Le eroine Marvel in 7 fasi. Come è cambiata la donna nel MCU?
Da Pepper a She-Hulk, come è cambiata la scrittura dei personaggi femminili della Marvel.
Fin dal suo debutto nel cinema, la Marvel ha il potere di plasmare l’immaginario collettivo contemporaneo dei supereroi. Uomini forti, con abilità fuori dall’ordinario, scaltri, furbi e intelligenti, ma che nei momenti di difficoltà riescono a scendere a patto con le proprie emozioni prima di riuscire a sconfiggere il nemico di turno. Sono loro la vera punta di diamante del MCU.
Purtroppo, non si può dire lo stesso delle loro controparti femminili. Fin dal 2008, le supereroine seguono stilemi e cliché ripresi da altri generi cinematografici. Ruoli che vengono scritti seguendo degli stereotipi rigidi e poco lusinghieri per la figura femminile.
In questo articolo vogliamo mettere in luce il percorso che ha fatto la Marvel nella rappresentazione femminile prendendo come esempi alcuni dei personaggi che popolano il Marvel Cinematic Universe per analizzare come la scrittura dei ruoli delle eroine è cambiata nel tempo.
1. La mancata eroina della Fase Uno: Pepper
Fin dal suo debutto in Iron Man (2008), Pepper (Gwyneth Paltrow) viene introdotta come la segretaria di Tony Stark. Un ruolo che cambia in fretta, quando diventa la sua compagna.
Ma ancor prima, Pepper è rappresentata tramite uno spiccato senso materno. Agli occhi dello spettatore, il suo ruolo di segretaria si è sempre esteso anche al di fuori del lavoro diventando quasi una custode di Tony Stark. Pepper, in tutti i film in cui è comparsa, vortica attorno al milionario filantropo che, al contrario, è capriccioso e non pensa due volte prima di agire. Pepper è un personaggio che esiste solamente in funzione di Iron Man: la sua caratterizzazione si limita al suo ruolo nell’azienda prima e come compagna poi.
Durante il secondo film della trilogia, Pepper viene promossa CEO della Stark Industries solamente perché è la fidanzata del suo capo, alludendo che le mancano vere capacità di gestione e di leadership, così come è carente nel coltivare la sua vita sociale.
Pepper è un personaggio che compare poco e, quando lo fa, orbita solamente attorno a Tony. Non ha rapporti d’amicizia con nessun altro, non parla nemmeno con nessun altro se non di questioni che riguardano strettamente Stark.
Nella vita reale (e di conseguenza in un film con una scrittura che ha maggior cura per tutti i personaggi coinvolti), l’amministratrice delegata di un’azienda avrebbe il potere di prendere qualsiasi decisione esecutiva. Tuttavia, Pepper si rivolge costantemente a Tony cercandone l’approvazione.
In Iron Man 3 (2013), Aldrich Killian, per vendicarsi del rifiuto ricevuto da Tony, la rapisce e le dona momentaneamente i poteri. Un passo falso per Killian che verrà sconfitto proprio da Pepper, un’impresa in cui Tony non era riuscito.
Il film si conclude con Tony che la rassicura che la farà “tornare normale”, rimuovendole in fretta i poteri e Pepper torna quella di prima. Anzi, è ancora più legata al suo ruolo di compagna e madre severa e bacchettona.
In una breve comparsa nel finale di Spider-Man: Homecoming in cui lei e Tony discutono del matrimonio. La sua ultima parte nel Marvel Cinematic Universe corrisponde anche all’ultima volta in cui compare Tony Stark, con la differenza che lui muore mentre lei cade nel dimenticatoio.
2. La strage nella trilogia Marvel di Iron Man: Vedova Nera
La trilogia dedicata a Iron Man non è stata una tripletta fortunata per quanto riguarda la rappresentazione femminile. Il modo in cui è stata introdotta Vedova Nera non è piaciuto nemmeno alla sua interprete Scarlett Johansson che, durante la promozione di Black Widow nel 2021, ha ricordato la caratterizzazione sessista del suo personaggio.
Vedova Nera è stata introdotta nel Marvel Cinematic Universe col film Iron Man 2 (2010) nei panni di Natasha Romanoff, un membro dello S.H.I.E.L.D. agente incaricato di vegliare sul genio spericolato Tony Stark. Natasha è un’abile agente con un alto intelletto e invidiabili capacità di combattimento, ma non per queste qualità che si fa notare.
