Cinematographe.it presenta Finché morte non ci separi di Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett
Finché morte non ci separi di Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett è una horror comedy che mette in scena la prima terrificante notte di nozze di Grace.
Se anche voi vi siete trovati nel target di Finché morte non ci separi allora vi sarete accorti che il thriller-horror dalle virate comedy si è avvalso di un continuo battage pubblicitario social che comunicava l’imminente uscita del film, il 24 ottobre 2019. Il film diretto dalla coppia di registi Tyler Gillett e Matt Bettinelli-Olpin (che già avevano co-diretto La stirpe del male) ha avuto un buon riscontro nel paese d’origine (più di 7 milioni nel week end di apertura) e in generale un ottimo margine di guadagno a fronte di soli 6 milioni di dollari di budget iniziale.
Finché morte non ci separi: recensione del film di Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett
Un ottimo motivo per spingere la promozione anche nei paesi stranieri puntando ad aumentare i guadagni. In Italia il film ha incassato in totale 273,538 dollari (fonte BoxOfficeMojo.com). L’horror con protagonista Samara Weaving nei panni di una sposina imbrattata di sangue è stato un buon colpo per Fox, la compagnia produttrice e distributrice del film che dopo la fusione con Disney si prende una piccola rivincita al boxoffice dopo il super flop di X-Men: Dark Phoenix. Ma cos’è che ha funzionato così bene di questo film?
La sceneggiatura di Finché morte non ci separi: tra classico e originalità
Finché morte non ci separi racconta della prima notte di nozze di Grace, novella sposina che ha preso per marito Alex, ereditiero della famiglia Le Domas, la quale ha costruito la propria fortuna nel mercato dei giochi di società e in scatola. Se di solito la prima notte di nozze è un notte da ricordare, in questo film sarà un vero e proprio incubo: Grace infatti si ritroverà a giocare a nascondino con la famiglia della sua dolce metà; non un 31 salvi tutti normale, ma una vera e propria caccia all’uomo dove lei è la preda da ammazzare.
Se pensiamo ad altri film dove c’è un protagonista in trappola, che deve sfuggire alle perversione di ricchi aristocratici vengono in mente molti horror e thriller del passato, da Scappa – Get Out a The Purge (anche in questo film ci sono delle maschere e delle persone che rincorrono prede imbracciando armi), o ancora a You’re next o anche a film che non sono ancora usciti come il controverso The Hunt dove al centro della trama c’è proprio una caccia umana. Il quid in più dell’horror in questione è di certo la parte più grottesca, che strappa sorrisi e risate e che rimanda per forza di cose ad uno dei film horror più apprezzati dell’ultima decade, Quella casa nel bosco. Insomma Finché morte non ci separi, nonostante presenti una struttura scontata, offre uno spettacolo interessante grazie a una scrittura classica arricchita da dettagli gore, surreali e ironici.
Finché morte non ci separi: un sequel è possibile?
La bella e brava Samara Weaving – nipote del mitico Hugo, aka Agente Smith della saga Matrix e già brava interprete del divertente horror-com La babysitter di Netflix – interpreta la protagonista Grace. All’inizio del film la incontriamo pochi istanti prima del matrimonio con Alex: radiosa, frizzante e con qualche tatuaggio che le si intravede sulle mani. I parenti altolocati di Alex non vedono di buon occhio la ragazza, pensando che voglia solo accaparrarsi l’eredità del ragazzo che un giorno possederà un impero. Chi ha visto il film sa che poche ore dopo aver pronunciato il fatidico giuramento, la neosposina si ritrova ad affrontare un diabolico gioco in compagnia della famiglia di suo marito e solo durante l’estenuante caccia impariamo a conoscere la ragazza. Grace dopo uno sconvolgimento iniziale, tira fuori tutto l’istinto di sopravvivenza che ha dentro per affrontare la famiglia Le Domas che la vuole morta a tutti i costi.
Finché morte non ci separi: spiegazione del finale della comedy horror
Se ci fermiamo a riflettere, alla fine del film, ci rendiamo conto che non sappiamo nulla di questo personaggio. Non sappiamo niente il suo passato, non possiamo sapere se prima di “giocare” con la nuova famiglia fosse davvero intenzionata ad accaparrarsi i soldi di Alex, inoltre al matrimonio non ci vengono presentati i suoi genitori, parenti e amici, che di certo verrebbero al suo matrimonio. Sembra strano vero? E se il successo di questo film non prevedesse un sequel? In fondo Finché morte non ci separi ci ha già regalato un enorme twist nel finale, dunque a livello industriale non sarebbe un cattivo affare pensare di continuare la storia.
Finché morte non ci separi: sceneggiatura ambiziosa?
Se si riflette sul panorama horror attuale ci si rende conto che Finché morte non ci separi è uno dei pochi film che offre uno sguardo differente, più che innovativo, sul genere nella grande distribuzione. Nessuna ambientazione in real time, zombie, fantasmi lugubri e costrutto esclusivamente sui jump scare. C’è un certo livello di coraggio che bisogna lodare considerando che l’horror che si ibrida con la commedia non è di certo un terreno facile. Gli sceneggiatori del film Guy Busick e R Christopher Murphy di sicuro ci hanno provato anche se non hanno del tutto osato. In questo scenario surreale e a tratti già visto, ci si sarebbe aspettato un coraggio maggiore, ma è ovvio che ci si sia mantenuti su un film eccessivamente bilanciato, di certo pensato per il grande pubblico.
Ritornando al collegamento di trama con il franchiste distopico The Purge, viene meno qui anche la graffiante critica sociale che Finché morte non ci separi avrebbe potuto mettere in campo, quella sui ricchi e le dicerie su strambi e superstiziosi riti propiziatori e sacrificali. “È vero quello che dicono, i ricchi sono davvero diversi!” dice la protagonista, ma la sua affermazione resta nell’ambito della commedia senza arrivare alla satira. Anche il matrimonio e il cambiamento che questa unione sta attraversando nell’epoca moderna poteva essere terreno di satira, per aggiungere ironia e grottesco al film eppure questo aspetto viene del tutto azzerato.
Il finale di Finché morte non ci separi è la vera forza
Finché morte non ci separi ha probabilmente nel finale il vero prezzo del biglietto. Se la sceneggiatura è fin troppo classica nella parte centrale, con una struttura che se anche ben costruita risulta essere troppo classica e con battute molto soft, la sequenza finale riaccende l’entusiasmo sopito.
Ari Aster e Jordan Peele: i due volti del new horror americano
In conclusione: il film di Gillett\Bettinelli-Olpin va premiato perché prova a cambiare la direzione dello sguardo del genere horror contemporaneo, come hanno fatto Jordan Peele (Scappa – Get Out, Us – Noi) e Ari Aster (Hereditary – Le Radici del male, Midsommar – Il villaggio dei dannati), senza far centro come questi due autori che, con sole due pellicole a carico, hanno saputo inventare uno stile e rivedere il genere.