Caravaggio – l’Anima e il Sangue: le 10 opere più belle del film
Oltre 40 opere compaiono in Caravaggio - L'Anima e il Sangue, ma quali sono le più belle e come l’arte di Michelangelo Merisi ha ispirato i grandi registi?
Caravaggio – l’Anima e il Sangue, l’attesissimo film evento prodotto da Sky con Magnitudo Film, è uscito nelle sale ieri con numeri da record e rimarrà in oltre 353 sale ancora oggi e il 21 febbraio, distribuito da Nexo Digital. Un film-documentario che molti hanno già apprezzato per la ricchezza di contenuti che riguardano non solo il mondo dell’arte pittorica bensì anche quello del cinema, della fotografia, della scenografia, della sceneggiatura – quella dei monologhi evocativi, scritti da Laura Allievi – che è stata guidata della direzione artistica di Cosetta Lagani.
Caravaggio – l’Anima e il Sangue: le opere più belle del film in una tecnologia ad una risoluzione, unica nel suo genere
Grazie all’ultra tecnologia di risoluzione del girato in sorgente 8K (7680X4320 pixel) il film permette di cogliere ogni dettaglio delle opere presenti, dettagli che non sarebbero visibili ad occhio nudo. Ogni singola pennellata, con la sua dimensione intima e materica tipica di Caravaggio, si lancia sul grande schermo creando una visione d’insieme che fa dimenticare allo spettatore di trovarsi in una sala cinematografica, introiettandolo direttamente dentro l’opera d’arte. Una produzione così innovativa e meticolosa va ad esplorare le opere d’arte di Michelangelo Merisi, i luoghi in cui l’artista ha vissuto e ancora le vicissitudini che l’hanno portato a fare certe scelte o a dipingere alcuni soggetti piuttosto che altri. Servendosi della consulenza scientifica dello storico d’arte Claudio Strinati, nel film diretto da Jesus Garces Lambert avremo la possibilità di vedere oltre 40 opere. Nella nostra classifica, però, ne abbiamo scelte 10 basandoci non solo sulla loro importanza ma anche sulla potente componente artistica che più volte è riuscita ad andare oltre gli appassionati del mondo della pittura, raggiungendo altri ambiti come ad esempio il mondo del cinema.
Caravaggio – L’Anima e il Sangue: le influenze di Caravagio nel mondo del cinema
L’utilizzo della luce, nel modo quasi scientifico di Caravaggio, riporta alla mente lo stile registico di alcuni grandi maestri del cinema internazionale come Francis Ford Coppola, Quentin Tarantino e Martin Scorsese. Basti pensare alle scene in penombra di alcuni loro grandi capolavori, con la luce dello studio ad illuminare i punti nevralgici della narrazione; è il caso per esempio dei soggetti protagonisti ne Il Padrino, con Marlon Brandon, e i suoi primi piani che sembrano essere il risultato di pennellate in chiaroscuro, o anche Sin City di Quentin Tarantino, dove ritorna, angoscioso, il contrasto tra luci e ombre.
Martin Scorzese, allo stesso modo, ricorda Caravaggio nella rappresentazione delle scene notturne in Taxi Driver, dove Robert De Niro, posto nell’abitacolo della sua vettura, mostra il volto leggermente illuminato dalla luce di qualche lampione. A questo si aggiunge senza dubbio anche Mean Streets di Martin Scorsese; i protagonisti del film, seduti al bancone del bar, fanno tornare alla mente i soggetti dipinti nell’opera Vocazione di San Matteo. Si potrebbero fare molti altri esempi, ma questi forse bastano a farci intendere come lo stile caravaggesco abbia influenzato la settima arte e continua, volente o nolente, a farlo.
Vediamo però adesso i quadri protagonisti di Caravaggio – l’Anima e il Sangue, opere che raccontano, tramite la loro composizione, l’intera essenza dell’artista. La prima opera in analisi è Il suonatore di liuto, conservato presso l’Ermitage di San Pietroburgo. In posa in primo piano un personaggio che ricorda molto il Bacco conservato presso gli Uffizi e questo fa dedurre che si tratta probabilmente dello stesso modello, un giovane dal volto innocente e pulito intento a suonare un liuto. Da notare, in questa composizione, la natura morta sulla destra del protagonista, frutta fresca e invitante, fiori dai colori decisi e brillanti.
Un’atmosfera differente la troviamo in Ragazzo morso da un ramarro di cui esistono due versioni, una conservata presso la National Gallery di Londra e una presso la Fondazione Roberto Longhi di Firenze. Il giovane al centro del dipinto rappresenta una bellezza classica che si nota dal suo abbigliamento, distante dai gusti seicenteschi; vediamo dunque una veste bianca che cade morbida sulle spalle. Il ramarro irrompe tra la natura morta e morde il giovane, rompendo l’equilibrio armonico che sembrava esserci fino a un istante prima. Questo è anche il messaggio che vuole dare Caravaggio, ovvero di non sottovalutare mai i pericoli della vita, che possono presentarsi in qualsiasi momento.
