Che fine ha fatto Baby Jane?: analisi psicologica del film di Robert Aldrich
Che fine ha fatto Baby Jane? mette in scena i danni incrociati dell'invidia e del senso di colpa, sullo sfondo di un mondo dorato di successo che tanto dà e tanto toglie.
Che fine ha fatto Baby Jane? (1962) è il thriller psicologico di Robert Aldrich che meglio incarna nella finzione la reale rivalità fra le due dive protagoniste: Bette Davis e Joan Crawford. Il film, incrocio fra melodramma gotico e grand guignol, è lo spunto che ha dato vita alla recente serie televisiva antologica di FX Feud, la cui prima stagione Bette and Joan descrive proprio le ripercussioni di tale aspra competitività sul set della pellicola, in cui l’invidia reciproca – ma differita sul piano temporale – tra le due sorelle protagoniste assume il tragico volto e le conseguenze della deriva psicopatologica.
In Che fine ha fatto Baby Jane? Bette Davis interpreta la versione adulta e maligna della mitica Baby Jane, una bambina prodigio che – grazie alle sue precoci doti di ballerina e cantante – era diventata un vero e proprio fenomeno popolare, amata da tutti tranne che dalla sorella Blanche (Joan Crawford), costretta a subirne le bizze e a vivere nell’ombra anche in famiglia a causa della popolarità della piccola star, che assorbiva tutte le attenzioni dei genitori, e in particolare del padre. Divenuta adulta, tuttavia, le carte in tavola si ribaltano: ora è Blanche ad aver conquistato il mondo dello spettacolo divenendo una diva hollywoodiana, mentre Jane è finita nel dimenticatoio, complice il suo scarso talento.
Blanche si prodiga per far sì che la sorella non soffra della situazione, costringendo i suoi produttori a far firmare un contratto a Jane per ogni accordo stretto con lei, nella speranza di farle conservare l’illusione di poter proseguire la sua carriera nonostante l’inesorabile ed evidente declino. Ma tale atto, per quanto appaia fatto in buona fede, finisce per non avere l’effetto sperato, contribuendo a quel senso di disparità che lentamente farà di Jane una vera e propria megera psicopatica.
Il destino di Jane e Blanche viene definitivamente segnato quando una sera, di ritorno da un party entrambe ubriache, Blanche viene investita davanti al cancello di casa e l’autrice di tale tentato delitto appare in tutto e per tutto Jane, che fugge terrorizzata dopo aver visto in quali condizioni fosse ridotta la sorella. Anni dopo, sarà proprio lei a “prendersi cura” della ex diva ormai paralizzata, alternando obbligate cure pratiche con angherie psicologiche e violenze fisiche tese a farle pagare la responsabilità del declino della sua carriera, che Jane avverte come “rubata” dalla sorella.
Dal canto suo, Blanche appare invece convinta che la sorella le debba molto, avendola ridotta in tale condizione, e la tiene ancorata al suo ruolo forzato di badante condizionandola con un misto fra senso di colpa e minaccia finanziaria, essendo Blanche la detentrice del patrimonio familiare. La situazione precipita quando Blanche decide di vendere la casa per recuperare del denaro, spingendo Jane a farsi aiutare in una clinica psichiatrica: la minaccia di perdere la sua autonomia è la goccia che fa traboccare il vaso, e la ex bambina prodigio precipita verso una regressione che la porta a volersi riprendere una rivincita tardiva nei confronti della sorella, tornando a vestire i panni di una mitica Baby Jane che ormai nessuno più ricorda.
Che fine ha fatto Baby Jane? I danni incrociati dell’invidia e del senso di colpa
Che fine ha fatto Baby Jane? descrive in modo a tratti sarcastico e grottesco le esasperanti conseguenze del successo eccessivo, prematuro e poco meritato, non solo sulla protagonista del titolo – convinta ancora in tarda età di poter ottenere tutto ciò che vuole pestando i piedi- ma anche della sorella, cresciuta nella quasi totale anaffettività e nel paragone squalificante nei confronti di Jane, ai tempi più bella e capace. Il rancore maturato negli anni non riuscirà a stemperarsi nemmeno col successo successivamente conquistato, e la giovane Blanche pagherà lo scotto di un’infanzia senza amore e in cui si è sentita priva di valore, scatenando il suo rancore contro la sorella.
