40 anni di Fantozzi: il ragioniere che ha fatto la storia
Il 27 marzo del 1975 usciva nelle sale italiane Fantozzi, il primo film diretto da Luciano Salce dell’omonima saga letteraria e cinematografica creata da Paolo Villaggio, basato su episodi tratti dai due primi romanzi bestseller che vedono protagonista lo sfortunato impiegato. Sono passati dunque quaranta anni da quando il personaggio di Fantozzi, reduce dal successo in televisione, nei racconti e nei romanzi, fa la sua entrata trionfale al cinema, dove la pellicola – tra sale di prima, seconda e terza visione – rimarrà in sala praticamente un anno, collocandosi al primo posto negli incassi italiani della stagione 1974-5, superando addirittura con i suoi 5 miliardi di Lire guadagnati gli incassi di un altro fenomeno popolare concorrente quale L’esorcista di William Friedkin.
Vige un generale accordo tra critica e pubblico nel considerare – a giusta ragione – Fantozzi e Il secondo tragico Fantozzi (1976), quelle che segnano il connubio con Salce, le due migliori pellicole in assoluto dell’universo fantozziano, poi a sua volta i fan si dividono in fazioni tra chi preferisce il primo e chi preferisce il secondo, senza considerare i nostalgici che giustamente apprezzano artisticamente e satiricamente anche altri capitoli meno considerati e meno perfetti. Fantozzi è un fenomeno popolare erede del cinismo e del sorriso amaro della commedia all’italiana ma in grado di evolversi esasperando gli stessi tipi umani da sempre rappresentati fino a portarli all’iperbole in una comicità insieme non-sense, di linguaggio e fisica che l’avvicina a quella del trio Zucker–Abrahams–Zucker.
Come suggerisce però lo stesso titolo del secondo film, fondamentale è l’aspetto ironico della tragicomicità: infatti se si analizzano gli eventi dal punto di vista del povero Fantozzi, siamo di fronte a un uomo dalla vita assolutamente insoddisfacente – con una moglie buona ma brutta, umiliato sul lavoro, incapace di farsi un’amante – ma vista dal di fuori essa assume un connotato universalmente comico e esorcizzante nell’accumulazione paradossale di tante sventure in un uomo solo, come accade nei fumetti a Paperino per esempio, looser Disney per eccellenza. Fantozzi compie quaranta anni al cinema ma non li dimostra assolutamente: ovviamente il mestiere dell’impiegato non è più disprezzato come un tempo, causa crisi, ma i tipi umani e gli atteggiamenti dell’italiano medio di servilismo nei confronti del potere e di chi “ti dà da mangiare” dei tempi della DC non sono cambiati poi così tanto, anzi, e per questo ne ridiamo ancora.
Magari non tutti sanno che l’aspetto del ruolo del Ragionier Ugo Fantozzi avrebbe potuto però essere completamente diverso visto che la parte era stata pensata e proposta inizialmente a Renato Pozzetto e poi a Ugo Tognazzi. Chi ha visto La voglia matta (1962) di Luciano Salce non potrà fare a meno di averci visto un germe di quello che poi sarà il personaggio di Fantozzi. Paradossale è che Tognazzi, come anche nel film, ci provò davvero e pesantemente durante le riprese con la giovane Catherine Spaak, beccandosi uno di quei due di picche storici che neanche Fantozzi avrebbe ricevuto con tale umiliazione: la Spaak scese immediatamente dall’auto guidata da Tognazzi per salire su quella di Salce e per non rivolgere più praticamente parola all’attore.
A parte il fatto che un Fantozzi/Tognazzi avrebbe preservato maggior dignità e non è detto fosse un bene per il personaggio, del resto è comprensibile che gli attori a cui era stato proposto il ruolo del negativamente iconico Ragioniere abbiano rifiutato: il personaggio si è rivelato un successo mostruoso per il genovese Paolo Villaggio, che gli ha conferito ricchezza, una vita da sogno, una popolarità incredibile, ma ha anche rappresentato un’esperienza totalizzante da provocare ancora oggi un’identificazione pressoché biunivoca tra attore e personaggio di fantasia. Dimostrazione di ciò è che, quando Villaggio fa qualcuna delle sue provocatorie sparate da troll, c’è ancora gente che lo chiama Fantozzi e/o lo appella “Mer***ccia”, in un sincretismo tra i due che non lascia scampo, quando in realtà le due personalità non potrebbero essere più agli antipodi.
