I 20 film sui cani più belli dagli anni ’40 al 2018
Da Torna a casa, Lassie! a Belle & Sebastien passando per La Carica dei 101, Frankenweenie, Io & Marley. Ecco tutti i film con e sui cani più belli, da vedere per farci apprezzare la compagnia dei nostri amici a quattro zampe!
Con l’ultimo atteso film di Wes Anderson, L’isola dei cani, finalmente nelle sale italiane e Show dogs – Entriamo in scena pronto a raggiungerlo il 10 maggio, si rinnova il solidissimo legame fra il cinema e il migliore amico dell’uomo, usato spesso sul grande schermo come base di storie divertenti e allo stesso tempo profonde, capaci di esprimere la fedeltà e il disinteressato amore dei nostri amici a 4 zampe. Per l’occasione, noi di Cinematographe abbiamo selezionato per voi i 20 migliori film sui cani, da recuperare o rivedere per aiutarci a ricordare l’importanza nelle nostre vite di questi dolci e affettuosi animali. In rigoroso ordine cronologico, dagli anni ’40 ai giorni nostri, di seguito trovate le nostre scelte.
Film sui e con i cani: i 20 più belli dagli anni ’40 al 2018
Torna a casa, Lassie! (Fred McLeod Wilcox, 1943)
Inevitabile cominciare questo nostro excursus sui migliori film sui cani con uno dei più celebri e amati protagonisti a 4 zampe del cinema, ovvero il pastore scozzese Lassie, icona di un vero e proprio franchise che ha attraversato piccolo e grande schermo. La storia di questo celeberrimo personaggio cinematografico nasce nel 1940 con il romanzo di Eric Knight Torna a casa, Lassie!, che dopo il successo nelle librerie trova un’omonima trasposizione cinematografica nel 1943. Nel pieno della disastrosa Seconda Guerra Mondiale, Lassie parla al cuore degli spettatori di tutto il mondo con una storia struggente ma mai ricattatoria di povertà, amicizia e fedeltà, che contribuisce ad accendere la luminosa stella di Elizabeth Taylor, interprete della piccola Priscilla, principale alleata di Lassie per il suo ritorno a casa dal padroncino Joe.
I migliori film sui cani: Umberto D. (Vittorio De Sica, 1952)
Passiamo dalle atmosfere ovattate del cinema americano al più duro e doloroso neorealismo italiano, che nel 1952 trova con Umberto D. di Vittorio De Sica una delle sue massime espressioni. Protagonista della vicenda è l’anziano pensionato Umberto Domenico Ferrari, che incarna il decadimento, la miseria e la solitudine di un’interna nazione uscita con le ossa rotte dal conflitto bellico. Unico appiglio di Umberto, in bilico fra la minaccia di sfratto, le sue pessime condizioni fisiche e la sua insopprimibile dignità, è il cane meticcio Flaik, emarginato come lui ma animato da un’ardente vitalità e da un’indomita fedeltà al proprio padrone. Nel vortice emozionale del film, sarà proprio Flaik a fare recedere Umberto dai propri istinti suicidi e a dargli una ragione per rimanere aggrappato alla sua amara ma ancora accesa esistenza.
I cani parlano nel film Lilli e il vagabondo (Wilfred Jackson, Hamilton Luske e Clyde Geronimi, 1955)
Passiamo al 1955 con una pietra miliare della Disney e di tutto il cinema d’animazione, ovvero Lilli e il vagabondo. Quella fra l’agiata cocker Lilli e il randagio schnauzer Biagio è una delle storie d’amore più conosciute e apprezzate da grandi e piccini, fissata nell’immaginario collettivo soprattutto dalla celeberrima sequenza del bacio con gli spaghetti, il momento più romantico della fuga sentimentale dei due cani. Nessuna principessa Disney, elementi magici e sovrannaturali assenti, ma la stessa inimitabile capacità da parte della casa di Topolino di raccontare, anche attraverso il mondo canino, una storia particolare e allo stesso tempo universale, fatta di indifferenza, amore e isolamento, dove due personaggi e caratteri diametralmente opposti trovano un dolce e incantato punto d’incontro.
