I 16 registi più rappresentativi di A24, tra cui Ari Aster e Darren Aronofsky
Da Harmony Korine a Ari Aster, da Robert Eggers a Sofia Coppola; chi sono i registi simbolo della casa di produzione più fervente di oggi?
Il cinema è linguaggio, una forma di comunicazione che evolve, cercando di innovarsi, di anticipare il suo tempo e di precorrerne la venuta, rivelando una sua sfumatura ancora nascosta, ancora da scoprire. I registi della A24, ossia coloro che hanno collaborato con la piccola casa di produzione, nata nel 2012 e divenuta presto il più pregnante e considerato mezzo di distribuzione per un cinema che rischia e che giunge prepotentemente fresco, sono l’emblema di tutto ciò che la settima arte contemporanea di qualità esprime.
Originale, estrosa, avanguardistica, la casa di produzione più prolifica ed apprezzata del momento vive di un fermento attrattivo che ne identifica l’intento nel più puro e cristallino bisogno di creare, di fare arte perché unica vera espressione di un’idea, di un sentimento, di una volontà rappresentativa atta a mostrarsi e a comunicarsi, rompendo i fragili confini della classicità e riappropriandosi di un’autorialità che, oltre a mantenersi personale, diviene anche collettiva. Da Spring Breakers – Una vacanza da sballo, del 2013, comincia la dipendenza del cinema indipendente da una nicchia in espansione, che cresce presentando film audaci e spesso disturbanti, inaugura la stagione dell’horror contemporaneo portando in auge autori del calibro di Ari Aster e Robert Eggers, e arriva a un’incommensurabile serie di riconoscimenti, colmata con il tripudio di Everything Everywhere All at Once.
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1. Harmony Korine
Dopo Ginger & Rosa e il film di Roman Coppola, A Glimpse Inside the Mind of Charles Swan III, nel 2013 arriva la pellicola che inizia a far intravedere le potenzialità dell’allora piccola casa di produzione: Spring Breakers – Una vacanza da sballo. Il terzo lungometraggio distribuito dalla A24 viene diretto da uno dei più controversi rappresentati del cinema indipendente americano, Harmony Korine che, alla sua quinta direzione, porta sullo schermo un’opera trasgressiva: lo spaccato di una generazione dominata dagli eccessi e dalla mancanza di profondità di pensiero. Il regista scardina paletti fondamentali e lo si evince già dall’inosservante scelta delle protagoniste: alcuni dei più celebri volti di Disney Channel vengono proposti in una versione completamente rielaborata, dall’intento provocatorio.
2. Robert Eggers
Prima The Witch poi The Lighthouse; una delle figure maggiormente rappresentative per l’horror contemporaneo è al contempo uno degli autori che ha avuto l’ardire di osare fin da subito e di affiancarsi alla nuova realtà distributiva e produttiva, Robert Eggers. Il sovrannaturale racconto con protagonista Anya Taylor-Joy, opera prima del regista, esce nel 2015 e mostra un’altra faccia del cinema dell’orrore, maggiormente introspettivo, fatto di rapporti e manifestato tramite un’estetica nuova, pregnante. A 4 anni di distanza le due parti sanciscono poi il loro rapporto con una nuova collaborazione che dà vita al visionario ed allegorico The Lighthouse, autentico capolavoro esaltato dalla straordinarie prove attoriali di Robert Pattinson e Willem Defoe.
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3. Ari Aster
Altra figura di spicco per il new horror statunitense è Ari Aster, uno degli autori più estremi e drammaticamente complessi del cinema odierno. L’arte del terrore sconfina nel thriller, facendosi manifestazione disturbante di uno psicologismo instabile, in cui i rapporti familiari fanno perennemente da sfondo ad un’esasperante analisi delle paure e dei disagi. Il grande successo riscosso da Hereditary – Le radici del male, del 2018, viene bissato, l’anno seguente, dal rivoluzionario Midsommar – Il villaggio dei dannati, mentre non sono ancora cessati i dibattiti e le elucubrazioni riguardo all’ultimo progetto, distribuito di recente, Beau ha paura.