La maggior parte dei suoi momenti sullo schermo sono stati spesi sottolineando quanto fosse desiderabile piuttosto che dimostrare le sue impressionanti doti di supereroina. Quando facciamo la sua conoscenza, Natasha indossa un aderentissimo costume unico nero scollato sul seno. Un costume da eroina poco pratico durante le scene d’azione e le battaglie, ma funzionale per attrarre lo sguardo maschile che – agli inizi degli anni 2000 – era l’unico target di riferimento della Marvel.
Ci è voluto più di un decennio nel MCU per cambiare le cose (anche se non sono ancora perfette) e l’attrice che ha dato vita a Natasha è stata in grado di verbalizzare il suo disagio: “Girare Iron Man 2 è stato davvero divertente e ci sono stati molti bei momenti, ma il personaggio è così sessualizzato” ha spiegato Johansson durante un’intervista “Si parlava del mio personaggio come se fosse un pezzo di qualcosa, come se fosse un possedimento o una cosa, un oggetto. Tony Stark si riferisce persino a lei in quel modo, ad certo punto la chiama un pezzo di carne (traduzione letterale dal termine inglese piece of meat, un termine estremamente misogino). Forse in quel momento sembrava davvero un complimento, capisci cosa intendo?” ha continuato “Poiché il mio pensiero era diverso e la mia autostima era probabilmente legata a quel tipo di commento”.
3. La dipendenza emotiva di Scarlet Witch
Nonostante uno tra i personaggi più potente e apprezzato nei fumetti Marvel, Wanda Maximoff (Elizabeth Olsen) è stata per molto tempo vittima di un tipo di rappresentazione unilaterale prima di essere ripescata per essere la protagonista sfaccettata e potente di Doctor Strange nel Multiverso della follia e in WandaVision. Sotto l’aura del suo potere si nasconde un’orfana emotivamente instabile, resa vulnerabile in tutti i momenti sbagliati.
Al suo debutto in Avengers: Age of Ultron è giovane e potente, ma i Marvel Studios non si tirano indietro nell’enfatizzare questo aspetto infantile in tutte le sue apparizioni da quel momento in poi.
Scarlet Witch da sola paralizza gli Avengers per poi fermare un treno in movimento con i suoi poteri. Tuttavia, dopo essersi alleata con gli Avengers, i suoi poteri sembrano tutto ad un tratto indebolirsi.
Wanda, a causa della tragedia che l’ha colpita da piccola, sviluppa una vera e propria dipendenza emotiva nei confronti delle figure maschili simili a suo padre. Una dipendenza che continuerà per Visione in WandaVision e poi si sposta verso i suoi figli nel secondo capitolo di Doctor Strenge. Un attaccamento che diventa ancora più spiccato quando suo fratello gemello muore, da cui dipendeva per il conforto e la stabilità emotiva.
Da eroina forte e impavida, Wanda diventa ingenua e sconsiderata. In Captain America: Civil War, le sue azioni impulsive provocano la morte di civili innocenti, ma viene continuamente assolta da qualsiasi senso di colpa da parte degli Avengers che la trattano come una bambina e non le lasciano mai assumersi la responsabilità delle sue azioni. Solo in Avengers: Infinity War finalmente viene riconosciuto il suo potere, ma non prima di averla ritratta come una damigella in pericolo.
Verso l’inizio del film, lei e Visione vengono attaccati e, tendendo bene a mente i poteri di entrambi, i suoi da soli dovrebbero essere più che sufficienti per uccidere i loro aggressori. Invece viene salvata abilmente da Capitan America.
La pratica di introdurre un personaggio femminile descrivendolo come inarrestabile, forte e abile per poi ridurre i poteri della supereroina in questione fino a diventare inutile durante le battaglie decisive è un escamotage che la Marvel ha usato per anni. L’esempio lampante è Avengers: Endgame, sponsorizzato dalla stessa Marvel come un film girl power e un punto di svolta per la rappresentazione senza esserlo veramente, ma ci torneremo più tardi.
