Perché Attacco al potere 3 è il miglior film della saga con Gerard Butler

Il terzo capitolo della saga action con protagonista Gerard Butler è il migliore della saga. Ecco perché!

Attacco al potere 3 – Angel has fallen (2019), diretto da Ric Roman Vaugh – ultimo capitolo dell’iconica trilogia con protagonisti Gerard Butler e Morgan Freeman, cambia completamente le sorti della saga, uno delle più amate dai fan del grande cinema d’azione.
Il franchise di Attacco al potere, infatti, ha sempre ruotato attorno al machismo dell’agente Mike Banning interpretato da Butler – portatore sano di valori americani – e al suo essere l’unico uomo al comando in grado di sbaragliare terroristi di ogni genere, siano essi i nordcoreani di Attacco al potere – Olympus has fallen (2013), o l’ISIS di Attacco al potere 2 – London has fallen (2016). Una struttura narrativa certamente efficace ma elementare, ampiamente inflazionata nel cinema di genere seppur in forme diverse. Ma è con Attacco al potere 3 che qualcosa cambia nella formula narrativa che sta alla base della saga e cambia già a partire dalla frase iconica di questo terzo capitolo – “Il miglior angelo custode dei servizi segreti del Presidente Trumbull è caduto stanotte” –  che ci fa intuire come tutto il conflitto su cui si basa l’intreccio narrativo dipanatosi sia incentrato sul personaggio di Mike Banning e non sulla minaccia esterna.

Così con Attacco al otere 3, al cinema dal 28 agosto 2019 grazie a Lucky Red, Ric Roman Vaugh realizza un’effettiva evoluzione all’interno della saga, non solo in termini di intreccio ma anche di caratterizzazione dei personaggi e soprattutto di tematiche trattate. Vediamo nel dettaglio, capitolo dopo capitolo, perché Attacco al potere 3 è, a nostro parere, il miglior film della trilogia.

Attacco al potere – Olympus has fallen: Banning come McClane e il cinema d’assedio

Nel primo capitolo della saga di Attacco al potere l’ambientazione da minaccia terroristica diventa strumentale per valorizzare al massimo l’eroismo di Mike Banning: portatore sano di virtù patriottiche da “perfetto americano” in sequenze adrenaliniche da cinema d’assedio dirette da un maestro dell’action come Antoine Fuqua.
In Attacco al potere – Olympus has fallen (2013) infatti, viene messo in scena il comune cammino dell’eroe compiuto da Mike Banning che, incapace di accettare i sensi di colpa dovuti alla morte accidentale della First Lady durante il suo turno di lavoro, si redime attraverso un percorso narrativo che rievoca in parte quella visione cinematografica del poliziotto solo contro un’intera organizzazione criminale in un ambiente chiuso, che tanto fa Die Hard – Trappola di cristallo (1988), di John McTiernan.

Nel salvataggio del Presidente degli Stati Uniti Benjamin Asher (interpretato da Aaron Eckhart) da un attentato terroristico ad opera del criminale nordcoreano Kang Yeonsak (Rick Yune) – intento ad ottenere dei codici volti a rendere l’America demilitarizzata e priva di difese missilistiche – vi è un progressivo svelamento della posta in gioco con il dipanarsi di un intreccio da apocalisse nucleare, per un Mike Banning “formato John McClane”.

Attacco al potere – Olympus has fallen infatti, realizza una visione distopica del mondo in cui la centralizzazione del primato americano, e il suo susseguente decadimento sotto i colpi dell’organizzazione di Kang, viene vista dalle forze nemiche (e non) degli Stati Uniti come un momento di giubilo. Un ambiente narrativo in cui le azioni eroiche di Banning come uomo solo contro un’organizzazione, assumono ancora più valore e significato con l’amplificazione degli effetti del conflitto, diventando simbolo di coraggio e di un rilancio dei valori di cui si fa portatrice l’America, rammentati allo spettatore nel monologo di chiusura del Presidente Asher.

Attacco al potere 2 – London has fallen: Mike Banning, l’ISIS e Londra come ambiente narrativo

Con Attacco al potere 2 – London has fallen (2016), diretto da Babak Najafi, Londra viene minacciata dal pericolo-ombra del terrorismo islamico (l’ISIS), determinando così un sensibile aumento della posta in gioco nella decentralizzazione del ruolo dell’America, ponendo l’accento sui leader più influenti delle forze mondiali – tematica tanto inflazionata nel cinema di genere in questo determinato periodo storico-sociale.

