Dumbo: la storia vera dietro al film e la leggenda degli elefanti volanti
Il vero Dumbo non ha mai imparato a volare ma, proprio come quello del film Disney, adorava gli alcolici. Tuttavia c'è stato un tempo in cui gli elefanti volavano davvero!
Era il 1941 quando un elefantino di nome Dumbo conquistava i telespettatori grazie al classico d’animazione Disney, uscito in Italia col titolo Dumbo – L’elefante volante. Diretto da Ben Sharpsteen, Norman Ferguson, Wilfred Jackson, Bill Roberts, Jack Kinney e Samuel Armstrong e ispirato alla storia scritta da Helen Aberson e illustrata da Harold Pearl, questo cartone animato è intarsiato da diversi momenti tristi, pur contenendo in sé un grande insegnamento e tantissima dolcezza.
A 78 anni di distanza Tim Burton mette a disposizione della casa di Topolino la sua geniale immaginazione, portando in vita il dolcissimo Dumbo in un adattamento live action, al cinema dal 28 marzo. A farla da padrone sono sempre le sue grandi orecchie e gli occhioni dolci come il miele. Ma proprio adesso che lo vediamo più reale che mai è lecito domandarsi: è esistito davvero un elefantino volante? Ebbene, sulle orecchie che fungono da ali dobbiamo ricorrere a una leggenda, ma sulla reale esistenza di Dumbo se ne sa abbastanza. Questa gigantesca star del circo, infatti, era talmente famosa da vantare tra i suoi fan anche la regina Vittoria.
Il suo nome originale, però, non era Dumbo ma Jumbo (a cui tra l’altro si fa riferimento spesso anche nel live action) e fece il suo ingresso presso lo zoo di Londra nel 1865.Un gigante gentile che però non ha avuto una vita per niente facile: drogato e maltrattato.
Chi diede a Jumbo questo nome e cosa significa?
A dare all’elefante africano il nome di Jumbo fu Anoshan Anathajeyasri, che a quanto pare si lasciò ispirare dalle parole swahili jambo, che significa “ciao“, e jumbe, che significa “capo”. C’è però da notare che Anathajeyasri forse faceva riferimento al jambù, una pianta che cresce sul mitico Monte Meru e di cui si dice che i suoi frutti siano grandi come elefanti.
In ogni caso, è proprio dal nome dell’elefante, Jumbo, che venne fuori questo termine, che sta a indicare qualcosa di grandi dimensioni.
Dumbo: la storia vera a cui si ispira il film Disney
Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire l’iter biografico del vero Dumbo, nato in Sudan nel 1860 e morto a Londra il 15 settembre 1885. Il cucciolo fu catturato in seguito all’uccisione della madre per mano di un cacciatore di elefanti sudanese: Taher Sheriff, che poi lo vendette al commerciante italiano Lorenzo Casanova. Da lì passò al tedesco Gottlieb Christian Kreutzberg; dalla Germania andò in Francia, presso lo zoo Jardin des Plantes di Parigi, per poi essere venduto – il 26 giugno 1865 – allo zoo di Londra, dove raggiunse la massima popolarità divenendo una celebrità per grandi e piccini.
Fu durante il soggiorno inglese che Jumbo si ruppe le zanne urtandole contro il recinto in pietra. Qui il suo custode era Matthew Scott, che seguì il suo amico africano anche quando fu venduto, non senza proteste, al Barnum & Bailey Circus – nel febbraio 1882 per 2.000 sterline – giungendo così negli Stati Uniti.
Come dicevamo, il trasferimento di Jumbo dall’Inghilterra agli USA scaturì un bel po’ di proteste. Per l’esattezza, ben 100.000 bambini scrissero alla regina Vittoria, supplicandola affinché l’elefante non venisse venduto. Nonostante le polemiche, Jumbo fu ceduto a Phineas Taylor Barnum, che lo espose al Madison Square Garden di New York. Nell’arco di 31 settimane il famigerato circo – che tra l’altro ha chiuso i battenti nel 2017, dopo 146 anni di attività – riuscì a guadagnare ben 1,75 milioni di dollari e in gran parte proprio grazie a Jumbo.
L’elefante africano, che all’epoca era ben lontano dal successo cinematografico, divenne famoso anche per un’altra piccola impresa. Fu infatti uno dei 21 esemplari della sua specie ad attraversare, il 30 maggio 1884, il ponte di Brooklyn, dimostrandone così la sicurezza dopo che vi erano morte 12 persone.
Jumbo morì in Canada a causa di un incidente sui binari ferroviari, esattamente a St. Thomas, Ontario, il 15 settembre 1885. A quei tempi il circo attraversava il Nord America in treno e St. Thomas era una delle località ideali nelle quali soffermarsi per via della presenza di diverse linee ferroviarie. Esattamente dopo uno dei tanti spettacoli, mentre il personale del circo stava facendo rientrare sui vagoni Jumbo e gli altri animali circensi, un treno attraversò i binari, colpendo a morte l’elefante.
Dopodiché Barnum fece in modo di prolungare il successo derivato dalla sua attrazione principale, esponendo ciò che rimaneva in Jumbo in diversi siti, in modo da attirare i curiosi il più possibile. Dalle analisi successive al decesso risultarono diversi oggetti metallici come penny inglesi, chiavi e persino un fischietto della polizia nello stomaco dell’animale. Infatti, stando alle testimonianze di chi ha conosciuto il vero Dumbo, aveva l’abitudine di mangiare qualsiasi cosa gli venisse lanciata dai visitatori, compresi i giocattoli!
