Box 314 – La rapina di Valencia è una storia vera?
Riflessione sull'attuale condizione politica spagnola, Box 314 - La rapina di Valencia si ispira ad un crimine reale, accaduto proprio a Valencia.
Focalizzato sulla narrazione dello svolgimento di una rapina, Box 314 – La rapina di Valencia di Daniel Calparsoro colpisce lo spettatore con i suoi colpi di scena e con la verosimiglianza con cui viene condotto il racconto, un realismo che potrebbe portare il pubblico a credere che si tratti, in realtà, di una storia vera.
Un’eccezionale ondata di maltempo inghiotte Valencia nel caos. Pensando di risultare invisibili, sperando di confondersi nel disordine, un gruppo armato decide di assalire una banca situata nel centro della città spagnola. Pianificata nei minimi dettagli, la rapina si complica per il solito imprevisto, questa volta legato al maltempo: a causa della forte pioggia, risulta impossibile attraversare il tunnel sotterraneo da cui sarebbero dovuti scappare gli uomini, un tunnel che collegava la banca ad un ramo morto della linea della metropolitana.
Scritto da Jorge Guerricaechevarría nel 2016, Box 314 – La rapina di Valencia riecheggia alla lontana Hollywood e a diversi film –tra i quali Heat – La sfida (1995), Inside Man (2006) e La rapina perfetta (2008)– che hanno contribuito a dare inizio al suo periodo d’oro: riprendendone i meccanismi più tradizionali e caratterizzanti, il lungometraggio di Daniel Calparsoro si presenta come un film a basso costo nato in un momento florido, in un’epoca di rinascita per il cinema spagnolo. Ma si tratta di un racconto veritiero o, più semplicemente, la finzione ha superato la realtà?
Box 314 – La rapina di Valencia: la storia vera dietro al film
Una rapina dai fini all’apparenza unicamente economici si trasforma in un affare nazionale, in cui risulta quasi impossibile determinare in modo netto chi siano veramente i ladri e chi, invece, i poliziotti. Inserendo numerosi spunti e riferimenti all’attuale condizione politica spagnola, Box 314 – La rapina di Valencia si ispira ad un crimine accaduto nel 1871, proprio nella città di Valencia.
Basata sul saggio storico Gaianes-Xàtiva, un viatge sense tornada, scritto dal giornalista Manel Arcos con l’aiuto delle testimonianze contenute negli archivi del tempo, la sceneggiatura del film di Calparsoro narra della rapina che ha colpito la sede della Banca di Spagna nella città di Valencia, ordina da un gruppo di bandoleros (i classici fuorilegge spagnoli, ndr), tra i quali i fratelli Seguí de Gaianes. Il gruppo di ladri avrebbe, secondo le documentazioni consultate, affittato una casa nei pressi del luogo in cui avrebbero messo in atto il crimine e si sarebbero riuniti tra le sue mura per circa 60 giorni. Il colpo sarebbe stato, quindi, architettato nei minimi dettagli: “non si trattava di alcuna improvvisazione” sostiene Manel Arcos nel suo scritto “ma stiamo parlando di una banda esperta, organizzata e con gli obiettivi chiari“.
Ma quale era l’obiettivo dei criminali? La sede della Banca di Spagna celava, secondo le ricerche dell’epoca, circa 200 milioni di reais. I banditi sarebbero stati in grado di portare a termine il loro colpo, impossessandosi di una piccola parte del bottino, ovvero di “tre scatole di legno contenenti 9000 dollari d’argento” (tra gli 1,5 e i 2 milioni di euro, ndr).
Riguardando Box 314 – La rapina di Valencia alla luce di ciò che è stato scritto da Manel Arcos, anche la componente politica contenuta all’interno del lungometraggio è collegata alla storia vera: i criminali, infatti, erano sicuramente in collegamento con “qualcuno che passava loro informazioni” e le ragioni che li avevano portati ad organizzare la rapina non erano puramente economiche, ma c’era in loro un chiaro intento ideologico e sociale. “Durante quel periodo, il governo stava attuando un saccheggio di denaro pubblico” spiega Arcos “e l’indignazione dei giovani era canalizzata attraverso atti criminali, ovvero rubando ai ricchi”.
Anche il tunnel che collegava la banca ad un luogo da cui era possibile fuggire indisturbati era nel piano dei bandoleros: scavato nei sopracitati sessanta giorni, la galleria sotterranea era lunga circa 450 metri e, grazie ad essa, era possibile raggiungere la casa affittata, partendo dalla sede della banca. Il regista e il sceneggiatore non si sarebbero inventati nulla, quindi. Questa volta stranamente la finzione non ha superato la realtà.