L’incidente che portò Blanche alla paralisi, infatti, non era stato provocato da Jane, come lei stessa fece credere a tutti: quelle sera era Blanche a volersi sbarazzare della sorella che – spostatasi all’ultimo momento – fece sì che l’auto finisse violentemente contro il cancello, con tragiche ripercussioni sulla colonna vertebrale di Blanche, che si trovava alla guida. Non essendo riuscita nell’intento di uccidere la sorella, Blanche si era allora trascinata fino al cancello, allo scopo di mettere in scena la tragica pantomima della diva vittima dell’invidia.
La psiche già intrinsecamente debole di Jane non regge negli anni il peso dell’invidia verso il successo di Blanche, mista a un senso di colpa mai elaborato perché non riconosciuto, tramutando le emozioni irrisolte in un delirio in cui Jane appare una pazza sconsiderata che odia la sorella solo perché più talentuosa. L’apparentemente mite Blanche, d’altro canto, non ha mai perdonato alla sorella le attenzioni che le sono mancate da piccola, nel momento in cui si costruisce il nucleo della personalità, e crede che farle scontare una pena a vita in cui si senta responsabile della sua infermità sia il minimo che Jane meriti, dopo essere stata così tanto a lungo vezzeggiata a sue spese.
La regressione diviene allora l’unico mezzo che Jane trova per sublimare il suo dramma: tornando a essere quella bambina idolatrata dalle folle ma a cui è mancato il bene più prezioso: un’infanzia all’insegna dell’amore per quello che si è, non per quello che si sa fare. Tornando a vestire gli abiti della piccola diva prodigio di un tempo, Jane porta fino in fondo i suoi piani malvagi e parzialmente inconsapevoli di vendetta, fuggendo dalle responsabilità di un delitto che questa volta ha veramente compiuto portando la sorella sulla spiaggia che amavano tanto frequentare da piccole, quando Jane, dalla sua posizione di piccolo prodigio, sfruttava il potere dei suoi capricci per far ottenere un gelato anche a Blanche.
Che fine ha fatto Baby Jane?, il cui senso è meglio definito dal titolo originale What Ever Happened to Baby Jane? (Che cos’è successo a Baby Jane?) si rivela quindi un viaggio nelle cause e nelle conseguenze di un’infanzia perduta, un momento della vita che – sia nel caso di Jane che della sorella Blanche – rivela di non poter essere più recuperato né modificato dalle future vicende personali, segnando indelebilmente la vita delle persone e ripresentando il conto nell’impietoso riflesso di uno specchio, che sbatte in faccia inesorabile la verità di una vita che non attende le riconciliazioni col passato.
La spiaggia del finale, in cui Blanche ormai in fin di vita rivela la verità a Jane su quel tragico “incidente”, diviene allora l’emblema di un luogo della mente in cui poter tornare alle origini di un momento in cui ancora – come si chiede Jane – lei e la sorella forse avrebbero potuto essere amiche. Un momento di totalizzante tragicità in cui in una frase vediamo racchiuso il potere difensivo della negazione, in una mente che di fronte al sollievo della liberazione dal senso di colpa, non riesce a razionalizzare l’enorme danno che le è stato fatto da quella sorella verso cui tanto si è sentita in debito.
Il film lascia in sospeso il destino di entrambe le protagoniste, soprattutto quello di Blanche, che viene trovata dalla polizia riversa sulla spiaggia mentre l’inquadratura si allontana, a voler suggerire l’impossibilità di un finale in cui trionfi la giustizia, non essendoci buoni e cattivi in gioco ma solo vittime di una vita misurata sul parametro del successo e della notorietà. Una vita – tuttavia – affettivamente impietosa.