Amistad: il film di Steven Spielberg è una triste storia vera
Vi raccontiamo la storia vera di Amistad, il film del 1997 di Steven Spielberg che ha raccontato la lotta degli schiavi per la libertà
Dalla prima collaborazione tra il genio di Steven Spielberg e la Dreamworks nasce Amistad, un film del 1997, ispirato al romanzo di Barbara Chase-Riboud – La rivolta della Amistad. Il film ripercorre il vero caso giudiziario del 1839 a seguito dell’ammutinamento dei prigionieri africani sulla nave Amistad.
La pellicola ricevette quattro candidature ai premi Oscar del 1998 – miglior attore non protagonista, migliori costumi, miglior fotografia, miglior colonna sonora – senza però vincere neanche una statuetta. Nonostante la sconfitta agli Academy Awards, Amistad ebbe gran successo tra il pubblico contemporaneo e successivo, tanto da essere uno dei film più amati anche a distanza di venti anni.
Ambientato nel 1839, un gruppo di schiavi – imbarcati sulla nave spagnola Amistad al largo del mare di Cuba – riescono a liberarsi e a prendere il comando, tentanto di ritornare in Africa. Non essendo esperti di navigazione, affidano la loro salvezza a due uomini dell’equipaggio spagnolo, rimanendo però vittime di un inganno. Dopo essere stati catturati in Connecticut, gli schiavi vengono processati per l’assassinio dell’equipaggio spagnolo. Il processo inizia e gli schiavi si ritrovano ad essere difesi dall’avvocato Roger Baldwin. Durante le sedute in tribunale, emergerà il grande problema affrontato dal film: la schiavitù, che per secoli ha diviso il continente americano.
Amistad: il film di Steven Spielberg racconta la storia vera della schiavitù
Prima il romanzo di Chase-Riboud e successivamente il film di Spielberg hanno lasciato poco spazio all’immaginazione, attenendosi alla realtà degli eventi. Infatti, proprio nel 1839, così come raccontato nel film, un gruppo di uomini provenienti dalla tribù Mendi della Sierra Leone, furono fatti prigionieri e trasportati verso l’Avana. Raggiunta la città, furono comprati da Jose Ruiz e Pedro Montez e messi sulla nave spagnola Amistad, pronti – si fa per dire – a cominciare la loro vita da schiavi.
Il gruppo composto da 53 futuri schiavi iniziò il suo viaggio verso Cuba. Agli uomini giunse però voce che, una volta raggiunta la destinazione, sarebbero stati uccisi e infine mangiati. Lo spirito di sopravvivenza, che pare fosse più forte di tutto, incoraggiò gli schiavi alla ribellione. Essi, infatti, si liberarono delle catene e massacrarono quasi tutto il comando spagnolo. Lasciarono liberi solo due membri dell’equipaggio, che avrebero dovuto portarli in salvo in Africa; essi però riuscirono a ingannarli, portandoli in America, dove iniziò un processo contro gli schiavi per omicidio e pirateria.
Il processo durò una settimana e accorsero centinaia di persone, incuriosite dalla straordinarietà del caso. La Spagna chiese agli Stati Uniti di riavere la propria nave insieme al carico, così da continuare indisturbata la tratta degli schiavi. Gli avvocati spagnoli parlavano dei prigionieri neri come di “merce”, sostenendo che la schiavitù era legale a Cuba, e che quello dell’equpaggio era puro e semplice lavoro.
Gli avvocati degli africani invece – tra cui spiccò John Quincy Adams – insistettero sul caso “schiavitù”, dichiarando che il commercio degli schiavi tra l’Africa e l’America era illegale da secoli e accusando la Spagna di un crimine atroce verso i diritti di tutti gli uomini. Ciò che Adams ribadiva era che tutti gli uomini fossero uguale, anche se il colore della pelle era diverso. Sosteneva ciò che in seguito è diventato un pilastro dei diritti degli uomini, cioè che tutti siamo uguali e tutti abbiamo i nostri diritti, non importa se ci sono differenze nel nostro fisico o nella nostra anima.
Una lotta durata una settimana intera, fino a quando la decisione della corte suprema non sorprese tutti. Si pensava, infatti, che la vittoria fosse nelle mani della Spagna, considerata la vittima assoluta, dato che degli uomini – per di più neri e schiavi, quindi inferiori – avevano assassinato dei rispettabili membri di un equipaggio. A quanto pare, però, la giuria fu colpita dalle parole di Adams e decise di liberare gli schiavi.
L’incidente dell’Amistad ha svolto un ruolo significativo nella lotta contro la schiavitù. Ha fornito una questione alla quale varie associazioni, con il tempo, hanno provato a trovare una soluzione. Ha concentrato l’attenzione del pubblico sul conflitto tra schiavità, valori religiosi e politici, in continua lotta tra loro. Ha mostrato, infine, l’umanità di quelli che vengono considerati solo come oggetto e la mostruosità delle azioni di chi invece crede di avere il pieno controllo del mondo.