Cinematographe.it presenta Il Campione di Leonardo D’Agostini

Il Campione è l’opera prima del regista Leonardo D’Agostini che esordisce con un film che nella prima settimana di programmazione sta raccogliendo consensi di pubblico e critica. Merito di una storia universale che vede come protagonisti due personaggi agli antipodi: Christian Ferro e Valerio Fioretti.

In Italia l’unica fede che non conosce crisi è sicuramente quella calcistica con i suoi giocatori idolatrati alla stregua di Dei dell’Olimpo. Il calcio è il vero star system della nostra penisola e non era mai capitato fino a oggi un film “made in Italy” che ne raccontasse i successi, le brutture, il dietro le quinte, salvo una stucchevole miniserie Mediaset andata in onda nel 2005 dal titolo Ho sposato un calciatore diretta da quello che poi sarebbe diventato uno dei nostri registi di punta: Stefano Sollima. Il Campione è l’opera prima del regista Leonardo D’Agostini che esordisce con un film che nella prima settimana di programmazione sta raccogliendo consensi di pubblico e critica. Merito di una storia universale che vede come protagonisti due personaggi agli antipodi: Christian Ferro e Valerio Fioretti.

Genio e sregolatezza: ascesa e caduta degli Dei dello sport

Christian Ferro, interpretato da un sempre più convincente Andrea Carpenzano, è un giovane calciatore talentuoso, punta di diamante della Roma, viziato, scandalosamente ricco, con il mondo ai suoi piedi ma con dei vuoti incolmabili. Una rockstar del calcio che ha perso il senso della realtà, circondato da sciacalli e finti amici, sulla buona strada per la rovina a causa del suo comportamento irascibile e delle sue bravate. Numerose sono state le parabole sportive che spesso sono finite male se non in tragedia: basti pensare al destino del giocatore di football americano OJ Simpson accusato di aver ucciso l’ex moglie Nicole Brown e l’amico Ronald Lyle Goldman il cui controverso processo è egregiamente raccontato in Il caso O.J. Simpson, prima stagione di American Crime Story firmata da Ryan Murphy.

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O come non pensare all’iconico calciatore irlandese George Best e alla sua famosa frase: “Ho speso molti soldi per alcool, donne e macchine veloci. Il resto l’ho sperperato”. Considerato uno dei migliori giocatori del XX secolo, la sua vita fu, appunto, segnata dai problemi con l’alcol che lo portarono nel 2005 alla morte per un’infezione epatica. A lui fu dedicato un film non rilevante del 2000 dal titolo Best. Il Christian Ferro de Il Campione ricorda molto “l’immortale” Best e numerosi calciatori dai “piedi d’oro” ma dalla testa calda: Antonio Cassano, Mario Balotelli e ovviamente l’inarrivabile Diego Armando Maradona. Ma il giovane calciatore del film di D’Agostini ha una marcia in più che lo salverà dal baratro: Valerio Fioretti (Stefano Accorsi) un professore segnato dalla vita che non vede più un futuro e che grazie allo scapestrato Christian Ferro ritroverà un senso, si riscoprirà padre.

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Romanzo di formazione e sport: una scommessa italiana

Da film dall’apparenza semplicemente sportivo Il Campione prende la deriva del romanzo di formazione profondo e significativo: Valerio ha il difficile compito di far ottenere a Christian la maturità ma come in ogni storia che si rispetti di rapporti “forzati” il risultato alla fine è un’amicizia sincera: da Quasi Amici a Will Hunting e ancora prima Il Sorpasso di Dino Risi riferimento importante in scrittura per Leonardo D’Agostini. I film che uniscono sport e amicizia nella storia del cinema sono numerosi e riguardano soprattutto il panorama internazionale: un esempio calzante, dal livello potrebbe essere il pluripremiato Million Dollar Baby di Clint Eastwood in cui due anime agli antipodi come la dolce e aspirante pugile Maggie Fitzgerald e l’anziano e scorbutico allenatore di boxe Frankie Dunn si scoprono affini e bisognosi l’uno dell’altra.

In questo senso Il Campione si presenta come un’interessante e ben riuscita novità che non ha paragoni nella produzione italiana e che grazie all’unione di buoni sentimenti, commedia e sport si è rivelata una scommessa vincente. Non a caso i produttori sono due più apprezzati, e lungimiranti, registi italiani: Matteo Rovere e Sydney Sibilia con la loro casa di produzione Grøenlandia Group. Il primo con il recente Il primo re sul mito di Romolo e Remo ha dato vita a un altro progetto che non ha eguali nella nostra filmografia, a metà tra Apocalypto di Mel Gibson e Valhalla Rising di Nicholas Winding Refn. Il secondo con Smetto quando voglio ha diretto una trilogia ormai cult: un Breaking Bad “de’ noantri” infarcito di humor alla Boris – La fuoriserie italiana. Insomma, due registi/produttori che amano le sfide e che puntano alla qualità della drammaturgia, alla profondità delle storie raccontate senza trascurare l’elemento “spettacolo”. Una visione di un cinema “all’americana” che richiede anche e soprattutto degli sforzi produttivi non indifferenti. In questo caso l’impegno maggiore riguardava mettere in scena il calcio: le sequenze calcistiche, a detta del regista delle vere e proprie coreografie, si sono rivelate gli aspetti più difficili di questo film “interpretate” dalla squadra Pisa Calcio nella parte della Roma che ha contribuito all’ottima riuscita delle scene in questione.

Il Campione, così, sembra candidarsi a diventare un’apripista per nuove produzioni italiane che, si spera, guarderanno a quelle straniere non più solo con ammirazione ma come fonte di ispirazione ed emulazione.

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