Ed Gein: la storia e i film ispirati al serial Killer
La vita, i dolori e il passato di Ed Gein, il macellaio di Plainfield, l'uomo che ha ispirato film come Il silenzio degli innocenti, Psyco e Non aprite quella porta.
Le vite dei serial killer sono spesso avvincenti e “fuori dal comune”, ecco perchè diventano fonte d’ispirazione per libri e film. Tra questi c’è un assassino, in particolare, che ha ispirato alcuni film molto importanti: il suo nome è Ed Gein, “il macellaio di Plainfield”.
Ed Gein nasce nel 1906 a La Crosse, nel Wisconsin. Ha un fratello, Henry, un papà, George, un nullafacente alcolizzato, e una mamma, Augusta, il vero capo famiglia. Augusta è una donna religiosa e autoritaria, severa e austera, e teme che i figli possano affacciarsi ai peccati del mondo esterno: per questo li relega spesso in casa e impedisce loro di vedere altre donne (per lei subdolo strumento del demonio).
Nel 1914, i Gein si trasferiscono a Plainfield, in un casale isolato e abbandonato da Dio, dove Henry e Edward possono “finalmente” crescere in isolamento e lontani dalla perdizione.
Quando George muore nel 1940, i rapporti tra Augusta e i figli si fanno sempre più morbosi: Edward si lega a lei in un modo quasi malato, ma Henry comincia a rifiutarne l’autorità. Non sopportando che Henry “maltratti” la loro madre, in un pomeriggio del 1944 Edward decide di escluderlo dai giochi, uccidendolo e abbandonandolo nei boschi (nessuno, però, lo accuserà di omicidio).
Nel 1945 muore anche Augusta ed Ed Gein rimane solo. Col tempo, manifesta passioni insolite e un po’ macabre, visita spesso il cimitero e ne riesuma i cadaveri, per portare a casa “souvenir” con cui arredare casa. Ed ha anche un debole per la pelle umana femminile, con cui crea conce per vestiti da indossare (e sentirsi, finalmente, donna anche lui).
Le ossessioni, piano piano, crescono ed Ed Gein passa dal trafugare cadaveri ad ammazzare la gente. Sono “solo” due le vittime collegate ufficialmente alla sua figura, entrambe donne, ma la brutalità con cui abusa dei loro corpi gli vale il soprannome di “macellaio di Plainfield” (Gein era solito scuoiare e smembrare le sue vittime).
E poiché Ed Gein risulta incapace di intendere e di volere, al momento dei fatti, non passa la sua vita in carcere, ma viene ricoverato nell’ospedale psichiatrico di Waupun, dove muore di tumore nel 1984.
Sembra la trama di un film, la storia di Ed Gein: le sue “avventure” sembrano uscite da un thriller di Alfred Hitchcock, da un dramma di Jonathan Demme o, peggio, da un horror di Tobe Hooper. E a pensarci bene è esattamente così.
Ecco 6 film che si sono maggiormente ispirati a Ed Gein nel corso degli anni
Ed Gein – il macellaio di Plainfield (2000), di Chuck Parello
Il film indipendente di Chuck Parello è un gioiellino del sottosuolo cinematografico americano, a bassissimo costo, con un cast pressochè sconosciuto, ma crudo, drammatico, diretto, come era la storia e la vita di Ed Gein.
Parello dirige un biopic in piena regola, soffermandosi con morbosità sul rapporto malato che Ed Gein intratteneva con sua madre, nello specifico, e con le donne, in generale, passando per le sue perversioni (non necessariamente erotiche) e il suo desiderio di essere donna, al punto da scuoiare le sue vittime per indossare la loro pelle come fosse un vestito nuovo.
Tutto Ed Gein – Il macellaio di Plainfield scorre come un resoconto perfetto sulla vita di Gein, sui volti della gente sconvolta per l’accaduto, perché Gein era un uomo tranquillo, un lavoratore per bene, una persona gentile, di certo non corrispondeva al ritratto di un assassino seriale e spietato.