L’opera del 1593-94, che tra l’altro è anche la preferita di Manuel Agnelli, non è la sola a proporre il tema della caducità dell’esistenza. Basti pensare a Il sacrificio di Isacco, presente in due versioni, una realizzata nel 1598 e attualmente a Princeton e una realizzata nel 1603 e conservata presso il Museo degli Uffizi.
Vediamo una realizzazione molto differente, sia per composizione che per atmosfera. La prima versione mostra uno sfondo scuro in contrapposizione a colori brillanti, come ad esempio la veste rossa di Abramo o le pieghe verdi dell’abito dell’Angelo.
Nella seconda versione si può vedere invece uno sfondo naturalistico ben preciso, con abitazioni e vegetazione, i colori usati sono più tenui, ma l’atmosfera è decisamente più violenta, il che si nota dal modo in cui Abramo afferra la testa disperata di Isacco premendola sul tronco, per eseguire il sacrificio.
A proposito del Sacrificio di Isacco la sceneggiatrice Laura Allievi ha detto: “È un’opera che mi conquista più di ogni altra e che avrete modo di vedere nei minimi dettagli anche nel film. Abramo sta per sacrificare il figlio Isacco a Dio quando interviene un angelo a bloccare il gesto fatale. Nella mano dell’angelo, stretta a impedire che la lama incontri la carne del fanciullo, trovo un commovente rimando alla vita di Caravaggio, incapace di bloccare l’ira e la violenza al momento giusto. Se solo un angelo avesse saputo bloccare anche la sua mano al momento giusto!”
Un’altra opera che prendiamo in esame è anche una delle preferite di Cosetta Lagani (direttore artistico del film) e di Francesco Invernizzi (produttore esecutivo per Magnitudo Film), nonché una delle più celebri di Caravaggio e delle più rappresentative della sua sofferenza negli ultimi anni: Lo scudo con testa di Medusa.
Realizzata quando il pittore, sempre più angosciato dalle sue vicende personali e dai suoi problemi con la legge, iniziò a realizzare dipinti che riguardavano proprio la sua situazione. Il volto contratto di Medusa, con le serpi che si agitano, è la rappresentazione più emblematica del dramma e della sua capacità di tradurre in pittura gli attimi d’espressione. Caravaggio ci fa vedere solo ciò che resta del brutale atto di Perseo, lasciando trasparire tutto il dolore della creatura mitologica. Inoltre, esistono due versione dell’opera, ma quella nota ai più è conservata a Firenze e datata 1597.
Sempre presso la Galleria degli Uffizi è conservata un’altra celebre opera che vedremo nel film, Bacco, presente anche nella sua seconda versione in Galleria Borghese a Roma.
Quello raccontato nel film fu il Bacco che il Merisi dipinse per il Cardinal del Monte e che un indizio affascinante sulla tecnica di Caravaggio: come riporta il suo biografo Baglione, i primi dipinti di Caravaggio furono “da lui nello specchio ritratti” e in effetti il dio porge il vino con la mano sinistra. È questo l’indizio che avvalora l’ipotesi che si tratti della mano destra riflessa in uno specchio.
Madonna dei Palafrenieri: l’opera rivelazione di Caravaggio – l’Anima e il Sangue
Rimaniamo tra le stanze della Galleria Borghese di Roma per ammirare la Madonna dei Palafrenieri (o Parafranieri), dal nome della Confraternita che commissionò l’opera il 31 ottobre del 1605 per rendere omaggio alla loro Patrona all’interno dell’Altare dedicato alla Santa, nella Basilica di San Pietro. Una scena che dovrebbe raccontare la Madonna con bambino classica dell’iconografia cattolica. Qui però vediamo una composizione e delle scelte diverse dal solito, che fecero molto discutere i committenti dell’epoca, al punto da bandire l’opera come eretica e rifiutarla. Gesù, in piedi sostenuto dalla Madonna, è intento a schiacciare con il piede un serpente, che rappresenta il peccato e la sua espiazione. A questo gesto reputato violento fa seguito anche la rappresentazione della Vergine che nell’opera del Merisi risulta affascinante – basti notare l’abito scollato, atto a sottolineare il seno prosperoso -, specie se in contrasto con la figura anziana e minuta di Sant’Anna. Il dipinto rimase esposto solo pochi giorni presso la cappella della nuova basilica di S. Pietro per poi essere appunto rifiutato; anche se si vocifera che la mancata accettazione dell’opera sia stata una manovra attuata dal grande collezionista Scipione Borghese (nipote di papa Paolo V), presso la cui dimora, d’altro canto, si trova ancora il capolavoro. Una curiosità: Quando Caravaggio consegnò l’opera, l’8 aprile del 1606, rilasciò al Decano della confraternita l’unica dichiarazione scritta di suo pugno che ci sia pervenuta, in cui si dichiara ‘contento e satisfatto’ del dipinto realizzato; fu invece inappellabile il verdetto: ‘Rifiutata’. Dopo quattro secoli, con un’operazione simile a quella di ricostruzione della parete d’Altare della Cappella Sistina precedente al Giudizio Universale di Michelangelo, fatta nel film ‘Raffaello, il Principe delle Arti’, il nuovo film d’arte Sky restituisce alla storia una testimonianza mai realizzata prima: la ricollocazione virtuale dell’opera nel luogo dove nessuno ha mai potuto ammirarla prima d’ora. Un’operazione straordinaria ottenuta grazie alla realizzazione di una serie di fotografie a 360 gradi dell’Altare e sul cui modello è stato successivamente applicato in digitale l’immagine del dipinto.
