BlacKkKlansman: dalla storia vera di Ron Stallworth al film di Spike Lee
Quella alla base di BlacKkKlansman, l'ultimo film di Spike Lee, è una storia vera. Ma è stata ritratta in maniera fedele o si tratta solamente di finzione?
È una storia vera, quella alla base di BlacKkKlansman, l’ultimo film di Spike Lee con John David Washington, Adam Driver e Topher Grace nel cast.
1974. Nominato poliziotto il giorno del suo ventunesimo compleanno, Ron Stallworth fu il primo poliziotto afro-americano della storia della polizia di Colorado Springs, ma i suoi meriti non finiscono qui: fingendosi bianco, riuscì ad entrare nel Ku Klux Klan, dove trascorse sette mesi e mezzo della sua vita. Sette mesi e mezzo come membro del KKK e primo detective di colore di Colorado Springs. Contemporaneamente. Sette mesi e mezzo che vennero registrate dallo stesso all’interno di un’autobiografia, Black Klansman: A Memoir, una raccolta di memorie eroiche e rocambolesca destinata a diventare la principale fonte di ispirazione per l’ultima opera di Spike Lee che, regista afroamericano e autore di opere politicamente impegnata, non è riuscito a resistere al fascino dei ricordi del poliziotto.
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BlacKkKlansman: l’operazione anti-Ku Klux Klan
Proprio come dipinto in BlacKkKlansman, la coraggiosa vicenda di Ron Stallworth all’interno del Ku Klux Klan comincia per caso. Era una giornata di routine, un giorno come tanti altri, e lui era, come suo solito, seduto nel suo ufficio tranquillo a leggere un giornale qualsiasi. I suoi occhi, ad un tratto, si fermarono su una pubblicità presente nel quotidiano: “Ku Klux Klan, per informazioni contattare”. E poi, di seguito, un recapito: si trattava dell’indirizzo di una cassetta postale, a cui l’agente scrisse una lettera. “Praticamente, avevo scritto che volevo arruolarmi, partecipare al loro progetto, in modo da terminare l’ingiustificato abuso della razza bianca a cui si stava assistendo ogni giorno” rivela in un’intervista Ron, ormai sessantacinquenne. “La spedii e poi mi dimenticai subito di lei”.
Una settimana/ due più tardi, il poliziotto venne chiamato da colui che si presentò come Ken O’Dell, organizzatore del KKK per la divisione di Colorado Springs. Alla fatale domanda “Perché vuoi partecipare?”, lui rispose proprio come nel film, parlando di quel negro che usciva con la sorella, pura e bianca. Venne preso. “E così” spiega Stallworth “diedi il via ad un’operazione in incognito” che, volta a individuare il collegamento che esisteva tra il KKK e diversi gruppi armati di estrema destra attivi negli Stati Uniti d’America, durò per sette mesi e mezzo. Sembra, quindi, che tutta la linea narrativa dedicata alla missione condotta dal poliziotto sia stata raccontata in BlacKkKlansman da Spike Lee senza apportare grandi modifiche.
Ma il resto? La vita di Ron Stallworth è stata davvero ritratta fedelmente in ogni minimo dettaglio?
BlacKkKlansman: la storia d’amore e l’altro Ron Stallworth
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Poco dopo l’inizio della sua carriera da investigatore, il protagonista di BlacKkKlansman –magistralmente interpretato da John David Washington– si innamora della presidentessa dell’unione studentesca del Colorado College, Patrice Dumas (Laura Harrier), durante il comizio dell’attivista afro-americano Kwame Ture tenutosi nella cittadina stessa. Basandosi sulle dichiarazioni del vero Ron Stallworth, la narrazione non sarebbe del tutto veritiera: effettivamente egli conobbe una giovane che lo affascinò, ma decise di non iniziare con lei una relazione, in quanto –oltre ad essere impegnato nella missione di cui lei faceva parte– si stava frequentando con colei che sarebbe diventata la sua prima moglie. In aggiunta, a differenza del film, si trattava di una ragazza tedesca: Patrice non era afro-americana.
