Daria Nicolodi oltre Profondo rosso: i film cult della dark lady del cinema di genere
Il percorso artistico dell'attrice Daria Nicolodi, ex compagna di Dario Argento, tra le icone dei filoni horror e thriller all'italiana.
La giornalista Gianna Brezzi, la contessa Elisa De Longvalle Adler, la vicedirettrice del collegio femminile Frau Brückner. Daria Nicolodi, scomparsa il 26 novembre 2020, è stata la dark lady del cinema di genere, ex compagna di Dario Argento, celebre per aver interpretato svariati ruoli in ambito horror e thriller. Nata a Firenze il 19 giugno del 1950, ha partecipato giovanissima a Uomini Contro (1970) di Francesco Rosi, ispirato dal romanzo Un Anno Sull’Altipiano (1938) di Emilio Lussu. Uno dei celebri film sulla prima guerra mondiale, d’impronta pacifista, annoverava la Nicolodi come crocerossina, tra militari italiani dai differenti umori, interpretati da Gian Maria Volonté, Pier Paolo Capponi, Alain Cuny e Mark Frechette.
Daria Nicolodi: le prime esperienze sul grande schermo
L’attrice fu scritturata qualche anno per il terzo capitolo della c.d. ‘trilogia della nevrosi’ di Elio Petri, La Proprietà Non È Più Un Furto (1973). La pellicola in scia a Indagine Su Un Cittadino Al Di Sopra Di Ogni Sospetto (1970) e La Classe Operaia Va In Paradiso (1971) offrì alla Nicolodi il suo primo vero ruolo: Anita, l’amante di un macellaio truffaldino, con il volto e il corpo di Ugo Tognazzi, autrice di un memorabile monologo ‘anatomico’, in cui si presentava allo spettatore semi-vestita e su uno sgabello, declamando il suo essere una cosa, composta da singole parti, che vive “come se fosse un vaso pieno di buchi”. L’attrice proseguì il suo percorso artistico interpretando l’ambiguo personaggio della studentessa Elisa in Ritratto Di Donna Velata (1974).
Lo sceneggiato Rai in cinque puntate ottenne un discreto successo in termini di audience e costituì il preludio al provino per quello che avrebbe dovuto essere intitolato La Tigre Dai Denti A Sciabola, ovvero il quarto giallo zoonomico di Dario Argento, reduce da L’Uccello Dalle Piume Di Cristallo (1970), Il Gatto A Nove Code (1971) e 4 Mosche Di Velluto Grigio (1971). Daria Nicolodi, su consiglio dello sceneggiatore Bernardino Zapponi, è scritturata dal suo futuro compagno come coprotagonista insieme a David Hemmings per la parte della cronista per il celebre Profondo Rosso (1975), il film che consacrò entrambi a livello internazionale. Quella di Gianna Brezzi era una figura mascolina, inedita nel cinema italiano. Nervosa e frenetica.
A Daria Nicolodi si deve, inoltre, l’aver ‘consigliato’ il partner artistico e sentimentale nello scegliere alcuni giovani musicisti di straordinario talento, i Goblin, autori della colonna sonora più famosa e venduta della storia discografica tricolore. Il connubio tra Daria e Dario proseguì, ovviamente, con il capolavoro Suspiria (1977), primo capitolo della ‘trilogia delle tre madri’. Non l’ennesimo thriller, ma una storia di stregoneria, maledizioni e immortalità. Non più un assassino in carne e ossa, ma spiriti che, da secoli, dettano legge sull’umanità. Una sceneggiatura che derivava anche dai racconti della nonna della Nicolodi, ex allieva di una scuola di perfezionamento da cui fuggì perché temeva s’insegnasse anche la magia nera.
Nonostante il ruolo della studentessa di danza classica Susy Benner fosse stato scritto per la Nicolodi, l’attrice fu costretta a rinunciarvi, perché la distribuzione statunitense pretese Jessica Harper come protagonista. Fu, invece, quella dell’allora contemporaneo Shock (1977), diretto da Mario Bava, interpretando la parte di Dora Levi, una donna che vive con la figlia e il suo nuovo partner in una casa infestata da strane presenze dopo la morte del marito eroinomane. Un’interpretazione convincente per un horror moderno, differente, psicologico. Dora precipiterà in una spirale di paure sia rimosse che nascoste, da cui deriveranno timori e ostilità nei confronti della sua stessa famiglia, fino alla scoperta di un’orrida verità.
Il lungo sodalizio con Dario Argento
Dopo aver partecipato a La Venere D’Ille (1978), film televisivo di Mario e Lamberto Bava, l’attrice prende parte a Inferno (1980) di Dario Argento, interpretando Elise De Longvalle Adler, una nobildonna malata, affiancata dal suo lugubre maggiordomo John, ovvero Leopoldo Mastelloni. Il secondo capitolo della ‘trilogia delle madri’ non riprese i personaggi di Suspiria, ambientato a Friburgo e incentrato su Mater Suspiriorum, ma si focalizzava su Mater Tenebrarum, la strega di New York. Inferno elevò il tasso di soprannaturale nel cinema del regista, con omicidi visionari. Uno traguardo estetico e tecnico raggiunto mediante il ricorso a una sceneggiatura complessa, a una fotografia satura e a pregevoli effetti speciali.
