Film e cartoni di fantascienza: i 20 migliori per bambini e ragazzi
Una carrellata delle migliori opere cinematografiche adatte ai giovani fan della fantascienza, tra alieni caduti sulla Terra, robot capaci di provare emozioni e straordinari viaggi in galassie lontane lontane.
La fantasia e la scienza, la science e la fiction: tutto quello che c’è da sapere sulla fantascienza (o, per dirla all’inglese, sulla sci-fi) è contenuto nella scomposizione dei termini che la definiscono. Alla base c’è la scienza, ovvero un riferimento tangibile alla verità dei fatti e alla sua possibile dimostrazione; ma cosa succede quando il sapere e la conoscenza si ibridano con la finzione e con il fantastico? Accade che il mondo si apre a nuovi punti di vista, a nuovi voli pindarici che ci trasportano nel terreno del paradosso.
I mondi futuri e futuribili, i contatti con civiltà aliene e le conseguenze socio-politiche delle innovazioni tecnologiche sembrano sulla carta tematiche destinate quasi esclusivamente ad un pubblico adulto. Ma la fantascienza in verità può essere anche sinonimo di romanzo di formazione e di crescita, così come di presa di coscienza del diverso. La sci-fi è un genere inclusivo e aperto a tutti i target (a differenza dell’horror, ad esempio). Ma quali sono i migliori “viaggi attraverso l’impossibile” – per dirla con Georges Méliès – della storia del cinema dedicati ai bambini e ai teenager?
20 film e cartoni dagli anni ’80 ai giorni nostri per iniziare i bambini e i ragazzi alla fantascienza
E.T. l’extra-terrestre (Steven Spielberg, 1982)
Una favola moderna, entrata subito nella leggenda. Tutto, attorno a E.T., è iconico: dall’irresistibile mix di melodramma, fiaba e nostalgia alle fattezze del pupazzo protagonista (opera dell’effettista italiano Carlo Rambaldi), dalle scene entrate a far parte dell’immaginario collettivo (quella bicicletta che vola e viene illuminata dalla Luna) alla presenza della allora bambina prodigio Drew Barrymore. Un grande spettacolo tecnologico, che si riflette nella dolcezza e nel coinvolgimento emotivo di una trama calibratissima e studiata nei minimi dettagli.
Il piccolo alieno che viene abbandonato sulla Terra è destinato a non essere compreso dagli adulti: per capire e accettare l’estraneo, il diverso, l’anomalo sono necessarie la fantasia e l’innocenza dei bambini. Scritto da Melissa Mathison (ex moglie di Harrison Ford e autrice anche della sceneggiatura di Il GGG – Il Grande Gigante Gentile, 2016), E.T. ha gettato le basi per un nuovo modo di fare e intendere la fantascienza, avvicinandola al sentimentalismo e all’umanità.
Ghostbusters – Acchiappafantasmi (Ivan Reitman, 1984)
Dalle geniali menti di un gruppo di autori e attori provenienti dalla fucina comica del Saturday Night Live (uno dei totem della programmazione televisiva statunitense), Ghostbusters – Acchiappafantasmi nasce come omaggio al cortometraggio Disney Topolino e i fantasmi (1937). La sgangherata storia dei tre giovani studiosi di parapsicologia espulsi dall’università di New York per scarsa dedizione non può non conquistare, con la sua gustosa mistura di battute fulminanti, assurdità assortite e un pizzico di spavento.
Un risultato andato al di là delle più rosee aspettative, capace di generare una fanbase che – dopo la realizzazione di Ghostbusters 2 (1989) – ha invocato a gran voce la realizzazione di un terzo capitolo che chiudesse degnamente la saga. Al suo posto, nel corso degli anni sono stati realizzati svariati videogame, giocattoli, cartoni animati (più o meno ufficiali) e un reboot al femminile, intitolato sempre Ghostbusters (2016), che non ha ottenuto i risultati sperati. E se fosse davvero giunta l’ora di rivedere i veri acchiappafantasmi (Bill Murray compreso) in azione?
Explorers (Joe Dante, 1985)
Esordio cinematografico del compianto River Phoenix (che per la sua interpretazione vinse il Young Artist Award come miglior attore emergente), Explorers è un’avventura spaziale a misura di teenager, che racconta di tre ragazzini (Ben l’appassionato di fantascienza, Wolfgang il genio del computer e Darren il coraggioso) che entrano a contatto con una civiltà aliena. Un percorso che li porterà ad una maggiore conoscenza di loro stessi e dell’ignoto spazio profondo.