Davide con la testa di Golia: lo specchio di Caravaggio
Sempre appartenente al suo periodo di angoscia, in particolare quello dell’ultimo anno di vita, è Davide con la testa di Golia. Un dipinto specchio di un artista arrivato alla fine dei suoi giorni, ormai stanco e malato, così come si rappresenta all’interno del quadro. La testa di Golia tenuta per i capelli dal giovane Davide è, a detta dello storico d’arte Claudio Strinati, un autoritratto dello stesso Caravaggio all’apice del suo dolore. Ritornato a Napoli, infatti, l’artista fu protagonista di una aggressione fuori da un locale alla moda di allora, la Locanda del Cerriglio: Caravaggio ne uscì sfregiato e tanta fu la violenza che in si sparse la voce della sua morte. Ma, anche se il Merisi era semplicemente malridotto, ricordiamo che evidentemente qualcuno aveva intenzione di andare oltre, pendendo ancora su di lui la pena capitale. Nell’opera realizzata tra il 1609 e il 1610 sembra di essere di fronte ad un fermo immagine cinematografico di un war movie come potrebbe essere 300 di Zack Snyder o lo stesso utilizzo che il regista fa del buio nei suoi ultimi film targati DC.
È nuovamente un episodio cruento a caratterizzare Giuditta e Oloferne, in cui la decapitazione di quest’ultimo da parte dell’eroina ebrea è sancita dalla luce che illumina il corpo dei due, dando enfasi alla drammaticità del momento.
L’apice della composizione artistica è la Deposizione dalla Croce, oggi ai Musei Vaticani.
Un’opera celebre per la sua complessità, con il corpo di Cristo bianco di luce, sorretto da braccia disperate e compianto da braccia rivolte verso il cielo. Un perfetto angolo scenografico dal quale traspare teatralità. Il corpo del figlio di Dio privo di vita rappresenta non solo la morte di un uomo ma anche quella di un’utopia; Caravaggio dipinge la tristezza e la desolazione usando i diversi soggetti per veicolare le differenti reazioni alla morte.
Altre mirabolanti opere del Merisi si trovano custodite presso la Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi, a Roma, in cui si trova il famoso Ciclo di San Matteo e per l’appunto, in particolare, i quadri L’ispirazione di San Matteo, San Matteo e l’Angelo e la Vocazione di San Matteo. Come a raccontare una storia, un filone ben preciso, da una taverna buia e oscura, luogo tipo delle frequentazioni di Caravaggio, allo scrittorio di San Matteo. Caravaggio mostra la sua caratteristica di mescolare il sacro con la quotidianità, per nulla sacra o illuminata. Eccezionalmente il film mostra anche la prima versione del Martirio di San Matteo, che venne rifiutata, e la prima stesura di San Matteo e l’Angelo.
Dipinti e composizioni basate sui contrasti di luci, ombre, sofferenze e geli emozionali, che sono stati in grado di ispirare un intero universo artistico, dai tempi di Caravaggio fino ai giorni nostri.
Imponente e maestosa è Sette opere di Misericordia presso il Pio Monte della Misericordia a Napoli, appartenente all’ultimo periodo di vita del pittore, appena dopo la fuga da Roma. L’intento qui è raccontare tutte le 7 opere di Misericordia, che secondo il Vangelo di Matteo sono state chieste da Gesù per ottenere il perdono dei peccati e assicurarsi il Paradiso. Si tratta per l’appunto di: Dar da mangiare agli affamati, Dar da bere agli assetati, Vestire gli ignudi, Dare rifugio ai pellegrini, Visitare i malati, Visitare i carcerati, Seppellire i defunti. Il Merisi le rappresenta in una tela di oltre 3 metri d’altezza, quindi in un’unica composizione in cui, nel buio più totale, i personaggi emergono per completare l’uno le azioni dell’altro. Emblematico a tal proposito è il dettaglio dei due angeli capovolti, quello del bene e del male, che svetta nella parte superiore della composizione, narrandoci in una sola ed emblematica figura il contrasto che alberga in ogni essere umano.