Blow: la storia vera dietro il film-culto del compianto Ted Demme

Il regista Ted Demme morì d’infarto appena un anno dopo la fine delle riprese e non seppe mai che l’ultimo dei suoi film, Blow, dedicato al genio criminale e imprenditoriale di George Jung, sarebbe diventato un culto. Ma qual è la vera storia a cui è ispirato?

Blow, l’ultimo film girato dal regista non ancora quarantenne Ted Demme prima di morire all’improvviso, è ispirato a un libro dal lungo titolo: BLOW. How a Small-Town Boy Made $100 Million with the Medellin Cocaine Cartel And Lost It All. Scritto da Bruce Porter, negli anni Novanta circolava nelle carceri, passando di mano in mano tra i condannati per narcotraffico. Il saggio, che ben presto riscosse una certa attenzione mediatica, ricostruiva, infatti, la vicenda di George Jacob Jung, giovane americano di ascendenze tedesche e irlandesi che, per riscattare un’infanzia segnata dalle angosciose preoccupazioni economiche del padre, si dedicò allo smercio di marijuana prima e di cocaina poi, riuscendo nell’impresa di inserirsi nel cartello di Medellín e di diventarne uno degli attori principali.

Johnny Depp

Johnny Depp interpreta George Jung nel film ‘Blow’ (2001)

Blow: gli inizi di Boston George nel mondo dello spaccio 

Nato a Weymouth, Massachusetts, il 6 agosto 1942, figlio di genitori operai spesso litigiosi per ragioni economiche, George Jung iniziò a dedicarsi allo spaccio di marijuana, importata a quintali dalle Isole Figi, agli inizi degli anni Sessanta assieme al suo amico Tuna (“Il Tonno”): in poco tempo i due soci si fecero strada nel mondo della malavita locale, arrivando a guadagnare cifre che si aggiravano intorno ai 100.000 dollari al mese. Boston George, come veniva anche chiamato, fu arrestato nel 1975 e, nei molti mesi trascorsi in carcere (in totale ventisei), grazie all’incontro con Carlos Lehder Rivas,  suo compagno di cella, riorganizzò la sua ‘carriera’ di narcotrafficante. Il carcere non fu per lui un purgatorio, una stagione di riflessione ed espiazione, ma il motore per ritornare a dettar legge nei bassifondi criminali. 

Carlos Lehder Rivas, co-fondatore del cartello di Medellín la cui pittoresca e controversa figura non rivive solo in Blow ma anche nella serie Netflix Narcos, era un colombiano di origini tedesche con ostentate simpatie naziste che, quando fu incarcerato insieme a George Jung, aveva alle spalle esperienze di ricettazione e di spaccio d’erba. Per introdurre la droga negli Stati Uniti utilizzava aerei messicani che erano soliti atterrare in letti di laghi prosciugati. Intendeva, dunque, all’uscita dal carcere, ripristinare questo metodo oramai collaudato, ma applicarlo all’ambito del commercio illegale di cocaina, una sostanza che in Colombia fruttava moltissimi soldi e che negli Stati Uniti Lehder pensava di rivendere a cifre esorbitanti data la crescita vertiginosa della domanda. Nel suo piano coinvolse Jung.

Blow, Cinematographe.it

Il rapporto tra George Jung e Carlos Lehder in un frame del film

Blow: l’alleanza ‘commerciale-criminale’ tra Jung e Lehder

Nei ricordi di George Jung, Lehder è un uomo perfezionista e scrupoloso che, prima di concretizzare un’idea, ne studia i dettagli con particolare, quasi ossessiva, meticolosità. Per attuare il suo progetto di esportazione della cocaina sul suolo americano tramite piccoli aerei che avrebbero garantito il trasporto i maggiori quantitativi e la riduzione del rischio d’intercettazione, Ledher pensò che fosse necessario, in un primo momento, accumulare denaro per comprare i velivoli. All’inizio, nei mesi successivi alla scarcerazione, i due guadagnarono, dunque, attraverso una tradizionale attività di contrabbando. Quando ebbero abbastanza soldi per acquistare un aereo, si dedicarono allo smercio di cocaina negli Stati Uniti via Bahamas, stabilendo collegamenti e relazioni di fiducia coi rifornitori colombiani e, contemporaneamente, corrompendo gli ufficiali del governo bahamense in modo da assicurarsi immunità politica e giudiziaria. Fu proprio questa rete di traffici illeciti che divenne nota con il nome di cartello di Medellín. Alla fine degli anni Settanta, i rapporti tra Jung e Lehder s’incrinarono per divergenze caratteriali, per gli effetti collaterali degli eccessi (entrambi erano consumatori smodati di cocaina) e a causa di un errore di valutazione dello stesso Boston George: questi, infatti, rivelò al suo partner in affari l’identità dell’americano che riceveva e rivendeva per loro conto la droga, tale Richard Barile. Lehder, ottenuta l’informazione, non aveva più interesse a mantenere vivo il sodalizio e scaricò Jung senza pensarci troppo. 

Blow, Cinematographe.it

Mirtha e George Jung sono interpretati da Penélope Cruz e Johnny Depp

Blow: il difficile rapporto tra George Jung e la figlia Kristina

El Americano, come veniva chiamato dai Colombiani con cui era in affari, nel giro di un decennio era diventato il più potente narcotrafficante americano. Dopo la rottura con Lehder e l’inevitabile declino, fu arrestato altre due volte: nel 1987, per pochi mesi, e, dopo un breve periodo di astinenza dal mercato della droga, una seconda volta, dopo esser stato scoperto in Messico con centinaia di chili di cocaina. Fu, quindi, condannato a un lungo periodo di reclusione che sarebbe dovuto terminare nel 2015 (come indicato anche dal film), ma che si è di fatto interrotto, per buona condotta, nel giugno del 2014. All’epoca George Jung aveva quasi 72 anni. 

Tra gli incontri fondamentali per la vita di Boston George, va ricordato senz’altro non solo quello con Lehder, ma anche quello con la prima moglie Mirtha Jung, una donna di ascendenze cubane più giovane di lui di una decina d’anni, da cui, nell’agosto del 1978, dopo un anno di matrimonio, ha avuto l’unica figlia Kristina. Dipendente dalla cocaina, Mirtha non smise di consumarla neanche quando era incinta. La figlia della coppia, separatasi nel 1984, non ebbe rapporti con il padre fino al momento in cui, nel 2001, già adulta, vide proprio Blow. In seguito alla visione del film, infatti, la giovane donna rimpianse di non essere mai andata a visitarlo in carcere e cominciò da quel momento a frequentarlo assiduamente. Del resto, Kristina non era cresciuta coi genitori: prima era stata allevata dai nonni paterni, Frederick ed Ermine Jung, e, in seguito alla loro morte, della zia Marie Jung. La madre Mirtha, mai risposatasi, ha avuto, per tutti gli anni della sua infanzia, problemi di tossicodipendenza nonché guai giudiziari e vicende di reclusione.