“La verità è più spaventosa della finzione!” recitava la tagline del film. E nel caso di Ed Gein è tragicamente vero.
Three on a Meathook (1973), di William Girdler
È del 1973, invece, il film di William Girdler, regista indie con diverse incursioni nell’exploitation che racconta una storia di finzione, con riferimenti piuttosto esplicidi alla vita di Ed Gein.
Protagonisti del suo Three on a Meathook (letteralmente “i tre appesi al gancio del macellaio”) sono un gruppo di ragazze che, di ritorno da un fine settimana al lago, hanno un problema con la macchina e sono costrette a fermarsi in mezzo a una strada. Ad aiutarle arriva un uomo gentile, che si offre di ospitarle per un po’ nella sua fattoria. È l’inizio della fine e per le povere malcapitate si prospetta una notte di vero e puro terrore.
Three on a Meathook ricorda da vicino L’ultima casa a sinistra, capolavoro horror del 1972 diretto da Wes Craven, allora poco più che trentenne, e in qualche maniera anticipa The Texas Chainsaw Massacre – Non aprite quella porta, che Tobe Hooper avrebbe diretto l’anno successivo, nel 1974, ispirandosi anche lui alle vicende del temibile Ed Gein.
Deranged (1974), di Jeff Gillen e Alan Ormsby
Un anno dopo – lo stesso anno in cui Tobe Hooper girerà Non aprite quella porta – Jeff Gillen e Alan Ormsby dirigono Deranged, basandosi su una sceneggiatura scritta dallo stesso Ormsby e ispirata chiaramente ad Ed Gein, al suo passato e al suo morboso rapporto con la madre.
Protagonista di questa pellicola sconosciuta e un po’ grottesca è un contadino di nome Ezra Cobb, che dopo aver perso sua madre sprofonda in un baratro fatto di orrore e paura, omicidi e violenza.
Pur cambiando nomi e località, Deranged è dichiaratamente plasmato sul personaggio di Ed Gein e le atmosfere fredde e inquietanti del film evocano inequivocabilmente il suo passato.
Pur essendo un film di serie B, probabilmente anche a basso costo, Deranged ha una struttura narrativa molto potente, quasi documentaristica, e il protagonista Ezra Cobb, si divide abilmente tra una madre morbosa e autoritaria e le donne che lui stesso rapisce e sevizia, quasi come se stesse compiendo una specie di rituale.
Molto amato dagli appassionati del genere, Deranged è un piccolo gioiello sulla desolazione e disperazione dell’uomo, che scava a fondo nel disagio di una malattia mentale terribile e difficile da governare. Nonostante sia poco conosciuto, soprattutto dal grande pubblico, Deranged è un cult del cinema horror, che ha probabilmente ispirato numerosi film a venire.
Psyco (1960), di Alfred Hitchcock
Sguardo spiritato e un po’ assente, Norman Bates è un giovane di bell’aspetto che gestisce un motel a due passi dall’autostrada di Phoenix, in Arizona, il desolante e desolato Bates Motel.
Bella, sfacciata e con un bel bottino nella borsetta, Marion Crane è una giovane dipendente di un’agenzia immobiliare che ha appena rubato 40.000 dollari al suo capo per fuggire via con l’amore della sua vita, Sam Loomis, e adesso sta cercando un rifugio per distrarre la polizia.
Poco fuori dall’autostrada, Marion scorge il motel di Norman e decide di fermarsi: quello che non sa ancora è che probabilmente quella sarà l’ultima notte della sua vita e che l’uomo galante che l’ha ospitata è in realtà uno spietato assassino con un legame morboso e disturbante con la madre defunta.
