Cary Grant: 10 film imperdibili dell’elegante caratterista hollywoodiano
“Spesso i critici mi accusano dicendo che nei film non sono altro che me stesso. Ma essere se stessi è molto più difficile di quanto pensiate”. Inserito al secondo posto tra le più grandi star del cinema dall’American Film Institute, Archibald Alexander Leach, in arte Cary Grant, continua ad essere ricordato con nostalgia, a distanza di più di 100 anni dalla sua nascita.
Solo lo scorso 29 Novembre si è parlato di Cary Grant in occasione del trentesimo anniversario dalla sua morte, e il fatto che sia stato ricordato sui social da varie citazioni, o anche solo da foto e gif condivise, indica quanto ancora il divo hollywoodiano sia amato.
Il mix di ironia e il fascino tipico del gentleman inglese (ricordiamoci che il divo era naturalizzato statunitense) lo hanno reso uno degli attori più carismatici della Hollywood classica.
Nato il 18 Gennaio 1904, Grant iniziò la sua scalata al successo negli anni trenta, in qualità di caratterista della Paramount. Nel corso della sua formidabile carriera si è contraddistinto per la sua tipica versatilità, recitando in brillanti commedie romantiche, e in film drammatici fino ad approdare al maestoso cinema di Hitchcock, tanto da essere definito dallo stesso regista “l’unico attore che abbia mai amato”.
Il portamento, l’eleganza e la sua compostezza rimarranno i tratti distintivi di un uomo che continuerà ad esistere anche attraverso citazioni cinematografiche incarnate da altri personaggi: la penna di Ian Fleming ha, infatti, creato il personaggio di James Bond ispirandosi in parte a Cary Grant.
Cary Grant – 10 film imperdibili del caratterista icona di ironia ed eleganza
Il diavolo è femmina (1935)
Ne Il diavolo è femmina, Grant inizia la sua collaborazione con Katharine Hepburn, che poi sfocerà in una lunga e affettuosa amicizia anche al di fuori del grande schermo. I due condivideranno alcuni tratti tipici della loro personalità, come il sottile senso dell’humor e un’innata eleganza.
Nella pellicola Grant è Jimmy Monkley, un delinquente che collabora con il personaggio interpretato dalla Hepburn, Sylvia Scarlett, travestita da ragazzo, diventando Sylvester, per non farsi rintracciare dalla polizia, in seguito ad un furto del padre.
Una divertente commedia degli equivoci con temi trovati forse fin troppo moderni per l’epoca, e per questo non accolta totalmente dalla critica e dall’opinione pubblica di quegli anni.
Susanna (1938)
Per la seconda volta vediamo la coppia formidabile Grant – Hepburn in una delle commedie più divertenti e apprezzate del cinema classico.
Al quattordicesimo posto nella classifica delle cento migliori commedie americane di tutti i tempi, aggiornata al 2000, Susanna vede Grant nei panni del paleontologo David Huxley, che poco prima di convolare a nozze, incontra la ricca ereditiera Susan Vance, interpretata dalla Hepburn.
Il paleontologo David viene reso perfettamente dal caratterista che vive in Grant, provocando una comicità tipica del cinema delle origini, data dalla goffaggine proposta dall’attore. L’attenzione, irrimediabilmente, si concentra sull’uso del corpo da parte di Grant: i suoi movimenti imbranati, la goffaggine e l’inadeguatezza, che talvolta si percepiscono dal suo corpo in movimento, rievocano quel cinema slapstick del passato, le cui esagerazioni mimiche scatenavano il riso nello spettatore.
La signora del venerdì (1940)
Dopo Susanna, Howard Hawks torna a dirigere Grant ne La signora del venerdì, remake del film The Front Page, tratto a sua volta da una commedia del 1928.
L’attore nella pellicola interpreta Walter Burns, editore del giornale presso cui lavora l’ex moglie Hildy Johnson (Rosalind Russell). Burns, alla notizia delle seconde nozze della moglie, decide di ostacolarla con ogni stratagemma, assegnandole anche un caso dell’ultimo minuto pur di non farla partire col nuovo fidanzato.
Ciò che è rimasto nella storia del cinema, attraverso questo film, è l’innovativa sceneggiatura, caratterizzata da veloci dialoghi: 240 parole al minuto, rispetto alle 100-150 solitamente previste in un dialogo. Questa frenesia della parola denota anche un particolare ingegno per la presa diretta del suono, utilizzando più microfoni simultaneamente.
Scandalo a Filadelfia (1940)
Terza commedia che presenta il binomio Grant – Hepburn, diretta da Goerge Cukor e incentrata sul classico triangolo amoroso, Scandalo a Filadelfia è considerato uno dei massimi esempi di un genere di commedia molto in voga nell’America degli anni trenta e quaranta, in cui una coppia divorziava, iniziando a frequentare altri partner, per poi alla fine risposarsi.
Ancora una volta la commedia degli equivoci e il classismo sono preponderanti all’interno della commedia in cui il Dexter Haven di Cary Grant decide di ostacolare le nozze dell’ex moglie ereditiera Tracy Lords (Katharine Hepburn). Un ruolo che Grant aveva già sperimentato in Susanna, con co-star sempre la Hepburn.
