Fabrizio Gifuni e la rivincita della fragilità. Ritratto di un attore poliedrico e appassionato
Un attore talentuoso, impegnato e sensibile dalla lunga e solida carriera, sempre capace di sorprendere, vincitore del suo secondo David di Donatello.
Vince il talento puro, l’impegno, la gavetta, vince un attore capace di “tramutarsi” nei personaggi che interpreta, Fabrizio Gifuni ha vinto il David di Donatello 2023 per il ruolo di Aldo Moro in Esterno Notte di Marco Bellocchio, film in sei capitoli applaudito da pubblico e critica. Lo scorso anno presentato al Festival di Cannes l’autorevole testata Libération commentando il film ha scritto: “Bellocchio trasforma il piombo in oro”. Il modo migliore per definire quest’opera che ritorna sul rapimento Moro dopo il film del 2003 Buongiorno, notte, una storia controversa che tormenta ancora il nostro Paese dopo 45 anni.
Fabrizio Gifuni incarna la sofferenza di Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana rapito nel 1978 dalle Brigate Rosse, prigioniero martire, in attesa di essere liberato, di essere aiutato dal suo partito, da Cossiga, dal Papa Paolo VI, con nel cuore e nei pensieri, scritti in strazianti lettere, la moglie Eleonora, la sua famiglia, l’adorato nipotino. Fragilità e paura di un leader politico che gradualmente diventa davanti ai nostri occhi un uomo come tanti di fronte alla morte: “Che cosa c’è di folle nel non voler morire?”, chiede Aldo Moro al suo confessore. Con i suoi “piccoli occhi mortali” guarda a un futuro che non c’è, fagocitato dalla Storia e dalle logiche politiche, “l’irridente silenzio” dei suoi compagni di partito di cui parla nelle sue lettere dalla prigionia, vittima di mancanza di misericordia e umanità. “Vorrei capire come ci si vedrà dopo, se ci fosse luce, sarebbe bellissimo”, recita Gifuni le parole di commiato in una mimesi straordinaria. Parole che l’attore ha anche portato a teatro con lo spettacolo Con il vostro irridente silenzio. Studio sulle lettere dalla prigionia e sul memoriale di Aldo Moro.
Fabrizio Gifuni – Attore poliedrico e sensibile
L’attore romano, classe 1966, diplomato presso l’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico, ha una carriera solida, costellata da importanti ruoli al cinema e a teatro, forse non così popolare come altri attori del nostro cinema, ma capace di incidere profondamente con le sue performance nello spettatore: come nel ruolo del giornalista Giuseppe Fava, ucciso da Cosa Nostra nel 1984 nel film TV Prima che la notte di Daniele Vicari, in quello di Carlo Tommasi ne La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana, con il cinico Giovanni Bernaschi in Il capitale umano di Paolo Virzì, per il quale ha vinto il suo primo David di Donatello, e, cambiando totalmente registro, con il personaggio del rude Leonida Riva nel film di Ludovico Di Martino La Belva, in cui Gifuni si trasforma fisicamente e si dà all’action, in un ruolo “alla Liam Neeson” sorprendente, scardinando così, almeno in Italia, la concezione che un attore come lui possa fare solo ruoli “impegnati”. Una lezione che all’estero hanno imparato da tempo, si pensi a Steve Carell che dal demenziale 40 anni vergine e alla brillante serie comica The Office è passato a ruoli drammatici come quello in Foxcatcher – Una storia americana per il quale è stato candidato agli Oscar.
Solo interpreti preparati, talentuosi e sensibili come Gifuni possono calarsi in ruoli così diversi risultando sempre credibili e dimostrando come lo studio e la passione per il proprio lavoro possano portare a questi risultati. Al di là dei premi (nel suo caso due David, due Nastri d’Argento) quello che colpisce ed emoziona è la strada che un artista può fare per realizzare i propri sogni senza dimenticare cosa e chi si è lasciato alle spalle , come ha spiegato nel toccante discorso di ringraziamento ai David 2023: “Ringrazio una classe formidabile di compagni e compagne con cui 30 anni fa siamo usciti pieni di speranze da una classe di Accademia con grandi sogni, uno più bravo dell’altro. Vorrei ringraziare le persone che mi hanno accompagnato in questi anni anche solo per un tratto di strada facendolo con il cuore. Ringrazio Giuseppe Bertolucci, Antonio Capuano, Davide Manuli e Claudio Caligari che mi hanno insegnato sul campo il valore dell’indipendenza e della libertà creativa svincolata dalle logiche del profitto.”
Fabrizio Gifuni – La bellezza della fragilità
Sempre nel suo discorso ai David ha ringraziato anche la sua lentezza e le sue fragilità, e poi il gioco, la fantasia, antidoti a questo tempo decadente, parole che rivelano una grande sensibilità, il suo essere un “outsider” in una società in cui bisogna sempre mostrarsi vincenti, forti e senza paura, una società dell’immagine svuotata spesso di contenuti. Per fortuna ci sono il cinema, la musica e il teatro a risollevarci dalla solitudine e dall’alienazione, e artisti come Gifuni a mostrarci la bellezza salvifica dell’arte, quella sincera e incisiva come quella premiata ai David di Donatello 2023, sperando che continui a essere così luminosa e talentuosa.