L’ispirazione per la leggendaria maschera era infatti arrivata a Villaggio grazie a un suo collega impiegato, chiamato appunto il Fantozzi, mentre lavoravano entrambi alla Cosider di Genova, che sarebbe il corrispettivo reale della Megaditta ItalPetrolCemeTermoTessilFarmoMetalChimica e dei personaggi che la popolano. Che costui si chiamasse davvero Fantozzi non c’è da metterci la mano sul fuoco, visto che l’abilità di rielaborazione della realtà da parte del comico genovese segue delle dinamiche simili a quelle di Federico Fellini (non a caso i due poi si sono incrociati nel sublime La voce della Luna), ma la passività con cui questo collega era solito farsi trascinare nelle sadiche iniziative di Villaggio, che dal Fantozzi era invece ribattezzato “Selvaggio”, fa ben comprendere che al massimo il ruolo ricoperto dal vero Villaggio in un ufficio era assimilabile a quello di un Ragionier Filini.
Seppur inizialmente considerabile il “fratello fannullone” rispetto al gemello professore Piero, la capacità di osservazione, la creatività di Paolo Villaggio – oltre a un pizzico di fortuna nell’esser notato da Maurizio Costanzo) – lo portarono presto sulla cresta del successo come comico, scrittore e attore, vivendosi liberamente la sua nuova ricchezza grazie anche a una forte dose di cinismo che non gli fece disprezzare i piaceri della vita, tutto il contrario di Fantozzi in poche parole. A differenza di Villaggio, Fantozzi è un personaggio che vive in contesto puramente cattolico e vive dunque di sensi di colpa che lo ancorano alla sua condizione, pur desiderando sempre fervidamente un riscatto che non arriva mai.
Fantozzi è entrato nel gergo e nell’immaginario comune italiano per sempre, partendo dal congiuntivo impossibile per arrivare fino al “pomodorino a 18.000 gradi farenheit”, alla locuzione “Com’è umano lei…” e così all’infinito.
Per non parlare poi degli appassionati di cinema, che oltre ad apprezzare i film di Fantozzi in sé, possono specchiarsi in maniera liberatoria nei “92 minuti di applausi” della filippica contro la Corazzata Kotiomkin (notate nei video qui sotto – se non l’avete mai fatto – la magnifica parodia realizzata da Salce proiettata in Fantozzi al posto dell’originale Potëmkin di cui non avevano di diritti), assunta a film simbolo dell’ostentazione e imposizione dall’alto da parte della critica di capolavori da essa scelti e poi riproposti ossessivamente e monoliticamente fino allo spasmo, senza considerare minimamente pubblico e/o altri punti di vista.
Il segreto (di pulcinella) del suo successo risiede però nel fatto che in realtà Fantozzi tramite risata ci aiuta, seppur con uno specchio distorcente, a conoscere una parte di noi e della nostra cultura. Fantozzi siamo un po’ noi tutti, che desideriamo fortemente di andare avanti e ottenere successo nella vita, ma vorremmo anche sotto sotto al tempo stesso mantenere tutte quelle cose che la vita ce la rendono comoda e in fondo, soprattutto, non cambiare mai.
Je suis Fantozzi.
Fantozzi (1975)
Capodanno
Fantozzi comunista
Il secondo tragico Fantozzi (1976)
La corazzata Kotiomkin
La corazzata Kotiomkin Pt.2
Fantozzi contro tutti (1980)
Telefonata con accento svedese
Fantozzi subisce ancora (1983)
Le elezioni
Fantozzi va in pensione (1988)
Fantozzi si annoia