Zanna gialla (Robert Stevenson, 1957)
Restiamo in ambito Disney, ma con una storia decisamente più cupa e triste, ovvero quella di Zanna gialla, film di Robert Stevenson basato su Il mio amico Yeller di Fred Gipson. Il West funge da ambientazione di un racconto che per una volta non è incentrato su cowboy e fuorilegge, ma sulla toccante amicizia fra i giovani fratelli Travis e Arliss e Vecchio Giallo, cane randagio adottato dalla famiglia dei ragazzi. Zanna gialla esplora con qualche ingenuità ma evidente sincerità il rapporto fra cane e padrone, mostrando sia il lato più frivolo e divertente sia quello più doloroso, con la rabbia contratta dal cane che obbliga la famiglia a prendere scelte difficili e laceranti. L’amarezza di questo racconto di formazione si mescola però con la speranza, ricordandoci che sulla nostra strada troveremo sempre nuovi amici a 4 zampe a cui concedere il nostro cuore.
La carica dei 101 (Wolfgang Reitherman, Hamilton Luske e Clyde Geronimi, 1961)
Ancora grande cinema d’animazione per un vero e proprio classico della Disney, ovvero La carica dei 101, pellicola del 1961 che ha poi avuto un remake in live-action nel 1996. La vita di un’allegra e spensierata cucciolata di cani dalmata viene scombussolata dai piani della spregevole Crudelia De Mon, ricca e arrogante signora decisa a rapire gli animali per ampliare la sua dotazione di pellicce. È l’inizio del percorso di una delle più celebri e odiate villain della Disney, capace di racchiudere con il suo cinismo, la sua boria, il suo portamento altezzoso e l’iconico fumo giallastro che la accompagna costantemente tutti i vizi di un’aristocrazia sempre più prevaricante e chiusa in se stessa. Per contrasto, a emergere sono i teneri e vivaci cuccioli bianchi a chiazze nere, protagonisti di un’avventura ancora oggi ampiamente godibile per gli spettatori di tutte le età.
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Beniamino (Joe Camp, 1974)
Approdiamo agli anni ’70 con Beniamino, leggera e spensierata avventura per famiglie con protagonista il piccolo meticcio che dà il titolo al film e che diventa l’inaspettato eroe nella caccia a due rapitori di bambini. Nonostante una trama rivolta all’osso e una messa in scena basata prevalentemente sull’espressività e sulle evoluzioni del protagonista a 4 zampe, che oggi ci appare inevitabilmente datata, Beniamino fece immediatamente breccia nel cuore del pubblico, rivelandosi uno dei maggiori successi al botteghino del 1974, conquistando una nomination all’Oscar per la migliore colonna sonora e dando il via a una lunga serie di seguiti arrivati fino al 2004. Il film ha avuto inoltre recentemente un remake, diretto da Brandon Camp (figlio del regista del primo capitolo) e distribuito su Netflix.
Cane bianco (Samuel Fuller, 1982)
Arriviamo agli anni ’80 e a una delle più inquietanti pellicole incentrate sull’universo canino, ovvero Cane bianco di Samuel Fuller, già in precedenza dietro alla macchina da presa per vere e proprie pietre miliari della Settima Arte come Il corridoio della paura e Il grande uno rosso. Un film sciaguratamente accusato di razzismo, nonostante il messaggio alla sua base fosse l’esatto opposto, e per questo motivo bandito dalle sale americane, ma capace di guadagnarsi col tempo e con il passaparola la meritata fama di cult del genere.