4. Il primo film stand alone di una supereroina del MCU: Captain Marvel
I traumi emotivi delle protagoniste della Marvel causati dai personaggi maschili sono una caratteristica dell’intero MCU, ma per Captain Marvel (Brie Larson) questo si traduce nei tentativi del suo mentore di tenere sotto un ferreo controllo le sue emozioni.
Durante la scena d’apertura del suo film stand alone d’esordio, Carol si sta addestrando con il suo mentore Yon Rogg che, quando lei cerca di usare i suoi poteri per difendersi, la intima di controllarli perché “niente è più pericoloso per un guerriero delle emozioni”.
Il film è costernato di flashback della vita di Carol, in particolare sul tempo trascorso nel campo d’addestramento dell’aeronautica americana. Durante un’esercitazione come pilota, i suoi compagni la prendono in giro continuandole a ripetere quanto sia emotiva fino alla classica frase (“sai perché la chiamano cabina di pilotaggio, vero?”) partorita dalla convinzione misogina che una donna non abbia le capacità per stare lì con loro a svolgere un compito considerato maschile.
In seguito si scopre che i suoi poteri sono sempre stati sotto il controllo di Yon Rogg. Per tentare di giustificarsi, Rogg afferma di averla resa la migliore versione di se stessa perché lei non aveva il forza necessaria per controllarsi.
Il momento cruciale del film arriva quando finalmente Carol si libera dal lavaggio del cervello che Yon Rogg le aveva fatto in tutti questi anni e riesce a sbloccare il suo pieno potenziale. La scena segna la prima volta in cui Captain Marvel visto come una supereroina con una vera forza e pieni poteri, non solamente una donna con lotte emotive. Alimentata dalla rabbia e dalla frustrazione, Capitan Marvel combatte contro Yon Rogg mentre, non a caso, la canzone “I’m Just a Girl” dei No Doubt suona in sottofondo. Alla fine del film, Yon Rogg viene bandito sulla Terra, ma non prima di aver attaccato emotivamente Carol dicendogli di tenere a bada le sue emozioni o avranno ala meglio su di lei.
Sebbene possa sembrare che con Captain Marvel la MCU abbia deciso di fare un passo avanti, con il già nominato Endgame tutte le speranze di una rappresentazione femminile quanto meno non pigra spariscono.
5. Perché Avengers: Endgame è il perfetto esempio di tokenismo
All’uscita di Avengers: Endgame (2019), il pubblico e la critica lo hanno elogiato mettendo in luce le supereroine che, fino a quel momento, non avevano mai lavorato insieme. Dei complimenti che sono nati anche in vista della Fase Quattro (iniziata con WandaVision nel 2021) che, prometteva la Marvel, sarebbe stata la fase più inclusiva grazie ad una maggiore attenzione sulla varietà nei protagonisti nel genere d’appartenenza, nell’orientamento sessuale e nell’etnia.
Endgame viene definito inclusivo principalmente per via di un’unica breve sequenza: Captain Marvel sta per essere attaccata, ma viene affiancata dalle altre supereroine con cui attacca l’esercito nemico, ma vengono sconfitte poco dopo. Mentre le altre eroine (tra cui Scarlet Witch, Gamora, Shuri e Okoye) combattono contro l’esercito, Captain Marvel riesce a prendere il guanto con le Gemme dell’Infinito e viene inseguita da Thanos. La battaglia tra i due dura una manciata di secondi e si conclude con il guanto che le sfugge sul campo di battaglia.
Questa sequenza di Endgame è un perfetto esempio di tokenismo, ossia la pratica di compiere solo uno sforzo superficiale e puramente simbolico per tentare di essere inclusivi nei confronti dei membri dei gruppi minoritari. La Marvel punta principalmente più a questo, ad un vuoto simbolismo il cui risultato sono scene forzate e condiscendenti per gli spettatori, ma che non celebrano davvero l’inclusività.
L’inclusività femminile dovrebbe essere organica, un’affermazione naturale che costituisce un’aggiunta significativa alla trama del film. Il ruolo delle eroine in questo film non offre contributi significativi anche a causa di un minutaggio estremamente ridotto: Captain Marvel compare per solamente 6 minuti di film (sebbene fosse stata introdotta come un’arma insostituibile per sconfiggere Thanos), Pepper per 4 e Wanda per 2 minuti.
