Adam Driver, non solo Star Wars! I film e la carriera dell’attore
Come è iniziata la carriera di Adam Driver e cosa lo rende un attore di talento?
Un naso importante che dà carattere. Pelle diafana che fa a pugni con il nero dei capelli, un volto normale, da uomo qualunque. Una voce che non si dimentica, un corpo che prende il suo spazio e lo abita con ogni sua parte. Questo è Adam Driver, nato a San Diego in California nel 1983, si trasferisce con la madre in Indiana e proprio in quegli anni, grazie al patrigno, pastore battista, che “lo mette sul palco” per farlo cantare nel coro della chiesa, si avvicina al teatro. Tutto ha inizio da qui.
Adam Driver: tutto incredibilmente parte dalla tv
Driver è l’attore in grado di interpretare personaggi complessi e intimi, neri e dolorosi, come anche il cattivo della saga di Star Wars, capace di vestire i panni di personaggi del cinema indipendente come di quello più popolare. Adam Driver non è il classico attore hollywoodiano, rompe gli schemi e colpisce proprio perché diverso dagli altri.
Come spesso capita, inizia con il teatro, recitando in commedie di Broadway e Off-Broadway, trova in esso una valvola di sfogo, ma ancora una volta, Driver stupisce e approda al piccolo schermo. “La tv è il diavolo”, questa era la sua convinzione, eppure, dopo aver letto il personaggio di Adam Sackler di Girls (di Lena Dunham) non può che accettare la parte. Driver indossa, come una seconda pelle, i panni del ragazzo un po’ folle, a tratti violento, non in grado di rapportarsi col mondo e colla sua ragazza; Sackler è un figlio dei giorni nostri, tanto ben ritratto dalla scrittrice, attrice e showrunner, quanto ben interpretato da un giovane attore che non si tira mai indietro. È proprio l’amico di letto, emotivamente instabile di Hannah/Lena Dunham a far innamorare di lui il pubblico internazionale e non. Parte tutto da lì, da quel ragazzo pieno di durezze, una montagna, pieno di cose da raccontare eppure un muro di aggressività e asprezze, così, percorrendo questo viaggio nei più profondi sentimenti dell’animo umano, Driver arriva a interpretare Jude, il padre di Hungry Hearts, film di Saverio Costanzo, che gli è valsa la Coppa Volpi, condivisa assieme a Alba Rohrwacher (che qui interpreta Mina), al Festival di Venezia del 2014.
È un padre coraggio qui, un uomo innamorato profondamente della moglie, Mina, costretto a combattere con le unghie e con i denti proprio contro di lei per salvare il loro figlio dalla crociata della consorte che tenta di proteggere il bambino dal mondo esterno per preservarne la purezza alimentandolo solo con frutta e verdura. Il volto, il corpo, la voce e i gesti di Driver lavorano per mostrare il dramma di questo papà che non sa cosa fare ma non può non fare nulla, tutto è in armonia nel raccontare una disarmonia dolorosa e faticosa da guardare, rendendo partecipe lo spettatore della sua disperazione e del suo inferno. Mentre l’occhio di Costanzo si concentra sulla casa che si rimpicciolisce sempre più, distorcendo i corpi asciutti e “impoveriti” di una madre e di un figlio e di un padre alla ricerca di una via d’uscita, Driver fa l’apposto, si fa grande, potente, un gigante buono che salva il suo piccolo.
La sua recitazione che di solito è fatta di movimenti rapidi, di un volto che parla con e in tutte le sue parti, qui si fa intima e piena di non detti che urlano con incredibile forza e straziante sincerità.
Adam Driver: tra armi e poesia
Nell’attore ci sono costantemente due anime, quella dell’attore e quella dell’uomo d’armi, e sono quelle che gli permettono di compiere scelte sempre diverse che arricchiscono il suo album d’attore. La sensazione è che per lui ogni cosa del passato entri nel suo presente, così non è difficile vedere nei film un Driver in divisa, veterano, con un corpo preparato atleticamente, memoria di quegli anni in cui l’esercizio fisico era all’ordine del giorno.
“Sfidare te stesso è la chiave”; così dice Driver in varie interviste. Fin da giovanissimo ha amato la sfida, vuole mettersi continuamente alla prova, in gioco, non rimanere fermo al punto di partenza; lo fa quando entra nell’esercito e sceglie proprio i Marines perché “i più duri” o quando prova a entrare alla Juilliard e, dopo aver fallito, riprova e finalmente è tra la schiera di studenti della prestigiosa scuola. Driver fa la stessa cosa al cinema, sceglie con cura i ruoli da interpretare, riesce a lavorare con i più grandi iniziando con piccole parti (J. Edgar di Clint Eastwood, Lincoln di Steven Spielberg) per arrivare ai ruoli da protagonista (Frances Ha di Noah Baumbach, A proposito di Davis di Ethan e Joel Cohen). La stessa tempra e tenacia dei Marines viene da lui usata nella recitazione, si immerge totalmente nel personaggio, abitandolo in tutte le sue “dimensioni”: si racconta che sul set di Star Wars: Il risveglio della forza e Star Wars: Gli ultimi Jedi fosse talmente Kylo Ren da indossare la sua maschera anche fuori dalla scena.
Lui è il villain, come riesce ad essere il poeta autista di autobus di Paterson (Jim Jarmusch), come anche il veterano di guerra che ha perso la mano in Iraq (Clyde in La truffa dei Logan). Lui è capace di essere tutto fisico tanto quanto “impalpabile” come le parole pensate e scritte. Driver è nerbo e pura forza ma dimagrisce per esigenze di copione, riducendosi all’osso per un film intimista e spirituale come Silence di Martin Scorsese.
Adam Driver: un 2018 da ricordare
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Oltre ad essere l’uomo del circuito indie l’attore diventa il nuovo volto del cinema hollywoodiano, viene scelto per il film This Is Where I Leave You e per incarnare, come già detto, Kylo Ren. Nel 2018 fa goal due volte: è protagonista dell’ultimo film di Spike Lee, BlackKklansman, Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes 2018, lucido, cinico, incisivo affresco di un’epoca e di un periodo ben precisi, e fa parte dell’ultimo progetto di Terry Gilliam, L’uomo che uccise Don Chisciotte. In entrambe le pellicole Driver dà prova, ancora una volta, di essere un ottimo interprete, degno rappresentante della nuova generazione di attori.