All’alba di una nuova decade, Daria Nicolodi era in corsa anche per altri due ruoli, la parte di Anna nello slasher Maniac (1980) di William Lusting e quella della regina degli ermafroditi per l’ultima pellicola di Mario Bava, tratta dal racconto Un Amore A Siddo (1961) di Philip José Farmer. Un ritardo sulla data delle riprese comportò la sua sostituzione con Caroline Munro e la morte del maestro del gotico il 25 aprile 1980 interruppe un consolidato rapporto di lavoro. L’agenda dell’attrice continuò, tuttavia, a essere fitta d’impegni tra cinema, teatro e televisione. Immancabile un’apparizione in Tenebre (1982), il ritorno al thriller di Argento, come Anne, assistente dello scrittore Peter Neal, il protagonista, interpretato da Anthony Franciosa.
Tenebre è stato un film dal retrogusto a stelle e strisce ispirato da una vicenda accaduta al regista in quel periodo: un fan esaltato lo aveva minacciato più volte di morte, per fortuna, senza conseguenze. Un’esperienza poco gradevole che impressionò Argento. Il cineasta decise, come sua abitudine, di esorcizzare le proprie paure trasportandole sul grande schermo. Tre anni dopo, ancora per la regia di Argento, l’attrice ebbe l’ennesimo ruolo di rilievo, quello della vicedirettrice di un collegio femminile, Frau Brückner, in Phenomena (1985): un horror soprannaturale, con Jennifer Connely nei panni della studentessa Jennifer Corvino, sonnambula, in grado di comunicare con gli insetti e alle prese con una serie di delitti.
L’attrice caratterizzò al meglio anche questo fragile personaggio, destinato a subire un lento e graduale cambiamento. Dopo una partenza in sordina, quasi estraneo alla trama, emerge dalla stessa e sorprende lo spettatore in un finale mozzafiato. Da mite e timida signora a furiosa e pericolosa schizofrenica, custode di un segreto. Un cambiamento notevole per l’autrice della lunga scia di sangue, coadiuvata dal proprio figlio deforme. Nonostante il cineasta abbia ripetutamente espresso una particolare preferenza per questa pellicola, la Nicolodi non ne conservava un analogo buon ricordo, perché “nel film i buoni sono ricchi e belli, mentre i cattivi sono brutti e poveri. Mi è sembrata un’opera reazionaria, e un notevole passo indietro di Dario”.
Gli ultimi anni di carriera e il ritiro dalle scene
La rottura della relazione tra i due artisti, dopo una relazione durata dieci anni e la nascita della figlia Asia, non impedì, però, all’attrice, reduce dal film Maccheroni (1985) di Ettore Scola, di essere diretta una volta in più dall’ex compagno in Opera (1987). Una pellicola claustrofobica, girata in interni, tra backstage, camerini e appartamenti avvolti nel silenzio e nell’oscurità, squarciata da luci irreali e oniriche. Una condizione strumentale per il susseguirsi di fatti inquietanti durante la messa in scena del Macbeth (1605-1608) di William Shakespeare. Daria Nicolodi interpreta Mira, l’agente di Betty, ovvero Cristina Marsillach, un giovane soprano. Un personaggio che, al contrario del precedente, è eliminato nel corso della vicenda.
L’attrice diede un contributo notevole alla scrittura della sceneggiatura di Paganini Horror (1989) di Luigi Cozzi, storico collaboratore di Dario Argento e già occhio dietro la cinepresa per L’Assassino È Costretto A Uccidere Ancora (1975), Scontri Stellari Oltre La Terza Dimensione (1978) e Contamination (1980), partecipando al film come co-protagonista nei panni di Silvia, ex matricida, custode di una vecchia casa stregata. Nello stesso anno, l’attrice partecipa come narratrice anche a Sinbad Of The Seven Seas (1989), film d’avventura di Enzo G. Castellari, originariamente suddiviso in quattro puntate e destinato a un pubblico televisivo, ultimato dallo stesso Cozzi. Dieci anni dopo, invece, si ricongiunse sul set con Asia Argento.
Figlia e madre insieme nello stesso film, come nella vita, e ognuna nel proprio ruolo. Scarlet Diva (2000), primo lungometraggio diretto da Asia Argento, esordiente alla regia, descriveva la problematica vita di Anna Battista, attrice di film erotici, da lei stessa interpretata. Una donna travolta dalla sua professione, destinata a vivere sia la solitudine del suo vuoto appartamento che a fare i conti con apparizioni pubbliche, premiazioni, interviste provini e avventure erotiche. È la storia di un personaggio solo, inquieto, il cui vero amore, un cantante da cui aspetta un bambino, vive in Australia. Una vicenda segnata da vari flashback, tra cui quello significativo in cui appare Daria Nicolodi, che racconta un episodio traumatico dell’infanzia della protagonista.
Asia Argento, soltanto nel 2017, dichiarerà che “Scarlet Diva” era ispirata alla propria esperienza personale, in relazione allo scoppio del caso Harry Weinstein, cioè la rivelazione pubblica di molestie e aggressioni sessuali commesse anche a suo danno dal produttore cinematografico. Dieci anni prima, infine, figlia e madre erano state tra le protagoniste dello stregonesco La Terza Madre (2007), film conclusione della ‘trilogia delle madri’. La chiusura di un ciclo per Dario Argento e famiglia, così come della carriera cinematografica della Nicolodi, già da anni lontana dalle scene, le cui apparizioni televisive si erano parimenti diradate, fatta eccezione per la partecipazione a un episodio de L’Ispettore Coliandro (2009).