Copia originale: la storia vera di Lee Israel e delle sue lettere
Dalle biografie alla falsificazione: la parabola criminale di Lee Israel raccontata nel film Copia originale con Melissa McCarthy e Richard E. Grant.
Copia originale è stato uno dei titoli di questa stagione dei premi che, però, non è riuscito a racimolare alcuna statuetta durante la serata degli Academy. Tre candidature agli Oscar – Miglior sceneggiatura non originale, Miglior attrice protagonista e Miglior attore non protagonista -, l’opera diretta da Marielle Heller si basa sulle memorie della scrittrice Lee Israel, che ha fatto scoprire al pubblico una Melissa McCarthy drammatica e perfettamente in contatto con la sua parte più levigata e sottile. Una storia che fonde crimine e letteratura, il far valere il proprio talento e cercare di sopravvivere.
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Un destino da galeotta che ha spinto la Israel nel circolo della contraffazione d’arte. Ma come nasce l’idea nella mente della scrittrice? Quale è stato il momento in cui ha deciso di vestire la “firma” di qualcun altro? Per parlare delle vicende realmente avvenute a Lee Israel è bene tornare ai suoi inizi, quando ancora il nome dell’artista era legato al successo.
Copia originale (Can You Ever Forgive Me?): Lee Israel, Katherine Hepburn e gli inizi
Nata a Brooklyn nel 1939, Lee si laurea alla Midwood High School e comincia a lavorare come scrittrice freelance. Un mestiere che le ha permesso di spaziare in differenti campi, dal teatro al cinema fino alla televisione, intervistando anche personalità di spicco per le riviste con cui collaborava. È quanto avvenuto con Katherine Hepburn, che la donna ha profilato poco dopo la perdita del partner dell’attrice, l’interprete Spencer Tracy. Il pezzo è uscito su Esquire nel 1967 e fino agli anni Settanta Lee Israel ha continuato a contribuire con degli articoli per le riviste.
Lee Israel pubblicò il suo primo libro nel 1972. La biografia dal titolo Miss Tallulah Bankhead è il resoconto della vita della suddetta attrice, tra la descrizione del suo carattere impudico e i momenti sul palcoscenico. Il secondo lavoro fu invece Kilgallen: A Biography of Dorothy Kilgallen, biografia del giornalista, nonché membro del team del gioco televisivo What’s My Line?. Un libro non solo di grande successo, ma che entrò nella lista dei bestseller del New York Times nello stesso anno.
Nel 1983 la Macmillan Publishing diede alla scrittrice un anticipo per il progetto che la Israel avrebbe dovuto portare a termine su Estéer Lauder, imprenditrice del mondo dei cosmetici. Una biografia non autorizzata, che la Lauder tentò di bloccare con ogni mezzo, offrendo un compenso non indifferente alla scrittrice, che avrebbe dovuto riportare i fatti meno noti e lusinghieri della magnate. La vendetta di Estéer Lauder non tardò ad arrivare: in concomitanza con la pubblicazione del lavoro della Israel, Estéer Lauder: Beyond the Magic, venne pubblicato il memoriale sulla donna nell’autunno del 1985. Dovendo tenersi, dunque, in tempi assai stretti, la biografia scritta da Lee Israel non convinse la critica e si rivelò un fallimento commerciale. Conseguenza che accompagnerà la carriera dell’autrice, che ritrattò le sue posizioni e dichiarò in seguito che, forse, sarebbe stato meglio accettare il denaro offertole dalla Lauder.
L’inizio del declino: dai debiti alla contraffazione
Da qui, il declino. Le fatture aumentavano, i debiti non venivano saldati e il suo gatto aveva bisogno di cure mediche. Nessun lavoro, se non quello della scrittrice, avrebbe fatto al caso suo. Da questo punto in poi, il primo passo per diventare una criminale era imminente. Recatasi in biblioteca, Lee Israel ebbe accesso ad un numero sostanzioso di lettere di personalità note, manufatti che difficilmente si trovano così esposti. Invece di restituire quanto preso, la novella ladra nascose addosso le lettere e uscì. La prima “vittima” delle sue contraffazioni? L’attrice e cantante Fanny Brice, di cui trascrisse una lettera a mano e a cui aggiunse delle frasi ad effetto, per rendere più stuzzicante la malefatta.
Una trovata che Lee Israel affinò sempre di più nel corso del suo percorso da criminale, riuscendo a farsi pagare anche quaranta dollari a lettera. Una donna sola, senza famiglia e omosessuale che sbancava il lunario modificando e firmando lettere false. Una persona evidentemente complicata, che non seppe mai legarsi profondamente agli altri – la storia che va intrecciando Lee e la proprietaria della libreria Anne interpretata da Dolly Wells è inventata – e che ebbe sempre problemi nelle interazioni sociali. Un’alcolista, la definivano gli amici, con cui nessuno se la sentiva più di lavorare.