Dietro la macchina da presa una garanzia di qualità: Joe Dante, l’autore dell’indimenticato universo dei Gremlins (1984 e 1990) e, più recentemente, del sorprendente Looney Tunes: Back in Action (2003). Nelle sue mani, Explorers diventa anche un gustoso omaggio alla sci-fi degli anni ’50: fra le citazioni più riuscite spiccano i cult Ultimatum alla Terra (1951), La cosa da un altro mondo (1951) e La guerra dei mondi (1953). Un prodotto riuscito, forse un po’ dimenticato, capace di soddisfare anche il pubblico degli adulti.
Ritorno al futuro (Robert Zemeckis, 1985)
Da Ritorno al futuro a Chi ha incastrato Roger Rabbit (1988), da Forrest Gump (1994) a La leggenda di Beowulf (2008): tutta – o quasi – la carriera di Robert Zemeckis è attraversata dal concetto di sogno ad occhi aperti, di superamento dei limiti (estetici, narrativi) precostituiti. Ritorno al futuro – uno di quei film che ci fanno vivere nostalgie di epoche mai vissute – non invecchia e non sbiadisce mai, continuando ad essere da più di trent’anni a questa parte un perfetto e oliatissimo congegno a orologeria che tiene incollati allo schermo.
Non è vera fantascienza, d’accordo, ma è forse qualcosa di più: è la perfetta fusione di cinema classico e avanguardia, di gioco e riflessione sul futuro della tecnologia. Un ottovolante di sense of wonder adatto a qualunque tipologia di pubblico, che supera se stesso nella virtuosistica Parte II (1989) e rielabora la propria mitologia nella conclusiva Parte III (1990). E Ritorno al futuro – Parte IV? Non si farà, perché non ce n’è bisogno: basta riavvolgere il nastro e ricominciare da capo, scoprendo e riscoprendo nuovi dettagli di un’opera di culto che ha gettato le basi per la sci-fi contemporanea.
Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi (Joe Johnston, 1989)
Il tema della miniaturizzazione di oggetti ed esseri umani è uno dei classici della narrativa di fantascienza, ampiamente sfruttato dal cinema negli anni ’50 e ’60 e abilmente ridefinito dal Marvel Cinematic Universe con Ant-Man (che pure nasce come fumetto nel 1962). L’intuizione di Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi è quella di unire la sci-fi con la commedia brillante: il risultato è un film garbato ed educato, che a tratti diverte e spesso stupisce, grazie ai suoi elaborati – per l’epoca – effetti speciali.
L’espediente dello stravagante scienziato (interpretato da Rick Moranis, qui al ruolo più importante della sua carriera assieme al Lord Casco Nero di Balle spaziali, 1987) che sperimenta con maldestri risultati la propria invenzione verrà ripresa anche nei due seguiti Tesoro, mi si è allargato il ragazzino (1992) e Tesoro, ci siamo ristretti anche noi (1997) col medesimo risultato: quello dell’intrattenimento innocuo ma non per questo stupido o fine a se stesso, in perfetto stile Disney (che produce e distribuisce, attraverso la sua succursale Buena Vista Pictures).
Jurassic Park (Steven Spielberg, 1993)
Editoriale | Jurassic Park: cosa rimane del film di Steven Spielberg dopo 25 anni
Se di fantascienza – e delle sue svariate possibili contaminazioni – bisogna parlare, è bene che di mezzo ci sia anche Steven Spielberg. Anzi, è proprio per la sua propensione al fantastico che il regista di Cincinnati viene ancora da qualcuno considerato alla stregua di un abile mestierante e non, invece, del grande cineasta che ha ampiamente dimostrato di essere. Su Jurassic Park (e relativi seguiti) è già stato detto tutto e il contrario di tutto: siamo di fronte ad un’opera immaginifica oltre ogni dire, che ibrida sci-fi e avventura come mai era stato fatto fino a quel momento.