Cane bianco è un thriller cupo e intenso, che sfrutta l’inquietante e misteriosa tendenza del protagonista a 4 zampe all’aggressione nei confronti delle persone di colore per mettere in scena una pungente e sagace metafora delle sempre vive tensioni razziali, nonché una dolorosa riflessione sugli istinti più primordiali e irreprimibili degli uomini e degli animali. Un film da recuperare o rivedere non solo per gli amanti dei cani, ma per tutti gli amanti di un cinema disturbante e intelligente, capace di scuotere e colpire lo spettatore come un inaspettato pugno allo stomaco.
Antarctica (Koreyoshi Kurahara, 1983)
Arriviamo al 1983 e a quello che è senza ombra di dubbio uno dei migliori film sui cani mai realizzati, ovvero Antarctica di Koreyoshi Kurahara. La pellicola racconta la vera storia di un gruppo di 15 cani husky, abbandonati per causa di forza maggiore durante una spedizione al Polo Sud e costretti a trovare un modo per mantenersi in vita, senza cibo né riparo ma con il reciproco supporto e il loro incrollabile istinto di sopravvivenza. Antarctica è un film struggente e di rara poesia, che miscela un taglio quasi documentaristico (le riprese hanno richiesto più di 3 anni) con un’invidiabile abilità nel racconto per immagini, retto unicamente dagli straordinari protagonisti a 4 zampe, ben più abili della stragrande maggioranza dei colleghi umani, e dalle indimenticabili musiche del leggendario compositore Vangelis, che esaltano i momenti più intensi e toccanti.
Difficile, anche per i cuori più ghiacciati degli inospitali territori del Polo Sud, trattenere le lacrime. Non soltanto per le dolorose e funeste peripezie che i cani sono costretti ad affrontare, ma anche e soprattutto per l’invito alla fratellanza, anche nelle più proibitive situazioni, e per lo splendido ritratto di una natura nemica e allo stesso tempo amorevole madre, capace di ostacolare la vita ma anche di spronare ogni essere vivente a trovare le forze per sopravvivere anche nelle più atroci difficoltà. Un inno alla voglia di vivere e alla magia dell’ambiente, imprescindibile non solo per gli amanti dei cani, ma per tutti gli appassionati del cinema più vero e passionale.
Cujo (Lewis Teague, 1983)
Proseguendo nel nostro viaggio fra i migliori film sui cani della storia del cinema, arriviamo a Cujo, trasposizione per il grande schermo di una delle più letali e spaventose belve partorite dalla mente del maestro dell’horror Stephen King. Il protagonista è un esemplare di San Bernardo che contrae accidentalmente la rabbia, trasformandosi in un mostro capace di seminare una scia di sangue e paura, soprattutto nei confronti di Donna e il figlio Tad, rimasti intrappolati in macchina nel tentativo di frapporre una barriera fra loro e la sete di morte dell’animale.
Nonostante risenta di pesanti cali di ritmo, dovuti anche alla difficoltà di adattare il materiale originale, e di un posticcio e forzato finale consolatorio, diametralmente opposto a quello del libro di King, Cujo si è scavato una piccola nicchia nel ricordo degli appassionati di genere, grazie soprattutto alla resa scenica del cane protagonista e all’abilità dietro la macchina da presa di Lewis Teague, capace di sorreggere il film anche nei momenti più statici e ridondanti. Una pellicola da recuperare per gli amanti del Re, capace di offrire uno sguardo decisamente più minaccioso del solito sul migliore amico dell’uomo.
Hachikō Monogatari (Seijirô Kôyama, 1987)
Siamo arrivati a quello che probabilmente è il cane più celebre e amato non solo della storia della Settima Arte, ma dell’intero cammino dell’umanità, ovvero Hachikō, l’esemplare di akita che per 10 lunghi anni attese davanti alla stazione di Shibuya il ritorno del suo adorato padrone, stroncato da un ictus mentre teneva una lezione all’università. Un esempio di fedeltà e devozione, ancora oggi onorato e ricordato da una statua con le fattezze del cane nella stazione in cui ha passato gran parte della sua vita.