Il lavoro di contraffazione della Israel è stato più che proficuo: più di quattrocento lettere sembrano avere lo stampo della scrittrice, da quelle scritte da Louise Brooks, Dorothy Parker, Ernest Hemingway e Noël Coward. È stata una dei maggiori falsari della storia della letteratura. L’intuizione della scrittrice era semplice: far credere che si trattasse di lettere autentiche delle personalità defunte, offrendo un testo non licenzioso, a cui non era difficile poter credere. Quello che veniva offerto ai clienti erano opinioni personali, che fecero nascere l’interesse con solo dei collezionisti, ma della gente comune.
I primi sospetti e l’amicizia con Jack Hock
I primi sospetti arrivarono con i falsi del regista e commediografo britannico Noël Coward, in cui l’uomo avrebbe espresso in maniera quanto mai esplicita la sua omosessualità, condannata in quel tempo come reato carcerario e quindi difficilmente legata ad un documento tanto personale come una lettera. Un sospetto che pervase diversi compratori e attivarono i primi segni di interesse sull’attività della Israel.
Fu a causa di un commerciante che la donna si arrestò leggermente. A New York un negoziante si accorse che le lettere non erano autentiche e minacciò di testimoniare contro la scrittrice se quest’ultima non gli avesse dato cinquemila dollari. Questo, però, non significava che Lee Israel non potesse continuare nel suo circolo redditizio, ma che invece di vendere dei falsi, avrebbe potuto praticare ancora più nel dettaglio la contraffazione. Il procedimento della scrittrice era stato revisionato. Non rubava più le lettere dalle università o biblioteche, ma studiando prima gli originali, realizzava poi delle vere e proprie copie. Ad aiutarla nell’impresa di circolo del materiale e mantenendosi così a distanza da un ambiente che già aveva iniziato a notarla, assoldò un suo amico, il Jack Hock interpretato nel film da Richard E. Grant. Nel suo libro di memorie, Lee Israel descrisse il suo amico come un “alto omosessuale dai capelli di grano. Un conoscente di barman.”.
Hock era un fumatore accanito, spesso picchiato e ridotto a pezzi a causa del giro di trafficanti e criminali da strada in cui si era negli anni infilato. Ma era proprio attraverso queste conoscenze che aveva imparato a vivere senza dover pagare nulla. Era stato anche in prigione per due anni, con l’accusa di aver trattato il prezzo sul pagamento di una tariffa con un tassista, il tutto trattenendolo con un coltello. Fu proprio Jack a consigliare a Lee Israel come riciclare le sue lettere, aiutandola anche nella contrattazione dei prezzi delle opere, che grazie a lui raggiunsero quote ben più alte di quanto la scrittrice avesse pensato. L’uomo morì nel 1994 all’età di quarantasette anni, malato di AIDS.
Quella lettera di Ernest Hemingway e il romanzo Can You Ever Forgive Me?
Fu per colpa di una lettera contraffatta di Ernest Hemingway che la donna venne scoperta. Un commerciante di autografi di New York di nome David H. Lowenherz acquistò una lunga lettera scritta dall’artista. L’uomo si accorse che la lettera apparteneva alla collezione della Columbia University e si mise così in contatto con l’università provando che, quella in sua possesso, non era altro che un falso. L’università controllò, dunque, chi aveva avuto accesso alla collezione e scoprirono sulle carte che, a firmare di recente, era stata proprio Lee Israel. Fu l’FBI ad intervenire, portando alla luce un numero notevole di manufatti falsati, molti dei quali, ancora oggi, probabilmente sconosciuti.
Le lettere della Israel non le costarono il carcere. Nel 1993 si dichiarò colpevole di un sola cospirazione per il trasporto di beni rubati attraverso linee statali a scopo di lucro. Ricevette così sei mesi agli arresti domiciliari e cinque anni di libertà vigilata. La corte le ordinò di frequentare un programma di trattamento per i suoi problemi di alcolismo. E, in molte biblioteche, le fu impedito di entrare.
La vita da criminale di Lee Israel fu, in tutto, di soli tre anni, che le permisero però di diventare famosa, anche in seguito al libro da lei scritto che raccontava la sua storia. Romanzo che dà nome al film e che evidenzia i crimini che hanno segnato la sua vita e carriera. In seguito trovò lavoro come redattrice di alcune riviste accademiche. Nel suo libro Can You Ever Forgive Me? ha scritto: “Considero le lettere il miglior risultato della mia carriera.”.