Del resto, l’idea di riportare in vita animali ormai estinti è uno di quei voli pindarici che stuzzicano da sempre la fantasia di grandi e piccini. L’isola di Nublar, tuttavia, da luogo da sogno si tramuta in breve in location da incubo, e soprattutto in monito contro la scienza e la tecnica che manipolano la natura e il suo normale corso. È forse per questo che Jurassic Park contiene anche una buona dose di brivido e spavento: perché con certe tematiche si può giocare, ma fino ad un certo punto.
Flubber – Un professore tra le nuvole (Les Mayfield, 1997)
Robin Williams: biografia, carriera e vita privata del grande attore
Al confine fra commedia e fantascienza, e nel momento di maggior esposizione dell’attore Robin Williams (che nel triennio 1996-1998 girerà ben dieci film, fra cui Jack di Francis Ford Coppola e Will Hunting di Gus Vant Sant), c’è Flubber, ribattezzato in italiano Un professore tra le nuvole. Remake dell’omonimo film del 1961, il Flubber del 1997 viene realizzato dalla Disney e smussa tutte le spigolosità dell’originale e del racconto di riferimento (A Situation of Gravity).
Il professor Brainard, oltre a essere un genio della chimica, è anche un eccellente inventore: dopo anni è riuscito finalmente a comporre la formula energetica che potrebbe salvare il college in cui lavora, ma si è dimenticato… del suo matrimonio. Impreziosita dalle musiche di Danny Elfman, collaboratore abituale di Tim Burton, la pellicola di Les Mayfield gioca con la science fiction e con le sue tragicomiche conseguenze, riuscendo nel suo intento: essere adatto a tutta la famiglia.
Il gigante di ferro (Brad Bird, 1999)
Un bambino di 9 anni, orfano di guerra, un gigantesco robot proveniente da un altro pianeta e un limpido messaggio pacifista: Il gigante di ferro mostra per la prima volta al mondo il talento di Brad Bird, prima dei successi di Gli incredibili (2004) e Ratatouille (2007). All’uscita il film fu un flop, a causa probabilmente della sua ambientazione retrò (siamo negli anni ’50, in pieno clima da Guerra Fredda) e del disegno non all’avanguardia (proprio perché dichiaratamente ispirato alla grafica post-Seconda Guerra Mondiale).
Il riscatto tuttavia si è consumato a distanza di pochi anni: oggi The Iron Giant è assurto al rango di piccolo/grande cult, in particolar modo grazie alla sua non banale e scontata analisi della diversità e alla sua perentoria presa di posizione contro la pena di morte. Una curiosità: il gigante di ferro compare anche nella pellicola di Steven Spielberg Ready Player One (2018), vero e proprio film-omaggio dedicato agli immaginari perduti – ma indimenticabili – della nostra infanzia.
Star Wars: Episodio I – La minaccia fantasma (George Lucas, 1999)
George Lucas e Star Wars: le origini di un mito
Ci sono voluti ben 22 anni prima che George Lucas tornasse a mettere mano alla mitologia di Star Wars. La minaccia fantasma è un film a misura di bambino, che nel raccontare l’infanzia di Anakin Skywalker – prima della sua trasformazione in Darth Vader – decide di assumere in toto il suo privilegiato punto di vista. Un’opera criticabile e criticatissima, ma forse necessaria: per riaccendere la scintilla della Forza, Lucas si affida ad effetti speciali di ultimissima generazione e ad una vicenda che fa della creatività la sua arma principale, a costo di incappare in una mal digerita (dai fan della prima ora) sensazione di infantilismo.
A restare impresse nella memoria, in particolar modo, sono la corsa degli sgusci – in originale podracer – con la sua estetica da videogame, e la presenza insistita del gungan Jar Jar Binks, che nelle intenzioni di George Lucas avrebbe dovuto essere il protagonista più amato dai bambini (mentre invece, come sappiamo, è stato eletto all’unanimità il personaggio più detestato dell’intera saga). Un elemento positivo e uno negativo dunque, a simboleggiare l’eterno paradosso di una pellicola sicuramente confusa ma capace comunque di conquistare la sua fetta di pubblico.
Spy Kids (Robert Rodriguez, 2001)
Fantascienza, spionaggio, avventura e azione: tutto questo è – o vorrebbe essere – Spy Kids, curioso e avvincente 007 per famiglie in cui due degli agenti segreti più importanti al mondo (Antonio Banderas e Carla Gugino) sono costretti a rientrare in azione quando parecchie spie della loro organizzazione stanno scomparendo. Non saranno però soli: alla buona riuscita della missione contribuiranno anche i loro due figli, Carmen e Juni, in perenne conflitto fra loro.