Come raccontato nella pellicola di Lee, però, anche nella realtà il poliziotto decise di nascondere per un lungo periodo alla propria fidanzata i dettagli del proprio lavoro e dell’operazione investigativa in cui era impegnato.
E l’altro Ron Stallworth? È veramente esistito o si tratta solamente di una creazione dell’immaginazione del regista? Effettivamente, a causa delle pressioni esercitate dai membri del Ku Klux Klan di Colorado Springs, desiderosi di conoscere Stallworth, venne reclutato un secondo agente che, oltre a non assomigliare ad Adam Driver, non era di religione ebraica e non si chiamava nemmeno Flip Zimmerman. Nella vicenda originale, inoltre, Ron non aveva solamente un braccio destro: a causa degli impegni operativi di entrambi, vennero coinvolti all’interno della missione numerosi poliziotti, i quali diedero il cambio ai due colleghi in diverse occasioni.
BlacKkKlansman: l’incontro con David Duke e la cerimonia di investitura
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Proprio come mostrato nella pellicola, Ron Stallworth conobbe –prima via telefonata e poi in carne ed ossa– David Duke, Gran maestro e presidente nazionale del Ku Klux Klan, descritto dal poliziotto come “una persona con cui sarebbe stato potenzialmente piacevole parlare, se solo si fossero tolte le condizioni sulla supremazia dei bianchi, sul KKK” e su tutte quelle altre cose nonsense di cui la sua mente era colmata.
“Lo chiamavo una volta o due alla settimana, solamente per elogiarlo” dichiara il detective all’interno delle proprie memorie “e lui mi spiegava che le cose per il Ku Klux Klan stavano andando a gonfie vele e poi mi raccontava dei loro piani, offrendomi numerose informazioni”. Non si parlava solamente del Klan, però: “a volte, le conversazioni si facevano più leggere, più personali e parlavamo di sua moglie Chloe e dei suoi figli”.
Dopo le chiamate, poi, arrivò il momento del fatale incontro. Inizialmente, Ron decise di ricoprire il ruolo di guardia personale di David Duke e fece tutto ciò che viene mostrato in BlacKkKlansman: dopo avergli stretto la mano, gli disse di non condividere la missione della setta di cui si faceva portavoce, però fortunatamente l’altro non riconobbe la sua voce. E sì, l’episodio della polaroid è vero ed è stata riprodotto nel film in ogni singolo dettaglio. Dopo la foto, Duke fu impegnato nela cerimonia di investitura, alla quale un finto Stallworth si presentò senza la classica veste da KKK: il dipartimento non voleva allocare i fondi necessari alla missione.
BlacKkKlansman: vedere la propria vita riprodotta sul grande schermo
Vedere la propria vicenda autobiografica replicata sul grande schermo è stato, secondo Ron Stallworth, come vivere un’esperienza extra-corporea che, surreale, lascia senza fiato e segna nel profondo. Pur essendo perfettamente a conoscenza della materia narrata in BlacKkKlansman, da lui vissuta in prima persona, il poliziotto si è dichiarato estremamente colpito dalla ricostruzione di Spike Lee e, in particolar modo, dal finale scelto dallo stesso regista, grazie al quale il significante del film trasmuta in un discorso universale, libero da ogni coordinata spazio-temporale, smettendo di essere rigidamente rinchiuso in un preciso periodo storico.
“Sono stato meravigliato da ciò che ho visto” rivela il poliziotto che, durante la visione del film, ha smesso di essere protagonista, iniziando ad essere uno spettatore come tanti altri “e sono stato anche terrorizzato da ciò che ho visto. Non avevo parole per descrivere ciò che avevamo finito e che ora era ormai finito. Sono rimasto pietrificato nel mio silenzio”.
Ciò che emerge dal discorso di Ron Stallworth non riguarda più la vicenda raccontata, non riguarda più ciò che è vero e ciò che è falso, non riguarda più ciò che è stato veramente e ciò che è stato generato da zero dalla mente di Spike Lee. I neo-nazisti continuano a minacciare la società odierna e il razzismo continua ad essere presente. Ancora oggi, la libertà è in pericolo. E, in un contesto come questo, BlacKkKlansman è un film, purtroppo, necessario.