Psyco è tratto dal romanzo di Robert Bloch, che è a sua volta ispirato alle vicende di Ed Gein, il macellaio di Plainfield. Il film è costato ad Alfred Hitchcock “solo” 800.000 dollari (un budget medio per un prodotto Hollywoodiano) ed è stato girato interamente negli Universal Studios di Hollywood a cavallo tra il 1959 e il 1960.
La scelta di girare il film interamente in bianco e nero non è stata solo stilistica, ma necessaria, per evitare il visto censura (considerando alcune scene di sangue nel film) e rendere così il film fruibile a quanta più gente possibile. E infatti, Psyco, è rimasto negli anni il grande successo cinematografico di Hitchcock, complici la sceneggiatura avvincente di Joseph Stefano e la colonna sonora inquietante e sincopata di Bernard Hermann.
Il silenzio degli innocenti (1991), di Jonathan Demme
A Baltimora c’è un assassino che sevizia, uccide e scuoia le sue povere vittime. Qualcuno lo chiama Buffalo Bill, ma nessuno è ancora riuscito a rintracciarlo. Per questo motivo, l’FBI ha bisogno dell’aiuto di un esperto del settore, il dottor Hannibal Lecter, noto criminologo, rinchiuso nel manicomio di Baltimora per aver ucciso e successivamente mangiato le sue vittime. Il dottor Lecter, tuttavia, è inavvicinabile: sarà la giovane ed intraprendente Clarice Starling a convincerlo a collaborare e aiutare l’FBI a catturare uno dei più spietati serial killer di tutti i tempi.
Tratto da un romanzo di Thomas Harris (il creatore della saga letteraria di Hannibal Lecter), Il silenzio degli innocenti è diretto da Jonathan Demme ed è ispirato ad Ed Gein, al suo tragico passato e al suo singolare modus operandi, con cui uccideva e scuoiava le vittime per farne vestiario o arredamento.
Il film è uno dei titoli di maggior successo della saga di Hannibal Lecter ed è stato definito uno dei 100 film americani più belli di tutti i tempi.
Nonostante Anthony Hopkins compaia nel film per soli 25 minuti, è riuscito a ottenere il premio come miglior attore protagonista alla notte degli Oscar del 1992. Coprotagonista della pellicola insieme a Jodie Foster, i due si incontrano per girare solo 4 scene, alcune delle quali tra le più intense ed inquietanti dell’intero film.
Non aprite quella porta (1974) di Tobe Hooper e Leatherface (2017) di Julien Maury e Alexandre Bustillo)
Divenuto un grande classico del cinema mondiale (di genere e non), Non aprite quella porta è il film che ha portato Tobe Hooper al successo internazionale, consacrandolo come maestro dell’horror e signore indiscusso del cinema indipendente americano.
Spacciato come mockumentary ispirato a fatti realmente accaduti, Non aprite quella porta non è tratto da una storia vera, ma si ispira per buona parte alla figura di Ed Gein e della sua scriteriata famiglia di contadini dell’entroterra americano. Tanto Gein quanto Leatherface, infatti, hanno dovuto fare i conti, nella loro vita, con l’ingombrante presenza di una madre autoritaria ed estremamente rigorosa, colpevole di buona parte dei loro traumi infantili, gli stessi che li hanno trasformati, poi, in assassini spietati e seriali. Anche gli interni della casa del film di Hooper sono stati realizzati partendo da alcune riprese effettuate nell’abitazione di Ed Gein successivamente alla sua cattura.
Nel 2017, Alexandre Bustillo e Julien Maury dirigono Leatherface, portando al cinema la loro personale versione dei fatti, affidando a Seth Sherwood la sceneggiatura originale e inedita di una storia di cui si era tanto sentito parlare ma di cui nessuno aveva ancora scritto: la vera storia dell’infanzia e dell’adolescenza di Leatherface, il suo rapporto malato e conflittuale con la sua famiglia e gli eventi che lo hanno successivamente portato a diventare uno degli assassini più crudeli della storia del cinema.