Un interessante successo commerciale, che ha avuto ben tre seguiti: Spy Kids 2 – L’isola dei sogni perduti (2002), Missione 3D – Game Over (2003) e Spy Kids 4 – È tempo di eroi (2011). Ognuno dei quattro capitoli è arricchito dalla presenza di svariate guest star, a dimostrazione della buona riuscita di un progetto che in America non è passato inosservato (anche grazie alla presenza in cabina di regia di Robert Sin City Rodriguez): fra i vari spiccano i nomi di George Clooney, Sylvester Stallone, Elijah Wood, Jessica Alba e Steve Buscemi.
Zathura – Un’avventura spaziale (Jon Favreau, 2005)
E se la fantascienza fosse evocata da un gioco da tavolo? Un po’ come Jumanji, che guarda caso è tratto da un romanzo per bambini scritto dallo stesso autore di Zathura, Chris Van Allsburg. Walter e Danny, 10 e 7 anni, trovano in cantina una vecchia scatola contenente il tabellone di un adventure game ambientato nel futuro, che sconvolge il mondo che li circonda. Un sogno – ma, al contempo, un incubo! – che li porterà ad evocare astronauti, rettiliani e robot, attraverso piogge di meteoriti, buchi neri e stelle cadenti.
Si viaggia, insomma, ai confini della realtà, ed è indubbio che il film di Jon Favreau richieda un buon atto di fede: gli effetti speciali non sono di primissima qualità, ma il senso di vertigine e di creatività passa anzitutto attraverso la creazione di un’atmosfera suggestiva e fantasiosa, che indubbiamente omaggia – come spesso accade con i live action in salsa sci-fi – gli anni ’50 e ’60. E il modo in cui allora si ragionava ingenuamente sulle innovazioni tecnologiche che avrebbero arricchito le nostre vite.
Guida galattica per autostoppisti (Garth Jennings, 2005)
Guida galattica per autostoppisti: recensione del cult con Martin Freeman
Tutto nasce da una serie di romanzi di fantascienza umoristica (una “trilogia in cinque parti”) scritti da Douglas Adams fra il 1979 e il 1992: in Guida galattica per gli autostoppisti, Ristorante al termine dell’Universo e La vita, l’Universo e tutto quanto si raccontano le strambe peripezie dell’umano Arthur Dent, che sfugge alla demolizione della Terra grazie al suo vecchio amico Ford Prefect, che gli rivela di essere un alieno originiario di Betelgeuse e lo porta con sé nello spazio.
Il film di Garth Jennings (noto principalmente come autore di videoclip) mantiene intatto il senso di goliardia e sarcasmo dei volumi di riferimento, giocando coi paradossi della scienza e con una messinscena colorata ed estremamente fantasiosa: per rispondere all’antica domanda sul senso dell’esistenza il protagonista dovrà anzitutto non dimenticare il proprio asciugamano, collaborare con l’androide paranoico Marvin e dare un senso alla risposta (“42”) fornita dal supercomputer Pensiero Profondo dopo un’elaborazione di sette milioni di anni. Da riscoprire.
Wall-E (Andrew Stanton, 2008)
Opera spartiacque all’interno della produzione Disney Pixar, Wall-E alza l’asticella dell’animazione d’autore, che si fa portavoce di messaggi sociali e culturali inediti e di interesse universale. Da qualunque punto di vista lo si guardi, un capolavoro: Wall-E è un film quasi totalmente privo di dialoghi, che omaggia il cinema muto degli anni ’20 e che richiede l’immedesimazione con due oggetti inanimati capaci di provare emozioni. Alla fine della civiltà, quando l’uomo ha ormai devastato il proprio pianeta, sulla Terra sono rimasti solo robot spazzini mesti e solitari, il cui unico compito è quello di porre per quanto possibile rimedio allo sfacelo compiuto dall’essere umano.
