Changeling: la storia vera che ha ispirato il film di Clint Eastwood
L'incredibile storia vera di Walter Collins, rapito nel 1928 a nove anni, e di sua madre Christine, che per tutta la vita cercherà invano di ritrovare suo figlio lottando contro l'incapacità – e la corruzione – della polizia.
Esistono storie che sembrano frutto solo di una abilissima sceneggiatura, che sembra impossibile possano derivare da una storia realmente accaduta. È il caso di Changeling, che affonda a piene mani da un fatto di cronaca incredibile, rimasto sepolto e dimenticato per oltre settant’anni: la vicenda è quella della tragica sparizione del giovane Walter Collins, sparito il 10 marzo 1928 all’età di nove anni e mai più ritrovato. La particolarità risiede tutta nel change del titolo: dopo cinque mesi di straziante attesa, alla madre Christine la polizia consegnò un bambino totalmente diverso dal suo Walter. Un impostore che voleva prendere il posto del ragazzino rapito, e che sconvolse ulteriormente la vita della già disperata genitrice.
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Nonostante la sua originale e complessa tematica (e la sua impeccabile realizzazione), Changeling non ha avuto il giusto risalto all’interno della fitta carriera di regista di Clint Eastwood. Gli anni 2000, per il cineasta originario di San Francisco, sono stati quelli di una clamorosa e inaspettata rinascita: dal 2003 al 2011 si sono succeduti – tra gli altri – Mystic River, Million Dollar Baby, il dittico formato da Flags of Our Fathers e Lettere da Iwo Jima, Gran Torino, J. Edgar, oltre ovviamente al sopraccitato Changeling. Un periodo prolifico e rivelatore, che ha messo nuovamente in luce la non comune duttilità di Eastwood, capace di avvicinarsi ad importanti storie biografiche con grande rispetto e fedeltà.
Changeling: i Wineville Chicken Murders
Il dramma della famiglia Collins si inserisce in un contesto più ampio: tra il 1928 e il 1930, nel pollaio di una fattoria di Wineville (contea della California) si consuma una lunga serie di violenze, soprusi e delitti perpetrati nei confronti di oltre venti bambini. A commettere gli omicidi è tale Gordon Northcott, poco più che ventenne, che vive nel ranch assieme alla madre Sarah Louise e al nipote Sanford Clark. Gordon abusa di Sanford, così come era accaduto a lui stesso in gioventù per colpa del padre. Un contesto familiare feroce, tragico, che spinge Gordon ad una bieca attività: rapire bambini, nasconderli nel pollaio, torturarli e ucciderli.
La polizia lo scopre grazie ad una doppia testimonianza: da un lato quella della sorella di Sanford, Jessie, che va a trovare il fratello e scopre tutta la verità; dall’altro quella del medesimo Sanford che, rintracciato dalle forze dell’ordine, vuota il sacco denunciando le terribili sevizie subite per anni da lui e dalle giovani vittime. Il successivo processo porta alla condanna a morte per Gordon (sentenza eseguita per impiccagione il 2 ottobre 1930), alla condanna all’ergastolo per Sarah Louise (che tuttavia viene rilasciata dopo appena 12 anni, nonostante per la giustizia sia l’effettiva colpevole della morte proprio di Walter Collins) e all’assoluzione totale per Sanford Clark (obbligato ad assistere per anni agli omicidi e ritenuto dunque a sua volta vittima).
Changeling: il Codice 12 e la presunta morte di Walter Collins
Walter Collins scompare nel marzo del 1928, mentre sta andando da solo al cinema (nel film invece viene lasciato da solo a casa, sotto la custodia di una vicina). La madre Christine, quando rientra a casa da lavoro, non trova più alcuna traccia di suo figlio e ne denuncia la scomparsa. Inizia l’odissea: mentre il caso riceve attenzione nazionale, la polizia si rivela totalmente incapace di gestire la situazione. A distanza di cinque mesi, il bambino viene riportato alla madre, ma non è lui; tuttavia, nella concitazione del momento e spinta dal capitano J.J. Jones (“porta il bambino a casa e prova per un paio di settimane”), Christine accetta, persuasa anche dal fatto che lo shock subito da Walter avrebbe potuto essere la causa delle enormi modifiche sia fisiche che comportamentali.
Ma quel bambino non è suo figlio, e quando Christine torna dopo tre settimane dal capitano Jones viene clamorosamente fatta ricoverare per problemi psichiatrici. La polizia, che si era già messa in pessima luce ed era travolta da scandali e corruzione, pur di non ammettere il proprio errore e desiderosa di riconquistare la popolarità perduta si appella al Codice 12, tacciando la madre di paranoia e infermità mentale. Ed è a questo punto che entra in scena Sanford, il nipote di Gordon, che viene rintracciato da un investigatore e ammette di aver ucciso assieme allo zio venti bambini, tra i quali figura anche Walter. Christine viene rilasciata, e ha modo anche di assistere al processo dell’assassino di suo figlio, che tuttavia si dichiara innocente.
Changeling: Walter Collins o Arthur Hutchins?
Sia assistendo al film che studiando la storia vera da cui è stato tratto, una domanda nasce spontanea: com’è possibile che un bambino si sia spacciato per un’altra persona? Chi era veramente? Trattasi di Arthur J. Hutchins, un ragazzino orfano che nel dramma della famiglia Collins scorge una possibilità: sfuggire alla matrigna Violet e arrivare prima a Los Angeles e poi a Hollywood, per poter incontrare il suo attore preferito Tom Mix (protagonista dei primi film muti di genere western). È in virtù della sua confessione – oltre a quella di Sanford – che Christine viene scagionata dall’accusa di pazzia e può così riprendere la sua ricerca. Non prima di aver denunciato la polizia (vincendo la causa e ottenendo un ingente rimborso, che tuttavia non vedrà mai) e aver fatto rimuovere il capitano J.J. Jones.
Ma, se davvero tra le venti vittime di Gordon Northcott c’è anche Walter, non resta che arrendersi. L’ultima speranza – tanto inaspettata quanto crudele – viene dal ritrovamento di David Clay, uno dei giovani sequestarti ritenuto ormai morto. Sono passati ben cinque anni, ma il ragazzo sembra ricordare: lui e altri tre bambini sono riusciti a scappare dal famigerato ranch, e fra questi c’era senza alcun dubbio anche Walter. Non solo Walter era con lui, ma è stato fondamentale per la buona riuscita della fuga, ed è proprio per questo che David lo ricorda così bene. Le speranze sono però destinate a restare tali: Christine – la cui ultima apparizione risale al 1941 – non rivedrà mai più suo figlio. E, da questo punto di vista, il film di Clint Eastwood non fa giustamente sconti: la storia straziante di Christine Collins non prevede lieto fine, ma merita di essere raccontata dopo decenni di oblio e come monito per il futuro. Senza fronzoli, senza retorica, grazie all’asciutta regia di Eastwood, all’accorta sceneggiatura di J.M. Straczynski (che ha ritrovato i verbali dei processi quasi per caso assieme a un giornalista del Los Angeles Times) e alla toccante interpretazione di Angelina Jolie, forse nel ruolo più importante di tutta la sua carriera.