La pellicola ottenne ben 6 nomination agli Oscar, da cui ne uscì vincitore James Stewart come Miglior attore non protagonista e Donald Ogden Stewart nella categoria Miglior sceneggiatura non originale.
Il sospetto (1941)
La collaborazione e la stima reciproca tra Cary Grant e Alfred Hitchcock inizia proprio da Il sospetto, pellicola che segna una svolta thriller nella carriera dell’attore. Proprio quando ormai Grant veniva identificato con il genere delle commedie, ecco arrivare Hitchcock che lo assume come protagonista ambiguo e controverso del suo film.
Nel thriller Grant interpreta un uomo che sposa una giovane donna, interpretata da Joan Fontaine, terrorizzata dalla malsana idea che con il passare del tempo s’insinua in lei, ovvero che, in realtà, il marito non è altro che un assassino, che vuole ucciderla per la sua eredità.
Arsenico e vecchi merletti (1944)
Tra le migliori prove di Grant è impossibile non menzionare Arsenico e vecchi merletti di Frank Capra, in cui l’attore veste i panni di uno spiritoso scrittore, Mortimer Brewster, che decide di andare a trovare le anziane zie per annunciare loro il suo matrimonio.
Si tratta di una black comedy fatta di equivoci, in cui Mortimer scopre che la sua famiglia è in realtà formata da assassini. Sono proprio questi colpi di scena, totalmente inaspettati, a rendere più comica e cinica la commedia, condotta ovviamente da un Cary Grant in uno dei ruoli migliori della sua carriera.
Notorious – L’amante perduta (1946)
Alla seconda collaborazione con Hitchcock, in Notorious – L’amante perduta, Grant si esibisce al fianco di un’altra star del cinema, Ingrid Bergman. I due interpretano, rispettivamente, Devlin, agente segreto, e Elena, figlia di una spia sovietica, in un thriller che s’inserisce armoniosamente all’interno di un dramma psicologico e sentimentale.
In un’epoca in cui il primo piano veniva utilizzato come principale strumento per scavare a fondo nella psicologia e nell’io più profondo dei personaggi, Devlin ed Elena vengono immortalati nella scena di bacio più lunga di sempre, resa maggiormente intima dalla vicinanza della macchina da presa.
Curioso come a distanza di 50 anni si sia sviluppato, e soprattutto legittimato, un mezzo visto alle origini con sospetto, e con esso le sue relative innovazioni strumentali. Basti pensare al celebre May Irwin Kiss, primo bacio mostrato in un cortometraggio, che provocò scandalo a causa dell’esibizione pubblica, anche se brevissima, di un momento di estrema intimità.
Caccia al ladro (1955)
Caccia al ladro segna la terza collaborazione con il regista, ormai di fiducia, Alfred Hitchcock, che per questa pellicola decide di affiancare a Grant la meravigliosa Grace Kelly.
John Robie, è interpretato da un Cary Grant che, nonostante avesse il doppio dell’età della sua partner femminile, non sfigurava e, conseguentemente, non faceva sfigurare nemmeno lei, grazie ai suoi celebri marchi di fabbrica: ironia ed eleganza.
Intrigo internazionale (1959)
Il trasformismo di Cary Grant viene utilizzato per la quarta collaborazione con Hitchcock in uno dei film considerato l’opera migliore del regista.
Grant in Intrigo Internazionale interpreta Roger Thornhill, un pubblicitario che viene scambiato per un agente segreto, e quindi costretto a fuggire da un’organizzazione il cui unico obiettivo è farlo fuori.
Celebre la sequenza finale del Monte Rushmore, con un Grant protagonista assoluto dell’inseguimento insieme al paesaggio che lo circonda. Attraverso questa scena il regista dimostra che un thriller ben fatto non necessita, obbligatoriamente, di musiche suggestive, di ambienti poco illuminati, spazi angusti e soprattutto di protagonisti in ombra, ma al contrario, riesce a far identificare lo spettatore, temendo per la sorte del personaggio, in uno spazio sconfinato e pieno di luce.
Sciarada (1963)
In un giallo che, inevitabilmente, sfocia nel sentimentalismo, Cary Grant recita al fianco di un’Audrey Hepburn di 25 anni più piccola.
Come in Caccia al ladro con Grace Kelly, la differenza di età in Sciarada, diretto da Stanley Donen, non si nota, e anzi tutto appare normale come se le due star fossero coetanee, proprio perché entrambi incarnano il mito dell’eleganza e dello charme.
Si nota comunque una certa inadeguatezza in Grant, nel dover essere partner di un’icona di bellezza così tanto più giovane di lui, e forse è proprio per questo motivo che le scene romantiche sono ridotte al minimo indispensabile.
Un eco lontano della comicità sottile e accennata tipica di Grant si fa spazio nella pellicola, attraverso l’esibizione del ballo di arance, e il riferimento a Gene Kelly (con cui lo stesso Stanley Donen ha diretto Cantando sotto la pioggia), ricordato dalla Regina di Audrey Hepburn, in Un americano a Parigi, volgono lo sguardo nostalgico ad un cinema che si stava consumando lentamente.