La routine viene però spezzata da Eve, un automa proveniente dallo spazio con un obiettivo da portare a termine. Si cita buona parte della fantascienza anni ’70 e ’80 (da Incontri ravvicinati del terzo tipo a Blade Runner, fino naturalmente a E.T. – L’extraterrestre) e, soprattutto nella seconda parte, si punta apertamente il dito contro l’umanità, rappresentata come incapace di intendere e volere. Un messaggio forte, ma dal forte valore educativo.
Mostri contro alieni (Rob Letterman e Conrad Vernon, 2009)
La storia del cinema è costellata di scontri fra personaggi apparentemente lontani anni luce fra loro: Godzilla contro robot, cowboy contro alieni, squali contro tornado… Nell’eterna sfida fra Disney e DreamWorks (in verità quasi sempre vinta dalla casa che ha dato i natali a Topolino), Mostri contro alieni rappresenta una piacevole anomalia: grazie al suo incedere comico e ai suoi efficaci effetti speciali, l’animazione di Letterman e Vernon ha ampiamente superato le aspettative iniziali, diventando un piccolo franchise comprendente anche videogame, cortometraggi e serie televisive.
Ci sono i mostri (fra cui la massa gelatinosa BOB e il pesce-scimmia Anello Mancante), gli alieni (su tutti il Re Gallaxhar, con le sue mire di conquista della Terra) e naturalmente gli umani, costretti alla collaborazione con i mostri per salvare il pianeta. Un prodotto destinato ai più piccoli, ma che in verità strizza l’occhio anche agli adulti riportando alla memoria alcuni cult che hanno fatto la storia della fantascienza come Il mostro della laguna nera e Blob – Fluido mortale.
Astro Boy (David Bowers, 2009)
Tratto dalla famosissima serie manga di Osamu Tezuka, Astro Boy racconta della metropoli volante Metro City e di un giovane robot che combatte ingiustizie e conflitti, creato da uno scienziato che ha perso il figlio. Per una volta l’America non è il centro del mondo, ma è indubbio che Astro Boy (sia il fumetto che il film) siano debitori di un immaginario già ampiamente conosciuto: quello di Pinocchio, il burattino di legno creato dal falegname Geppetto, che affronta ogni avversità con candore e ingenuità.
Abbastanza incompresa in America (che da sempre fatica ad accettare una versione di Pinocchio diversa da quella del 1940, Roberto Benigni ne sa qualcosa) e in Giappone (troppo legato all’immaginario dell’iconico manga), l’opera di David Bowers è stata un enorme successo in Cina. Ciò tuttavia non ha impedito che la sua casa di produzione, la Imagi Animation Studios, chiudesse i battenti l’anno successivo, nel 2010. A dimostrazione di come sia difficile se non impossibile combattere contro lo strapotere Disney e DreamWorks.
Megamind (Tom McGrath, 2010)
Megamind: recensione del film d’animazione del 2010
A volte i cattivi possono diventare buoni: Megamind mette in scena lo scontro fra un supereroe superbuono – Metro Man – e un villain costretto alla criminalità per poter emergere, cresciuto con una personale e distorta idea di moralità. Senza il Male, il Bene non potrebbe esistere: un messaggio talmente tanto semplice da saltare subito all’occhio, complici anche il ritmo serrato della storia (e della sceneggiatura, che punta molto sull’efficacia dei dialoghi) e il disegno insolitamente espressivo dei personaggi.
Fra le righe è possibile scorgere anche un’interessante parodia del Marvel Cinematic Universe, che nel biennio 2008-2010 si era imposto all’attenzione generale con i primi due capitoli di Iron Man e con L’incredibile Hulk. All’insegna della leggerezza e del divertimento, ma con un insegnamento filosofico che lascia traccia di sé, Megamind ha fatto centro e favorito la creazione di un sequel sotto forma di videogame, Megamind – La resa dei conti, e di un prequel a fumetti, Megamind – The Prequel.
Super 8 (J.J. Abrams, 2011)
Diretto dal mago J.J. Abrams, e prodotto da Steven Spielberg: serve altro? Super 8 è pura nostalgia cinefila, che affonda a piene mani negli immaginari mediali condivisi da tutti ricostruendo un senso di meraviglia pre-adolescenziale che al cinema – soprattutto nei film live action – mancava da anni. Si narra di un gruppo di amici che, nell’estate del 1979, filma qualcosa di insolito e spaventoso: un incidente ferroviario, con la probabile presenza di un alieno. Che fare? Salvare il mondo, probabilmente, facendo leva anche sulla fantasia e sulla creatività che gli adulti hanno ormai smarrito.
