Cinematographe.it presenta Joker di Todd Phillips
Perché ora sappiamo che una rilettura di un villain come il Joker era necessaria, ma realizzare un film così era una scommessa, che Todd Phillips ha vinto!
Joker è un ghigno di stupore, un film che in fase di elaborazione non ha fatto a meno spaventare i fan del villain DC, che più volte hanno visto il personaggio rappresentato sul grande schermo, talvolta anche snaturato. E invece Todd Phillips ha stupito tutti! Lo ha fatto già alla 76ª Mostra d’arte Cinematografica di Venezia, quando lo stesso direttore Alberto Barbera lo ha definito un film da Oscar.
Una pellicola che sta davvero facendo parlare di sé, macinando numeri al box office con la stessa potenza di un blockbuster, insinuandosi nel cuore e nella mente degli spettatori con la delicatezza pungente di un film d’autore, a dimostrazione che l’idea del suo creatore è andata a buon fine e ha colpito il segno!
Non a caso Joker ha due anime, dal momento che estrapola dai fumetti DC la figura del protagonista, ma ne muta i contorni per farla abitare in una dimensione più umana e vera, ispirandosi a pellicole come Toro Scatenato, Taxi Driver e Re per una notte di Martin Scorsese. In questo modo il Principe del Crimine esce letteralmente fuori dalla carta stampata, via dalla città solo immaginata e circoscritta di Gotham per abitare un tempo già vissuto in un luogo che potrebbe essere ovunque.
Joker: l’armatura di un blockbuster per un’anima da film d’autore
Con 6.3 milioni di euro solo nel primo weekend di programmazione in Italia e un totale di 234 milioni di dollari a livello globale, Joker ha addirittura battuto l’intero box office di Dark Phoenix, rivelandosi la migliore apertura per la Warner Bros., che inizialmente si è dimostrata scettica nei confronti del progetto. Già, perché pur non essendo una realtà piccola o indipendente, la società fondata nel lontano 1918 da Harry, Albert, Sam e Jack Warner non è immune agli errori (basti pensare a operazioni come Batman v Superman: Dawn of Justice) e quando si tratta di portare nelle sale un film così diverso, così a suo modo rivoluzionario, occorre la giusta dose di coraggio e la fortuna di trovarsi a valutare tali colpi di genio con persone come Walter Hamada, produttore esecutivo insieme a Michael E. Uslan, Aaron L. Gilbert, Joseph Garner, Richard Baratta e Bruce Berman, nonché principale fan di questo gioiello cinematografico, inizialmente legato strettamente al nome di Martin Scorsese (che avrebbe dovuto produrre il film) e di Leonardo DiCaprio, pensato come papabile protagonista per la vicinanza col regista di Shutter Island, The Wolf of Wall Street, The Departed.
Come è noto, le cose sono andate diversamente e di Scorsese non è rimasta traccia se non la sua preziosissima collaboratrice di vecchia data, Emma Tillinger Koskoff, grazie alla quale, ha detto il regista stesso durante la conferenza veneziana, non sarebbero state possibili molte cose, come le riprese nella metropolitana di New York. Ad affiancarla nella produzione anche Bradley Cooper il quale, insieme a Phillips, è a capo della Joint Effort.
Joker e la regia di Todd Phillips che stritola, schiaccia, toglie il fiato
Una produzione, abbiamo detto, coraggiosa, che però sarebbe stata insignificante senza la tenacia e la brillantezza di Todd Phillips, regista, sceneggiatore e produttore statunitense classe ’70 che finora si era fatto notare solo per commedie come Parto col folle o la trilogia di Una notte da leoni. Non è difficile ammettere che, sui 13 film che compongono la sua filmografia, Joker sia in assoluto il migliore.
L’opera cinematografica tradisce le origini del giovane cineasta, che però mantiene intatta la capacità di soddisfare abbondantemente gli incassi al botteghino e al contempo rispetta la tendenza (già parzialmente avviata con Trafficanti) di avvicinarsi a generi completamente differenti. Seppur la commedia resti in sottotraccia attraverso le esternazioni del protagonista, Joker si impone al pubblico come un dramma sociale, un film che resta politico nonostante le differenti intenzioni del suo creatore. Un film che non ha paura di leggerci dentro.
Phillips lo edifica, registicamente parlando, portandoci a esplorare il dolore lancinante del sorriso, rimarcando l’asimmetria tra stato d’animo e stato emotivo, facendoci scorgere la stratificata personalità del protagonista interpretato da Joaquin Phoenix attraverso l’occhio sempre indiscreto della macchina da presa. Il regista lo pone in primo piano e poi lo abbandona dolcemente al mondo circostante, trasmettendoci spesso una crudele sensazione di solitudine. Inquadrato lì, in una Gotham City in cui pullulano l’inquietudine e il malessere, il corpo esile di Arthur Fleck viene mostrato deperito, mortificato, schiacciato tra i cunicoli di una città fatta di tunnel, sobborghi, metropolitane deserte, strade buie.
Sostenuto dalla colonna sonora della svedese Hildur Guðnadóttir, Phillips ricama i contorni di uno spazio a misura di antieroi, protetto come una culla e inospitale come un ammasso di rovi. Nella meccanica della regia egli allontana il mondo dal suo Joker per poi poi lanciarglielo contro, sta in disparte nei momenti di gloria, si avvicina impetuoso in quelli di perdizione, registrando con indiscrezione la fastidiosa sensazione di vedersi scrutati dalla testa ai piedi.
La dolorosa interpretazione di Joaquin Phoenix
Editoriale | Joker e la filosofia del riso tra inadeguatezza e sovversione
A compiere l’arduo compito di trasfigurarsi nel Joker un Joaquin Phoenix letteralmente da Oscar. La bravura dell’attore statunitense, candidato all’Oscar per le sue interpretazioni in Il gladiatore, Quando l’amore brucia l’anima – Walk the Line e The Master, non è una novità, ma la missione artistica portata a termine nella pellicola sulla nemesi di Batman non ha rivali.
Accettando di vestire i panni di Arthur Fleck Joaquin Phoenix ha scelto di perdere qualcosa di sé che va oltre il peso corporeo, di calarsi appieno nella disperazione di un personaggio emarginato, condannato alla diversità, illuminato da una voglia di felicità che non riesce mai a concretizzarsi. Il Joker di Phoenix è follia allo stato puro; follia che si coniuga a tutti i livelli dei concetti di male e bene, conferendo al protagonista del film contorni indefiniti che disarmano la nostra capacità di valutazione, portandoci sempre e comunque ad amarlo, comprenderlo, compatirlo.
C’è un dolore, nella sua risata – che l’attore ha detto di aver studiato più e più volte per renderla così atroce – che ci sconvolge e ci fa raggelare il sangue. C’è una continua evoluzione nella sua mente che non esplode mai ma elegantemente emerge, prendendo a schiaffi l’anima.
Joker e la necessaria drammaticità della vita
Se questo Joker, che prende chiaramente le distanze dal mondo dei cinecomics, sarà preso come esempio per la realizzazione futura di film ispirati a supereroi e supercattivi dei fumetti non lo sappiamo, di certo non possiamo che augurarcelo. A modo suo Todd Phillips ha cambiato il modo di raccontare un personaggio tanto amato quanto tormentato, regalando al mondo un’opera cinematografica di cui ora sappiamo di non poter fare a meno, un’opera che ci scarnifica, ci uccide e riporta in vita, un’opera che mette in scena la drammatica commedia della vita.