Hachikō Monogatari è stato il primo film a raccontare con rispetto e dovizia di particolari questa commovente storia, 22 anni prima del celeberrimo rifacimento americano. Rispetto all’adattamento a stelle e strisce, la pellicola di Seijirô Kôyama è più cruda e asciutta, e riesce a bilanciare i momenti più tristi e quelli spensierati senza utilizzare artifici di tenera ruffianeria, ma ricorrendo invece a un’efficace ironia e a una maggiore fedeltà alla storia e allo spirito giapponese. Un film necessario per tutti gli amanti dei cani, da gustare senza pregiudizi per il cinema orientale e per una messa in scena più artigianale rispetto al rifacimento americano e capace di descrivere al meglio i sentimenti che i nostri amici a 4 zampe provano per noi.
Charlie – Anche i cani vanno in paradiso (Don Bluth, 1989)
Ritorniamo all’animazione, per una volta non Disney, con Charlie – Anche i cani vanno in paradiso, sottovalutata pellicola di Don Bluth che affianca a un’efficace esplorazione del rapporto fra cane e padrone dei temi decisamente più maturi, come la voglia di rivalsa e ribellione verso i soprusi subiti. Protagonista della storia è l’esemplare di pastore tedesco Charlie, che dopo una parte finale di esistenza spesa nella malavita canina, si ritrova con sua sorpresa in Paradiso, meta finale di tutti i cani. Charlie si ribella però al suo destino, riuscendo a ritornare sulla Terra per vendicarsi del suo socio in malaffari, ma trovando nella piccola orfana Anne-Marie un modo per scoprire l’amore e la fedeltà per qualcuno.
Un film che, anche se inevitabilmente datato e con delle musiche poco ispirate, riesce a intrattenere grandi e piccini, rivelandosi un’ingenua ma sincera fiaba sulla redenzione e sulla rivincita.
C’era un castello con 40 cani (Duccio Tessari, 1990)
Fra i tanti prodotti di genere italiani a cavallo fra anni ’80 e ’90 si cela un semi sconosciuto film di Duccio Tessari (grande regista di western e non solo) capace di lasciare un indelebile ricordo in chi l’ha visto per la prima volta con i sognanti occhi del bambino. Stiamo parlando di C’era un castello con 40 cani, favola ecologica e sentimentale interpretata dal due volte premio Oscar Peter Ustinov, Salvatore Cascio (reduce dal successo planetario di Nuovo Cinema Paradiso) e da un vero e proprio esercito di cani di diverse dimensioni e razza, inquilini di un castello in Toscana ereditato da una famiglia milanese.
Visto oggi, con gli occhi di un adulto, C’era un castello con 40 cani appare visibilmente datato e con notevoli problemi in termini di ritmo e sceneggiatura. Per un bambino invece il film è ancora decisamente godibile, forte di un cast canino perfettamente addestrato e di diverse scene perfette per un pubblico giovanissimo, come quella in cui i cani si cimentano nel Va, pensiero a suon di abbaiate e ululate.
Beethoven (Brian Levant, 1992)
Siamo arrivati a un vero e proprio must della commedia per famiglie anni ’90, ovvero Beethoven, capostipite di una saga che non conosce crisi e confini, giunta nel 2014 al suo ottavo capitolo. Protagonista indiscusso della pellicola è un irrequieto cucciolo di San Bernardo, chiamato Beethoven in onore del musicista amato dalla famiglia che se lo ritrova involontariamente in casa. Fulcro della narrazione sono ovviamente le gag generate dall’adorabile cagnone, che con la sua prorompente fisicità e la sua irresistibile vivacità sconquassa le abitudini della famiglia Newton. Il film scorre piacevolmente e senza vistosi cali di ritmo, grazie anche all’ottimo Dean Jones nei panni del malvagio veterinario Varnick. Una commedia leggera e senza pretese, ma capace di unire tutta la famiglia e portare in superficie il lato più gioioso e vitale dei nostri amici pelosi.