Come per Stand by Me e per Stranger Things, la credibilità del prodotto passa inevitabilmente attraverso la tridimensionalità dei giovani protagonisti, tutti con una loro coerenza interna. Ma a rendere unico Super 8 è anche il continuo gioco citazionista: la complicità dello spettatore – chiamato a riconoscere i continui riferimenti ad altri “pezzi del puzzle” della storia della fantascienza – è qui fondamentale. Un piccolo gioiello, che torna al passato per preparare il futuro del genere.
Big Hero 6 (Don Hall e Chris Williams, 2014)
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Il 54° Classico Disney possiede un piccolo primato: è infatti il primo film basato sul franchise Marvel ad essere interamente prodotto dalla casa di Burbank. A San Fransokyo (curioso ibrido fra San Francisco e Tokyo, che lascia intendere come la globalizzazione sia oramai un dato di fatto e come non per forza di cose possieda caratteristiche negative) un ragazzino di nome Hiro spreca le sue giornate in competizioni clandestine fra robot. L’incontro con il paffuto Baymax, automa infermiere, cambierà le carte in tavola. Non solo per se stesso, ma anche per il robot, progettato per la semplice difesa ma destinato a diventare un eroe.
Adrenalinico, modernissimo e al contempo tenero, Big Hero 6 è una sofisticata parabola sui talenti nascosti e sull’espressione delle proprie qualità, adatta ad un pubblico di adolescenti e pre-adolescenti, diretta dai registi delle Follie dell’imperatore Don Hall e Chris Williams. Un successo per nulla scontato e già scritto, visto il plebiscito di pubblica e critica ottenuto nei due anni precedenti da Ralph Spaccatutto (2012) e Frozen – Il regno di ghiaccio (2013).
The Giver – Il mondo di Jonas (Philip Noyce, 2014)
Poco considerato e conosciuto in Italia (e, in generale, in Europa), il romanzo The Giver – Il donatore di Lois Lowry è parte integrante del programma scolastico americano ormai da 20 anni. Siamo in un imprecisato futuro, all’interno di una società organizzata e anestetizzata in cui a ciascuno, al compimento dei 18 anni, viene affidato il lavoro che svolgerà per tutta la sua vita. Nessuno, per il bene e l’equilibrio comune, può decidere dove e come vivere, quali sentimenti e sensazioni provare.
Dalle parti della distopia, con quel tocco da teen movie che da Hunger Games in poi ha spiccato definitivamente il volo, il film di Phillip Noyce si avvale delle partecipazioni di attori di prima fascia, Meryl Streep e Jeff Bridges su tutti (che non a caso figurano anche fra i produttori). Un’operazione nobile e con un messaggio chiaro, lo stesso del racconto da cui è tratto: la conoscenza porta al libero arbitrio e al libero pensiero, ed è un cammino dal quale – volenti o nolenti – non si può fare ritorno.
A Spasso con Willy (Eric Tosti, 2019)
A spasso con Willy: la colonna sonora e i brani del film d’animazione
Non solo America: dedicato ai più piccoli, A spasso con Willy (in originale Terra Willy) è un film di animazione francese ricco di spunti interessanti. A partire dall’incipit, in cui il piccolo protagonista non è né sulla Terra né su un altro mondo: è in viaggio su una navicella assieme ai suoi genitori, e a causa di una tempesta si ritrova da solo su un pianeta inesplorato e apparentemente selvaggio. Una situazione di precarietà iniziale a cui, dunque, ne segue un’altra ben peggiore; ed è proprio il percorso di crescita personale il cuore pulsante di questa ambiziosa pellicola.
Per certi versi simile a Home – A casa della DreamWorks, A spasso con Willy mette in campo un interessante ribaltamento di ruoli: non è l’alieno a dover ritrovare la strada di casa (in stile E.T., tanto per capirsi), ma l’umano, che quindi dovrà inevitabilmente imparare a convivere con una situazione d’emergenza e a fidarsi degli altri. Meritevole di menzione anche la scelta estetica: la grafica digitale è dettagliata e quasi in rilievo, per facilitare l’identificazione e portare lo spettatore a un coinvolgimento il più genuino possibile.