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4. Alex Garland
Fattosi conoscere come sceneggiatore e cresciuto al fianco di Danny Boyle con la scrittura di 28 giorni dopo e Sunshine, il cineasta britannico Alex Garland esordisce alla regia nel 2015 con Ex Machina, sua personale critica e riflessione sul concetto, sempre più attuale, di intelligenza artificiale. Il film viene distribuito dalla A24, che invece si occupa della produzione della terza e, ad ora, ultima pellicola diretta da Garland: Men, opera che sfaccetta la mascolinità nel volto di Rory Kinnear (Quantum of Solace, Spectre) e analizza i traumi passati della protagonista Jessie Buckley.
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5. Denis Villeneuve
Legato alla produzione e distribuzione internazionale, oggi maggiormente al passo coi tempi, vi è anche uno dei registi più acclamati di questi ultimi anni: Denis Villeneuve. Dalle stesse mani e dallo stesso sguardo di Dune, Prisoners e Blade Runner 2049, nel 2013 arriva Enemy, film liberamente tratto dal romanzo di José Saramago, L’uomo duplicato, che con un taglio enigmatico e cifrato, racconta di un uomo e della scoperta di un sosia da parte di quest’ultimo; una rappresentazione criptica dell’alienazione metropolitana che si regge sulle sorprendenti doti interpretativa di Jake Gyllenhaal.
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6. Yorgos Lanthimos
Ancor più criptico e machiavellico, Yorgos Lanthimos si ritaglia uno spazio sempre più considerevole all’interno del panorama cinematografico moderno. Prima con The Lobster, suo quinto lungometraggio, poi con Il sacrifico del cervo sacro, l’autore greco crea realtà distopiche, all’interno delle quali le allegorie con il mondo animale danno il là a drammi complessi nella loro comprensione, quanto asettici nella loro realizzazione, passando dall’intimo e personale, alle dinamiche rapportuali dei protagonisti, tra i quali, su tutti, spicca Colin Farrell, presente in entrambe le opere e, ormai, attore feticcio numero uno per Lanthimos.
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7. Paul Schrader
Regista e, soprattutto, sceneggiatore cardine per la New Hollywood, Paul Schrader rappresenta da anni una certezza e porta con sé un bagaglio esperienziale non indifferente. Dopo aver scritto capolavori come Taxi Driver e Toro Scatenato e aver diretto numerose pellicole, tra cui American Gigolò e Le due verità, anche il regista classe 1946 ha deciso di lanciarsi in una collaborazione all’avanguardia con First Reformed – La creazione a rischio, per un racconto che vede protagonista lo sconvolgimento interiore di un pastore, interpretato da Ethan Hawke, e in cui la figura umana è costantemente al centro del fuoco.
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8. Barry Jenkins
Agli Oscar del 2017 la A24 raggiunge il suo apice momentaneo con la vittoria della statuetta più ambita da parte del primo film di propria produzione originale: Moonlight. Passato alla storia per aver sottratto il riconoscimento a La La Land, il film di Barry Jenkis è un audace racconto di formazione che indaga la ricerca di un propria identità personale e che, strutturandosi su tre differenti linee temporali, si pone a difesa delle minoranze e racconta l’ostacolata esistenza di Chiron, prima bambino, poi adolescente e, infine, adulto. Jenkis aveva precedentemente girato Medicine for Melancholy ed era solamente al suo secondo progetto.
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9. Greta Gerwig
Con Lady Bird arriva finalmente anche un volto femminile, quello della prorompente Greta Gerwin, che presto tornerà al cinema con l’attesissimo Barbie. L’opera prima dell’autrice ne evidenzia subito la forte spinta a voler mostrare un nuovo approccio e, con esso, uno nuovo sguardo femminile sul cinema di oggi. Una commedia drammatica che racconta il coming of age di Christine (Saoirse Ronan) con delicata accuratezza e con un evidente bisogno di farsi emblema di un intero movimento.
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10. James Franco tra i registi più rappresentativi di A24
Tra gli autori che sono stati distribuiti dalla compagnia si annovera anche il brillante e poliedrico James Franco, nel 2017 da ambe due le parti della macchina da presa per The Disaster Artist, film tratto dall’omonimo romanzo di Greg Sestero e Tom Bissell, che racconta l’amicizia tra lo stesso Sestero e Tommy Wiseau, alla base della realizzazione di The Room, considerato tra i più brutti film mai realizzati. Per la buona riuscita della sua opera, Franco osa e si spinge oltre, ostentando il proprio coraggio nel realizzare un progetto volutamente brutto, che incarni la medesima veste di ciò di cui la pellicola stessa tratta.