Con Banning sugli scudi con un pericolo del genere su vasta scala emerge così un’ulteriore, seppur indiretta, valorizzazione della cultura americana come unica forza risolutrice dell’attuale situazione di terrore mondiale.
Prosegue in tal senso l’ottimo lavoro compiuto da Gerard Butler nella caratterizzazione del suo Mike Banning il quale, seppur ancora fortemente bidimensionale, è stavolta mosso da sentimenti umani più benevoli e positivi rispetto al primo capitolo, come il voler metter su famiglia e l’intenzione di lasciare l’incarico dopo aver compiuto il suo dovere per un’ultima volta. Tra inseguimenti mozzafiato nella City londinese, elicotteri abbattuti e sacrifici inevitabili, Attacco al potere 2 – London has fallen va a valorizzare l’elemento di tipizzazione narrativa della saga: quella dell’uomo solo contro un’organizzazione, seppur mascherato da buddy cop per lunghi tratti della narrazione, con un ruolo leggermente più attivo del Presidente Asher.

Attacco al potere 2 diventa così più di una comune pellicola action, piuttosto un grido d’aiuto del mondo civilizzato nei confronti della minaccia invisibile dell’ISIS, sempre facendosi carico dei forti ideali patriottici made in USA incarnati dall’inossidabile (forse fin troppo) Mike Banning.

Attacco al potere 3 – Angel has fallen: Mike Banning e il suo conflitto interiore

Attacco al potere 3, cinematographe.it

In Attacco al potere 3 – Angel has fallen si approfondisce soprattutto l’aspetto umano del Banning di Butler, in una caratterizzazione che denota una scrittura più audace, scavando nel suo passato e mostrandocelo così debilitato da una malattia, in odore di promozione dopo tanti anni di duro lavoro e come amorevole marito e padre di famiglia (elemento che risultava appena accennato nei due capitoli precedenti). Espressione quindi di un personaggio non più bidimensionale che ragiona per frasi fatte e slogan, ma un uomo a tutto tondo, tridimensionale, dai ruoli sociali di marito, padre, figlio, amico e soprattutto Agente, ben delineati.

Il tutto supportato da un intreccio narrativo più innovativo, meno prevedibile, che presenta sempre l’idea “dell’unico uomo” ma non più sgominando da solo una banda di terroristi, piuttosto un uomo che vive un dramma interiore con effetti distruttivi sul lavoro a cui si è dedicato un’intera vita; un uomo che vuole riuscire a dimostrare la propria innocenza dopo anni da “Angelo Custode” del Presidente – Asher prima,  Turnbull (Morgan Freeman) adesso – rievocando in parte l’eroe solitario e perduto del Willy Kane impersonato da Gary Cooper in Mezzogiorno di fuoco (1952), diretto da Fred Zinnemann.

Anche il sottotesto alla base della narrazione di Attacco al potere 3 – Angel has fallen è certamente di forte impatto e denota una maturità narrativa prima d’ora mai ravvisata nel franchise. La narrazione ruota attorno all’amicizia fraterna e virile, la fiducia e il tradimento della stessa – sia essa quella con il proprio capo/Presidente degli Stati Uniti, che con il proprio compagno commilitone.
Vengono meno anche gli indistruttibili valori americani che hanno caratterizzato i primi due capitoli della saga, qui mostratici sotto una nuova luce che si declina in negatività, ossessione e in un modo di fare politica che a grandi linee combacia con la ragione del fallimento (nel mondo reale) della presidenza Trump.
Così facendo Ric Roman Waugh fa in modo di generare un intreccio di grande valore tematico, che viene ben gestito nel suo dipanarsi, lasciando piccole informazioni allo spettatore nell’incedere della pellicola. Ovviamente in questo terzo capitolo non manca l’aspetto puramente action che mette in mostra l’ennesima cura nelle coreografie e nelle sequenze d’azione, che in Attacco al potere 3 risultano essere ancora più realistiche e strategiche.

Attacco al potere 3 – Angel has fallen: il massimo punto di maturità della saga

Tra atmosfere che rievocano l’eroe solitario di Mezzogiorno di fuoco (1952) e la sete di giustizia e di un reintegro sociale che strizzano l’occhio a Il fuggitivo (1993) di Andrew Davis, si inserisce Attacco al potere 3 – Angel has fallen,  senz’ombra di dubbio il miglior film di un franchise che è riuscito a mantenere i propri punti di forza (come le dinamiche sequenze da cinema d’azione) e a riscrivere daccapo le proprie debolezze, delineando finalmente un personaggio vivo, vero, non più una macchina da guerra ma un uomo, vittima dei fantasmi del passato e di una malattia e animato dalla voglia di riscatto come un leone in gabbia; con un Gerard Butler a suo agio nella pelle di Mike Banning come mai prima d’ora, probabilmente il suo ruolo della vita.

Attacco al potere 3 – Angel has fallen è nelle sale cinematografiche italiane dal 28 agosto 2019.