Air Bud – Campione a quattro zampe (Charles Martin Smith, 1997)
Ancora anni ’90 per il capostipite di un’altra saga, ovvero Air Bud – Campione a quattro zampe, in cui lo splendido golden retriever protagonista del film si cimenta addirittura con il gioco del basket. Il canovaccio è di quelli ben consolidati già all’epoca, con l’amicizia fra un cane esuberante e un ragazzo emarginato, il buonismo scorre a fiumi e le azioni di gioco incentrate sul cane arrivano a un passo dal ridicolo involontario. Ciononostante, Air Bud – Campione a quattro zampe riesce nel suo intento di intrattenere e divertire tutta la famiglia, centrando anche un paio di sequenze certamente furbe e ricattatorie, ma capaci di lasciare il segno in tutti gli amanti dei cani. Come in molti altri film del genere, il plauso maggiore va proprio al cane (e di riflesso ai suoi organizzatori), capace di reggere con la sua espressività e le sue movenze l’intero peso del film.
Il mio cane Skip (Jay Russell, 2000)
Arriviamo al 2000 con Il mio cane Skip, emozionante dramma familiare con protagonista un dolce esemplare di Jack Russell, anche in questo caso compagnia e consolazione di un ragazzo emarginato e con problemi con il rigido e severo padre, interpretato dal solito efficace Kevin Bacon. L’amicizia fra il ragazzo di nome Willie e il cane chiamato Skip diventa crocevia e filo conduttore delle vicende familiari, esaltandone i momenti più drammatici.
A emergere fra il difficile rapporto fra padre e figlio, i problemi adolescenziali e la dura vita in una piccola cittadina del Mississippi a cavallo della conclusione della Seconda Guerra Mondiale è così proprio l’indissolubile rapporto fra Willie e Skip, che diventa per il ragazzo un mezzo per aprirsi con più fiducia verso il prossimo e l’esistenza, ma anche fonte di spaventi e sofferenze. Un racconto di formazione non particolarmente originale e intriso di buoni sentimenti, ma dal discreto impatto emotivo e di facile immedesimazione per tutti coloro che sono cresciuti con un cane accanto.
I migliori film sui cani: 8 amici da salvare (Frank Marshall, 2006)
Arriviamo al 2006 con 8 amici da salvare, rifacimento americano del già citato Antarctica. Rispetto all’originale, il numero di cani è dimezzato, la storia è semplificata e gli angoli più duri del racconto sono smussati, rendendo la pellicola una visione accessibile senza traumi anche ai più piccoli. Nonostante il racconto perda molto in termini di realismo e narrazione, 8 amici da salvare riesce comunque nel suo intento di emozionare e commuovere con la straordinaria avventura del gruppo di husky, trovando nel compianto Paul Walker il volto noto e rassicurante ideale per fare da contraltare umano alla vicenda. Un film comunque imperdibile per tutti gli amanti dei cani, ma da accompagnare alla visione dell’originale Antarctica per approfondire questa incredibile storia vera.
Io & Marley (David Frankel, 2008): il labrador protagonista nel film
Nel nostro viaggio fra i migliori film sui cani non può certo mancare Io & Marley, responsabile di copiosi pianti in intere generazioni da ormai una decina d’anni. Protagonista della storia è un dolce quanto incontrollabile cucciolo di labrador, che semina disastri e piccoli contrattempi nell’altrimenti serena vita dei coniugi Grogan, interpretati da Owen Wilson e Jennifer Aniston. La vita di Marley procede di pari passo con quella della coppia, accompagnando gli sposi in tutte le tappe fondamentali della vita, come l’arrivo dei figli e della mezza età.