6. La parentesi delle serie tv: She-Hulk
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Per quel che riguarda la rappresentazione femminile, She-Hulk (2022) è sicuramente il prodotto Marvel migliore fino ad ora. Il personaggio di Jennifer, però, non deve essere considerato un obiettivo raggiunto quanto un punto di partenza.
La serie inizia con la trasformazione di Jennifer in Hulk a causa di un incidente che le cambierà completamente la vita. A differenza di suo cugino Bruce, Jennifer non ha problema nel controllarsi, sa trasformarsi a suo piacimento e la sua ira non prende mai il sopravvento. Jennifer non viene vista come un mostro, anzi le vengono aperte porte che prima erano sigillate: un lavoro in uno studio legale rinomato, processi incentrati sui diritti dei detentori di superpoteri e l’attenzione maschile di uomini che prima non le avrebbero rivolto uno sguardo.
Ben presto tutto questo diventa un’arma a doppio taglio. Tutti vogliono She-Hulk, non Jennifer.
La serie si focalizza principalmente sul suo rapporto con gli uomini in ogni sua sfaccettatura, sia nel lavoro che nella vita privata.
Uno dei momenti più emblematici è la sequenza dedicata agli appuntamenti al buio. Jennifer decide di provare le app di incontri, senza ricevere nessun match, ma quando fa un profilo per She-Hulk e si presenta trasformata agli appuntamenti le cose cambiano drasticamente.
Tutti sono affascinati da lei e glielo fanno capire tramite atteggiamenti viscidi o passivo-aggressivi. Si potrebbe pensare che l’apice viene raggiunto quando Todd non riesce ad accettare i costanti rifiuti di Jennifer e cerca in tutti i modi di far colpo su di lei, enfatizzando specialmente su quanto sia ricco.
Ma ben presto la serie diventa più dark e oscura nelle tematiche, parlando apertamente di revenge porn. Quando viene trasmesso (durante la premiazione di tutte le avvocate dello studio che vengono chiamate, per l’occasione, avvocato donne) un filmato girato di nascosto mentre sta consumando un rapporto sessuale, Jennifer si trasforma in una Hulk in tutto e per tutto iniziando a distruggere la sala e spaventando i presenti. A differenza di Hulk il cui motore è proprio la rabbia che viene elogiata e, spesso, scaturisce da motivi futili o inesistenti, Jennifer è furiosa per un motivo reale. Quel che le è stato fatto è una violenza inaudita sotto più punti di vista, ma che viene vista come esagerata e ingiustificata. È lei che viene punita e umiliata, sebbene nel video compaia anche il suo aguzzino a cui, al contrario, non viene data nessuna attenzione né dagli ospiti né dai media che riportano la notizia.
7. La risposta del pubblico alle nuove protagoniste Marvel
She-Hulk è una serie sagace, divertente e satirica non solo per le vicende che coinvolgono la protagonista, ma anche per come riesce a riportare in modo puntale dei feedback da parte degli spettatori, anticipandone le reazioni.
Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un fenomeno che si ripete ogni volta, come un circolo vizioso.
Che si tratti di un remake, di un sequel o un prequel, di una nuova rilettura di una serie tv o di un film, di un adattamento o di un prodotto originale, se si sceglie di avere come protagonista un personaggio che esce fuori dai canoni degli stereotipi che sono stati imposti per decenni ai personaggi femminili e a quelli di etnia differenti da quella caucasica, i commenti sono sempre gli stessi. Si inneggia al politicamente corretto, i film e le serie tv vengono boicottate e, prima ancora dell’uscita, il prodotto in questione riceve valanghe di critiche estremamente negative.
Jessica Gao, la showrunner, conosce benissimo questi meccanismi e ne ha fatto un punto di forza della serie, rompendo la quarta parete e introducendo un rapporto diretto tra Jennifer e il pubblico (specialmente quello maschile) commentando quali sarebbero stati i commenti dei fan uomini della Marvel alla serie. Le critiche poco costruttive diventano così parte integrante dello show.
Gao mette nero su bianco il meccanismo tossico che porta una buona fetta del fandom a non approcciarsi a prodotti seriali e cinematografici che non voglio distanziarsi dalla formula solita, quella che ha reso Pepper un surrogato materno di suo marito e che vuole che Scarlet Johansson sia solamente una bambolina gradevole per lo sguardo maschile.