Apollo 13: la storia vera che ha ispirato il film con Tom Hanks
Una storia di coraggio, fiducia e abilità: l'11 aprile 1970 decolla la navicella Apollo 13, il cui obiettivo è il raggiungimento del suolo lunare. Ma qualcosa va storto, e la missione diventa una disperata battaglia per la sopravvivenza.
Per godere appieno di Apollo 13 (il film), occorre guardarlo con gli occhi di uno spettatore dell’epoca: nel 1995 – dopo Pulp Fiction, Forrest Gump e soprattutto in questo caso dopo Armageddon – Giudizio finale, tanto per capirsi – il film di Ron Howard costituì un vero e proprio balzo in avanti tecnologico e narrativo, un caposaldo della nuova fantascienza in cui iniziava ad essere plausibile immaginare qualunque mondo possibile. Non a caso l’opera – inserita dal The New York Times nei migliori 1000 film di sempre – portò a casa due Oscar, incassando decine di altri premi in giro per il mondo fra cui due Bafta.
Riunendo un cast stellare formato da Tom Hanks, Kevin Bacon, Gary Sinise e Ed Harris, si narra della fallimentare missione Apollo 13, che avrebbe dovuto essere la terza ad atterrare sulla Luna e che invece si trasformò in una mozzafiato corsa contro il tempo per portare in salvo un equipaggio disperso nello spazio profondo e via via sempre più a corto di energia e ossigeno. Il film si rivela molto fedele all’evento originale, anche grazie alla sceneggiatura desunta direttamente dal libro Lost Moon, scritto dal vero comandante dell’equipaggio Jim Lovell. Ripercorriamo le fasi salienti di questa incredibile avventura.
Apollo 13: da un allunaggio all’altro
La missione prende forma in un clima di scetticismo generale: dopo il primo storico allunaggio dell’Apollo 11 del 24 luglio 1969, infatti, la corsa allo spazio era stata ufficialmente vinta dagli Stati Uniti, in un tesissimo testa a testa con l’Unione Sovietica (parte della contrapposizione politica e militare passata alla Storia come Guerra Fredda). L’opinione pubblica, in sintesi, inizia a pensare che non sia più così necessario stanziare decine di milioni di euro per la scoperta del cosmo. L’obiettivo era stato raggiunto, e le priorità – durante il mandato presidenziale di Richard Nixon – iniziavano ad essere altre.
Nonostante questo, la NASA prosegue il proprio progetto (l’ultimo essere umano a camminare sulla Luna sarà Eugene Cernan nel 1972, dopo un viaggio di quattro giorni sull’Apollo 17), annunciando già nel 1969 il personale di bordo dell’Apollo 13: Jim Lovell, Ken Mattingly e Fred Haise. Il lancio è circondato da oscuri presagi: su tutti il precedente dell’incendio del 1967 (solo evocato da Apollo 13, e messo in scena dall’eccezionale First Man di Damien Chazelle) e l’imprevisto occorso a Mattingly che, esposto ad un possibile contagio di rosolia – poi mai avvenuto – venne sostituito a cinque giorni dalla partenza dalla riserva Jack Swigert. L’11 aprile 1970, alle ore 19.13, l’Apollo 13 inizia il suo impervio viaggio nello spazio.
Apollo 13: Houston, abbiamo un problema
Come in un imprevedibile effetto domino, la missione inanella un guasto dopo l’altro fin da subito: il motore centrale inizia ad avere problemi per gli sbalzi dell’erogazione del propellente, e dopo 55 ore uno dei quattro serbatoi d’ossigeno esplode a causa di una scintilla, costringendo i tre astronauti a trasferirsi nel modulo lunare Aquarius. Il lander a questo punto da mezzo per atterrare sulla Luna diventa nave d’emergenza per il ritorno, con tutte le scomodità del caso: il LEM è predisposto per ospitare due persone per due giorni, ma la necessità lo porta a dover traghettare tre persone per quattro giorni. Il viaggio, dapprima ignorato dai media (il film rende in modo piuttosto efficace la finta diretta tv per tenere alto il morale dell’equipaggio), risale agli onori della cronaca: tutto il mondo segue i drammatici eventi, chiedendosi quale sarà il destino dei tre eroi spaziali.
Come dimostra la registrazione audio originale, al momento dell’esplosione del serbatoio – avvenuta a oltre 300 mila chilometri dalla Terra – il messaggio inviato alla sede di Cape Canaveral fu letteralmente “Okay, Houston, abbiamo avuto un problema qui”. Una frase divenuta emblema non solo di quella che è passata alla Storia come la più grave situazione nei voli spaziali con equipaggio, ma anche della capacità del programma di affrontare crisi imprevedibili, facendo emergere la capacità di risoluzione dei problemi di esseri umani messi sotto estrema pressione psicologica, in grado di mantenere il controllo nonostante tutto sembri portare a un disastro imminente.
Apollo 13: un fallimento di grande successo
Facendo di necessità virtù, si optò per un passaggio attorno alla Luna del modulo, per riprendere la rotta verso la Terra grazie a una sorta di “effetto catapulta” che riducesse al minimo lo spreco di energie della navicella. La traiettoria di rientro portò il gruppo alla massima distanza raggiunta da un uomo dalla Terra (400 mila chilometri, record tutt’ora detenuto), costringendolo fra le altre cose a svariate operazioni di emergenza. Come la duplice accensione del motore del LEM (la prima per acquistare velocità, la seconda per correggere la traiettoria), progettato in realtà per essere messo in funzione una sola volta; o come la costruzione di un adattatore rudimentale, fondamentale per mantenere in funzione le apparecchiature e permettere il rientro nell’atmosfera.
Proprio durante questo processo – estremamente rischioso, vista la possibilità di surriscaldamento della sonda – il blackout radio durò ben 266 secondi (86 secondi più del previsto), facendo temere il peggio e tenendo tutti col fiato sospeso per un breve e intensissimo lasso di tempo. Alle 13.07 del 17 aprile 1970 l’Apollo 13 atterrò nelle acque dell’Oceano Pacifico, portando incredibilmente in salvo tutti e tre i membri dell’equipaggio. Dal fallimento sorse un successo, celebrato da un film di culto in alcuni punti forse eccessivamente patriottico ma capace di restituire appieno la tensione epica ed eroica di un gruppo di persone in lotta contro il tempo e le avversità.