Il film di David Frankel è furbo e ben congegnato, e va a colpire in maniera prevedibile ma estremamente efficace lo spettatore proprio nei suoi punti più deboli, mettendolo di fronte all’invecchiamento e al progressivo deterioramento delle condizioni di salute dei nostri amici a 4 zampe. Il finale è inaffrontabile senza una generosa dotazione di fazzoletti alla mano e segna uno dei punti più conosciuti e amati del legame fra uomo e cane sul grande schermo. Un film che è già un classico, da vedere e rivedere insieme ai propri cari e stringendo forte a noi i nostri teneri e fragili amici pelosi.
Hachiko – Il tuo migliore amico (Lasse Hallström, 2009)
Ancora lacrime a fiumi per Hachiko – Il tuo migliore amico, rifacimento ad opera di Lasse Hallström del già citato Hachikō Monogatari. Anche in questo caso, la storia è adattata per il pubblico occidentale e i suoi contorni vengono sfumati, ma la potenza di Hachikō e della sua emblematica devozione al padrone rimane inalterata, grazie anche alla solita convincente prova di Richard Gere nei panni del Professore Parker Wilson. Le scene emotivamente ricattatorie nei confronti dello spettatore sono numerose ma ben gestite, e centrano l’obiettivo di scalfire anche i cuori più duri e aridi, rendendo un nuovo dovuto e sentito omaggio a un vero e proprio simbolo dell’universo canino, dalla cui fedeltà dovremmo prendere esempio ogni giorno. Un altro classico del cinema contemporaneo, immancabile nella collezioni di cinefili e cinofili.
Frankenweenie (Tim Burton, 2012)
Nel nostro approfondimento sui migliori film sui cani trova un posticino anche il tocco dark e visionario di Tim Burton e nello specifico il suo Frankenweenie, pellicola d’animazione in stop-motion del 2013, rivisitazione di un omonimo cortometraggio del regista statunitense. Il racconto è esplicitamente ispirato alla vicenda del Dottor Frankenstein e della sua creatura, e vede il piccolo Victor cercare e trovare un modo per riportare in vita il suo fedele cagnolino Sparky, deceduto in seguito a un fatale incidente automobilistico. La vicenda funge da catalizzatore di tutte le tematiche più care a Tim Burton, dalle difficoltà dell’adolescenza al senso di isolamento e inettitudine, e amalgama la viscerale passione del cineasta per i monster movie old school con l’amore che lega ogni vero padrone al suo cane, chiaramente riscontrabile in ogni istante del film.
Girato in un elegante bianco e nero e con forte sentimento nostalgico, Frankenweenie è un ritorno alle origini e all’infanzia per un regista che negli ultimi anni ha stentato a trovare la sua vena migliore, ma resta un autore imprescindibile del cinema contemporaneo. Un film intimo e toccante, dalle atmosfere rétro ma dai temi sempre attuali, in particolare per chi è cresciuto insieme a un fedele e affettuoso cane.
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Belle & Sebastien (Nicolas Vanier, 2013)
Concludiamo il nostro viaggio fra i migliori film sui cani con Belle & Sebastien, lungometraggio francese diretto da Nicolas Vanier che ha già avuto ben due sequel, intitolati Belle & Sebastien – L’avventura continua e Belle & Sebastien – Amici per sempre. La vicenda è quella già raccontata nell’omonimo sceneggiato francese e nella serie d’animazione giapponese che ha accompagnato l’infanzia dei nati e cresciuti fra anni ’80 e ’90, trasposta però nelle fasi finali della Seconda Guerra Mondiale. L’amicizia fra il piccolo Sébastien e una femmina di pastore dei Pirenei è il motore di una vicenda intima e di grande umanità, che trova negli incantevoli scenari della alpi la spalla perfetta per un racconto avventuroso capace di attraversare tematiche forti e distanti fra loro come la guerra, il pregiudizio e la ricerca dei propri affetti.
Lo sguardo docile e al tempo stesso fiero di Belle fa da collante al racconto, accompagnando lo spettatore in un film dal grande impatto emotivo, capace di intrattenere e commuovere tutta la famiglia.