati trovati e quindi non hanno potuto godere della giusta sepoltura e del riposo eterno. Inoltre secondo alcuni esperti in materia pare che la struttura labirintica della foresta funga da itinerario per questi spiriti, che tra i sentieri vagano in cerca di una via di fuga che li conduca verso la pace eterna.
Come dice la guida al personaggio interpretato dalla Dormer, “non dovresti andare nella foresta perché sei triste”.
Gli spiriti avvertono la malinconia e la ritorcono contro gli esseri umani, inducendoli al suicidio. Una storia alla quale si può credere o meno, ma che mette comunque in subbuglio chi vorrà avventurarsi in questo luogo (chi è davvero felice fino in fondo e quindi intoccabile?) la cui conformazione geologica è tale da renderlo meraviglioso ma allo stesso tempo ideale per chi vuole sparire per sempre. La vegetazione fitta, la vastità e la mancanza di luce fanno sì che sia molto facile perdersi e in automatico difficilissimo ritrovarsi. Secondo le statistiche dal 1950 in poi ci sono stati almeno 30 casi di suicidio l’anno. L’apice è stato raggiungo nel 2002 col ritrovamento di 78 corpi senza vita. Pare inoltre che spesso l’insano gesto sia dovuto a problematiche di carattere economico, sintomo che in fondo le motivazioni dai tempi remoti a oggi non siamo poi molto cambiate.
In Giappone il numero di suicidi è altissimo
La tua vita è un prezioso dono ricevuto dai tuoi genitori.
Nel film vediamo inoltre che si fa uso di corde legate ai rami degli alberi, che servirebbero a ritrovare i corpi degli sventurati. E sono cose anche queste che esistono davvero, così come i depositi di ferro che fanno impazzire le bussole e la mancanza di campo che mette fuori uso i cellulari. Allo stesso modo è certa la presenza di cartelli all’inizio del tragitto e nel corso dello stesso, sia in giapponese che in inglese, che invitano i disperati a ritornare sui loro passi. A questo si unisce la missione dei ranger, che cercano di dissuadere uomini e donne dall’idea di togliersi la vita, oltre a compiere periodicamente ronde per il recupero dei corpi.
Per favore, rivolgiti alla polizia o a un medico prima di commettere suicidio.
Rimanendo sempre nell’ambito dell’ambientazione cinematografica, la foresta di Jukai ha fatto da scenario anche al film di Gus Van Sant, La foresta dei sogni, in cui però il percorso si trasforma quasi in un viaggio di redenzione e riscoperta di sé.
Considerando che il Giappone è uno dei paesi col maggior tasso di suicidi al mondo, dovuto a cause soprattutto culturali oltre che a malattie mentali e a disturbi d’altro genere – dettaglio che certo influisce sulla reputazione che negli anni ha acquisito quel luogo – crediamo che la foresta di Jukai sia un luogo splendido in cui la natura si è lasciata prendere la mano, edificando senza sosta e senza tregua valanghe meravigliose di florida vegetazione. Boschi di conifere, querce, cipressi, il particolare fiore della neve giapponese e molti altri arbusti popolano i 35 Km² dell’area, sulla quale pavimentazione si riversano tronchi vestiti di brillante muschio e sassolini neri di roccia lavica (della quale la foresta è per la maggior parte composta).
È proprio il tragitto nero a segnare la retta via, quella dalla quale è preferibile non allontanarsi se non si vuole finire vittima dei propri incubi, degli yurei o, nella peggiore delle ipotesi, dei Kodama (alberi capaci di imitare le voci dei defunti) e dei Jubokko (alberi che si nutrono del sangue umano per rimanere sempre verdi tanto che, secondo la leggenda, non contengono linfa al loro interno ma sangue).
La storia del Monte Fuji oltre la foresta di Jukai
All’inizio del film, quando Sara si reca in Giappone per cercare la sorella, una donna appartenente al personale della scuola presso la quale Jess insegna, alla domanda sul perché abbiano fatto una gita scolastica proprio in quel ruolo orribile, le dice che la foresta è solo una parte della montagna Fuji, che invece è molto importante storicamente.
Ci chiediamo dunque cosa sia avvenuto al suo interno. Abbiamo già detto che il Monte Fuji è un vulcano e che è il monte più alto del Paese. Non abbiamo invece detto che è innevato 10 mesi l’anno e che questa sua perenne chioma bianca deriva dalla maledizione di un dio (Miogi-no-Mikoto) che, vedendosi negato il permesso a soggiornare presso il Fuji decise di punirlo ricoprendolo di neve, cosicché avesse passato l’intera esistenza in isolamento. Oltre al mito, il monte rappresenta per i nipponici una sorta di divinità, simbolo di abbondanza e vita, ma anche di venerazione per via della sua attività vulcanica. Indubbiamente nei suoi paraggi saranno avvenute lotte tra samurai e non solo, dal momento che abbraccia le prefetture di Shizuoka e Yamanashi e dista 100 km da Tokyo.
Cosa mangiare se si decide di fare un’escursione nella foresta dei suicidi? Ovviamente fate scorta di barrette proteiche come i protagonisti del film e, se vi capita di andare a mangiare sushi nei paraggi, assicuratevi che il pesce sia morto del tutto!