Dumbo e l’amore per l’alcol, nel film così come nella realtà
Se nel film d’animazione Disney c’è una scena molto divertente in cui Dumbo si ubriaca insieme al suo amico Timoteo, sappiate che episodi del genere erano all’ordine del giorno anche nella vita reale tra le acrobazie del circo Barnum.
Jumbo veniva infatti sedato con grandi quantità di champagne, porto e whisky e uno dei suoi cibi preferiti erano proprio i biscotti imbevuti negli alcolici. Considerate la grande quantità di whisky che è stata necessaria per trasportarlo da Londra agli Stati Uniti!
Jumbo: il più grande elefante mai esistito?
Come abbiamo detto in apertura, il nome dell’animale richiama alla memoria qualcosa di grandi dimensioni. Non è un caso che Jumbo abbia raggiunto la fama anche per via della sua stazza. Barnum ha dichiarato che aveva un’altezza di circa 4 metri. A indagare ulteriormente su questo aspetto è stato il naturalista David Attenborough: a lui e al suo team è stato concesso di visionare i resti di Jumbo presso l’American Museum of Natural History di New York, facendo luce sull’indimenticabile storia vera di un elefante straordinario.
Dagli esami condotti è venuta a galla la verità e la tragicità della vita di Jumbo. L’insolita stratificazione delle ossa (soprattutto l’anca), per esempio, ha denotato l’eccessivo stress a cui fu sottoposto. A detta del dottor Richard Thomas dell’Università di Leicester, questo gli ha provocato non poche sofferenze e inoltre lo stato di salute nel quale era all’età di 24 anni sembrava più simile a quello di uno stesso esemplare anziano, di circa 40 o 50 anni.
In merito alla leggenda circa le sue dimensioni, Barnum sosteneva che Jumbo fosse il più grande elefante africano del pianeta. In effetti vantava un’altezza di circa 4 metri, mentre in media un tipico elefante africano selvatico della stessa età è alto circa 2 metri e mezzo. Se a questo aggiungiamo che, secondo le analisi condotte, Jumbo stava continuando a crescere (gli elefanti maschi continuano a crescere fino a 40 anni), non è un’affermazione totalmente errata, ma certo non è stata mai provata!
La furia di Dumbo
Se durante il giorno risultava pacato, la notte Jumbo diveniva aggressivo, tanto che il custode Matthew Scott fu costretto a sedarlo con del whisky. A detta del sovrintendente dello zoo, Abraham Bartlett, Jumbo soffriva di “musth”, ovvero quella condizione naturale che colpisce i giovani elefanti maschi nel momento in cui divengono sessualmente maturi e che può farli diventare estremamente aggressivi. A detto del dottor Vicki Fishlock, però, nulla lasciava pensare a questa patologia dal momento che Jumbo era aggressivo solamente con i custodi e non con tutte le persone.
Tra le altre cose emerse a uno studio sul cranio dell’elefante si è notato lo stato poco salutare dei suoi denti, forse provocato dall’eccessivo consumo di ciambelle lanciategli dai visitatori. A sostenere l’ipotesi che la dieta seguita dal vero Dumbo non fosse delle più salutari la dottoressa Holly Miller la quale, esaminando il fegato di Jumbo, si è resa conto della dieta poco idonea seguita dalla star circense in questione, povera di erba, foglie, ramoscelli e corteccia.
Cosa resta di Dumbo oggi?
Oltre a un ricordo migliore della sua triste vita, ciò che restava di Jumbo fu perso durante un incendio che divampò presso la Tufts University, in Massachusetts.
Inoltre, anche diverso tempo dopo la morte, i suoi resti furono esposti al pubblico, continuando così ad alimentare la fama che lo aveva reso noto in vita.
Perché Dumbo vola? È l’unico elefante in grado di farlo?
Come sappiamo l’adattamento cinematografico si basa su un racconto, come la maggior parte dei film Disney. Ma da dove arriva l’idea di far volare un elefante? In realtà si tratta di una leggenda asiatica secondo la quale un tempo questi giganti africani avevamo la capacità di spiccare il volo, ma non solo! Essi erano infatti portatori di pioggia e in grado di cambiare forma, proprio come le nuvole.
A condannarli sulla Terra fu un saggio che, irato per la morte di alcuni suoi discepoli (causata dall’atterraggio maldestro di alcuni elefanti), decise di conferirgli una sola forma e di vincolarli alla terra ferma.
Ma il mito che aleggia attorno a questi animali non si esaurisce qui, bensì si aggancia in lungo e largo filosofia orientale. Basti pensare che un elefante bianco fu l’ultima incarnazione di Buddha prima che rinascesse come uomo e che nella cultura indiana Ganesh è uno degli dei più venerati, simbolo di grandezza e forza, ma anche di delicatezza. Essendo vegetariano, infatti, l’elefante non uccide al fine di cibarsi e, se trattato con amore, sa essere affettuoso e fedele.
Nella raffigurazione del dio elefante va notato il legame col topolino, suo mezzo di spostamento, che non può non farci pensare al legame tra Dumbo e Timoteo. La cosa risulta buffa, vista la paura degli elefanti nei confronti dei topi, ma nella filosofia indiana questa combo è davvero perfetta!
Concludendo possiamo dunque asserire che Dumbo non è l’unico elefante volante, a precederlo un tappeto rosso di leggende che fanno di questi enormi e bellissimi animali degli idoli sacri, irrorandoli di fantasie umane in grado di far sognare a qualsiasi età e in ogni tempo.