Caravaggio – l’Anima e il Sangue e l’uso dell’8K per viaggiare nel tempo
L’uso della tecnologia 8K e le riprese in Cinemascope 2:40 rappresentano il fiore all’occhiello del nuovo film d’arte Sky. Il regista Jesus Garcés Lambert e il produttore esecutivo per Magnitudo Film Francesco Invernizzi ci spiegano nel dettaglio il plus che conferiscono alla pellicola e la loro portata innovativa.
L’ingegno ha sempre bisogno di un tramite per manifestarsi, quando lo trova in pennelli e tele il genere umano definisce tale prodigio “arte”: un lungo treno perennemente in corsa verso il futuro, ma capace di svelare il passato.
Mostrarci la bellezza o la durezza del tempo andato è un compito affidato ai dipinti rupestri e agli utensili della vita quotidiana, ai testi scritti o alle tele d’autore, però, purtroppo, spesso e volentieri occorre accontentassi di ciò che i secoli hanno lasciato intatto, mentre alcune cose le possiamo solamente immaginare. Ma fin dove può spingersi la fantasia? Fin dove può dilagare la costruzione mentale di qualcosa che non abbiamo mai visto realmente? È qui che si sente il bisogno di un supporto, è in questa intercapedine che si intrufola l’innovazione tecnologica: un progresso che fa gioco al passato, restituendo allo sguardo ciò che il tempo gli ha sottratto per sempre.
Non è dunque un caso se la tecnologia gioca un ruolo importantissimo in tutti i film d’arte di Sky, non per ultimo in Caravaggio – l’Anima e il Sangue, l’ultima produzione di Sky e Magnitudo Film, al cinema solo il 19, 20, 21 febbraio con Nexo Digital. Ciò che ammalia della pellicola è anche e soprattutto l’impiego dell’8K, una tecnologia che ci consente di vedere le opere di Michelangelo Merisi come non le vedremo mai in nessun museo al mondo.
Dentro Caravaggio – l’Anima e il Sangue: cos’è la tecnologia 8K?
Se il direttore artistico Cosetta Lagani ci ha anticipato che “viaggeremo nel tempo”, anche attraverso la “‘ricollocazione virtuale’ di una delle grandi opere di Caravaggio”, a darci maggiori dettagli tecnici e a svelarci gli stratagemmi che ci lasceranno senza fiato provvedono il regista Jesus Garcés Lambert e Francesco Invernizzi, produttore esecutivo per Magnitudo Film.
La collaborazione di quest’ultima con i film d’arte Sky è iniziata con Musei Vaticani 3D palesandosi in progetti sempre più complessi e sfidanti in cui, ha spiegato lo stesso Invernizzi, sono state utilizzate le “attrezzature più all’avanguardia al mondo: dai sistemi per unire le due macchine da presa e di monitoraggio del sync tra le stesse per le riprese in 3D nativo, mutuate dai grandi film hollywoodiani, ai più evoluti sistemi di ripresa dal 4K all’8K, la cui evoluzione non riguarda semplicemente i sensori delle macchine da presa, ma anche e soprattutto le ottiche che utilizziamo, oltre alla mole di dati sempre crescente da gestire sia sul set che in post produzione”.
Ma cosa sappiamo nello specifico sulle riprese in Cinemascope 2:40 e sull’uso dell’8K in Caravaggio – l’Anima e il Sangue? Sempre Francesco Invernizzi cerca di esplicarcelo nel dettaglio, dicendo: “Il formato cinemascope con ratio 2:40 offre un inequivocabile aspetto cinematografico, panoramico, che immediatamente identifica la natura e la prima destinazione di questo prodotto. L’utilizzo di sistemi di ripresa in 8K, invece, consente una maggiore accuratezza e definizione (è 16 volte il Full HD e 4 volte il 4K) delle immagini, oltre ad offrire la possibilità di interpolazione delle immagini in grafica e CGI in post-produzione, consentendo elaborazioni digitali sempre più complesse e meritevoli in termini di performance e risultato estetico.”
Dei plus non indifferenti, che senza dubbio hanno agevolato il lavoro registico di Jesus Garcés Lambert, il quale già altre volte ha lasciato trasparire l’impellente bisogno di mettere in mostra l’autenticità ricorrendo ad escamotage tecnici che a suo parere, nel caso specifico di Caravaggio – l’Anima e il Sangue, sono fondamentali per capire il potere espressivo del film.
Ha ammesso infatti: “Parlare di 8K è parlare della massima risoluzione esistente oggi nel mondo dell’audiovisivo; questo formato ci dà una qualità dell’immagine talmente alta che ci permette di catturare anche il più piccolo dei dettagli. In un film come Caravaggio questo è stato importantissimo perché ho avuto la libertà di dare vita anche a quelle cose che lo spettatore nella realtà non è in grado di percepire… nei quadri, nelle scene evocative, nelle animazioni… ogni crepa, ogni pennellata, trasporta il pubblico nell’universo di Caravaggio. Sì, è come avere un rapporto intimo, diretto e autentico con l’artista.
La scelta del formato di ripresa conosciuto come 2:40 è stata immediata. Essendo più lunga del normale 16:9 questo è il formato che più si avvicina allo sguardo dell’essere umano e io ho voluto proprio questo: far vivere allo spettatore l’esperienza di stare davanti ad un quadro, ad una delle cappelle da lui dipinte trasmettendo la stessa sensazione che ho avuto io quando da solo ho visto da molto vicino ognuno dei quadri.”
“Un’esperienza tattile”, insomma, come la definisce anche la sceneggiatrice Laura Allievi, che ci permette di avere un contatto quanto più diretto con la tela. Ma, ci chiediamo, a che prezzo? Quanto può essere difficile addentrarsi nei luoghi in cui sono custodite le opere di Caravaggio e, allo stesso tempo, quanto può essere emozionante?
Rispondendo alla nostra domanda Francesco Invernizzi ci ha detto apertamente che le location del film hanno rappresentato tutte un lato intriso di difficoltà e al contempo un altro zuppo di meraviglia. “Caravaggio è stato girato in una quindicina di luoghi, tra Basiliche, Musei e Archivi Storici, tra le diverse città in cui l’Artista ha vissuto e operato o in cui sono conservate le sue opere, in Italia e Malta.” – ha detto – “Ciascuna di esse ha presentato difficoltà realizzative e logistiche diverse: tra i luoghi a mio avviso più interessanti ci sono le Basiliche in cui sono conservate le opere negli stessi luoghi per i quali furono create e per le stesse pareti su cui allora furono poste; il privilegio di poterle osservare con gli stessi tagli di luce che filtra attraverso le vetrate ed il movimento della luce nell’arco della giornata sull’opera ed intorno ad essa.
Ritengo che la possibilità di trovarsi al cospetto di tali capolavori, racchiusi all’interno di scrigni secolari e meravigliosi, sia nel complesso un’opportunità estremamente affascinante ed emozionante. Al contempo, la delicatezza e la preziosità di tali luoghi ne determina inevitabilmente anche la difficoltà logistica e la necessità di un sapiente uso di materiali e attrezzature, in particolare bracci e carrelli, per valorizzarne la magnificenza senza prescindere dal dovere di prendersene cura per preservarle nel tempo.”