11. Gaspar Noé
Anche l’argentino Gaspar Noé si differenzia per la sua spinta verso l’esterno, per la rappresentazione di un qualcosa di estremo, in bilico sul sottilissimo filo dell’eticamente corretto e intento ad attrarre disturbando, per mezzo di un ritmo spesso claustrofobico, movimenti caotici e una narrativa libera da ogni vincolo, per alcuni censurabile, per altri indispensabile. Il suo Climax, del 2018, nato da co-produzione internazionale tra Francia e Belgio, è il più perfetto esempio di una delle poetiche più influenti e riconoscibili dei nostri giorni.
12. Sean Baker tra i registi più rappresentativi di A24
Dopo il discreto successo di Tangerine, Sean Baker si conferma e, anzi, si migliora con Un sogno chiamato Florida, un’opera di denuncia riguardo alle condizioni delle più sfortunate classi sociali statunitensi, viste attraverso gli occhi dei giovanissimi protagonisti, accompagnati dall’illustre partecipazione di Willem Dafoe. L’indimenticabile e policromica fotografia dà un ulteriore tocco di originalità ad un’opera che, già grazie al suo tono e alla sua autenticità, risulta comunicare con il pubblico in maniera nuova, fresca.
13. Sofia Coppola
Bling Ring, quasi contemporaneo a Spring Breakers, e On the Rocks, uscito nel 2020, sono le due opere firmate da Sofia Coppola in collaborazione con A24, che tornerà anche in occasione dell’uscita di Priscilla, ultima opera realizzata dalla regista. La poetica controversa e metodica della figlia di Francis Ford Coppola non la si scopre, certo, con l’arrivo della casa di produzione, la quale, però, si rende presto conto di condividere un certo tipo di pensiero e una certa urgenza comunicativa e riformativa con l’autrice, perfetto esempio di un cinema anticonvenzionale.
14. Josh e Benny Safdie tra i registi più rappresentativi di A24
I fratelli Josh e Benny Safdie sono ormai tra i registi di cinema indipendente maggiormente considerati. Dopo la realizzazione del documentario Lenny Cooke e del film Heaven Knows What, i due registi sorprendono tutti gli addetti ai lavori e tutti i più accaniti cinefili con due opere uniche, che scardinano le certezze sia riguardo all’immagine che riguardo al suono, in un’allucinogena riproposizione dell’una e dell’altro. Prima Good Time, poi Diamanti Grezzi si inseriscono perfettamente in quel processo di normalizzazione dell’indipendente, come cinema necessario e insopprimibile ma, piuttosto, da elevare. Da rimarcare le due prove eccellenti, nel primo caso, di Adam Sandler e, nel secondo, di Robert Pattinson.
15. Darren Aronofsky
L’ultima edizione degli Oscar ha definitivamente sancito l’attuale dominio della A24, non più una realtà per la nicchia di appassionati, bensì un certezza per il grande pubblico. Tra i numerosi riconoscimenti è arrivato quello per l’interpretazione di Brendan Fraser in The Whale, opera prodotta dalla stessa compagnia e diretta dal fenomenale Darren Aronofsky, altro elemento trainante di un’autorialità profondamente consapevole e pronta a sfidare la pratica comune, in vista di una maggior libertà espressiva e di un maggiore ricercatezza, nel suo caso fortemente psicologica.
16. Daniel Scheinert e Daniel Kwan tra i registi più rappresentativi di A24
Ma il trionfo vero e proprio arriva con il film che ha sbaragliato la concorrenza e ha conquistato il pubblico, grazie alla freschezza con cui affronta l’attualità, ponendola al fianco di tematiche alla base della nostra società e, soprattutto, delle relazioni familiari: Everything Everywhere All at Once. Daniel Scheinert e Daniel Kwan, meglio noti come i Daniels, tornano a collaborare con la produzione statunitense dopo che, nel 2016, la stessa aveva distribuito Swiss Army Man – Un amico multiuso, un surreale racconto black sopra le righe, con protagonisti Daniel Radcliffe e Paul Dano, che eccede e diverte e dà un senso del taglio che pone il sarcasmo a servizio della riflessione e che caratterizza il cinema dei due autori.
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