Giornata della Memoria: 10 film non convenzionali sulla Shoah
Il maestoso sguardo della settimana arte per raccontare una delle pagine più buie della nostra storia attraverso film non convenzionali che, oltre a farci comprendere l'abominio delle leggi razziali, delle persecuzioni e dei luoghi ci danno anche una visione dell'arte e della musica ai tempi dell'Olocausto.
Nella Giornata della Memoria è difficile non pensare a quanto il cinema abbia raccontato della Shoah. Ma molte sono le storie collaterali, inaspettate o non convenzionali raccontate anche al cinema. Qui di seguito dieci titoli, italiani e non, più e meno recenti, che esplorano aspetti laterali della memoria, o un racconto in rima persona dei sopravvissuti. Ma anche storie destabilizzanti, surreali o provocatorie intorno al massacro che fu e alle filosofie naziste. Infine uno sguardo alla bellezza rubata o offesa da un regime a fronte di persecuzioni insopportabili.
I film sulla Shoah da vedere per non dimenticare l’Olocausto degli ebrei
Il figlio di Saul
Vincitore del premio Oscar per il Miglior film straniero nel 2016, il film di Laslo Nemes espone una vicenda con inquadrature strette esclusivamente sul protagonista e sulle cose che vede, creando una rivoluzionaria versione di soggettiva a servizio di una profonda immedesimazione. L’inedita chiave visiva incornicia un pover’uomo che vaga per un campo di sterminio cercando una degna sepoltura per il figlio ammazzato. Ma per la sua operazione segreta e disperata dovrà piegarsi all’attività ingrata dei soderkommando, vale a dire quei prigionieri costretti a collaborare con i nazisti per i lavori sporchi. Come ripulire le camere a gas dai cadaveri e dalle deiezioni, o spargere le ceneri dei corpi bruciati nei corsi d’acqua o nella natura circostante. Una riflessione durissima sulla colpa, la sottomissione e la connivenza.
Leggi anche
Il figlio di Saul: intervista al protagonista Géza Röhrig
Il figlio di Saul: recensione del film di László Nemes
The Eichmann Show
Nel 1961, il processo al gerarca nazista Adolf Eichmann venne ripreso in diretta da tv e radio di mezzo mondo. Un evento mediatico senza precedenti che se da una parte lanciò l’interesse sulle potenzialità dei mass media, dall’altra sconvolse per la freddezza noncurante con la quale l’uomo, colpevole della pianificazione ed esecuzione del piano di sterminio, affrontò processo e interrogatorio. A volte la Shoah si rivive nello specchio della tempesta mediatica e in questo caso in un personaggio occhio di quel ciclone del quale sono presenti nel film anche alcune delle scene reali girate durante il processo.
Shoah
Un documentario sull’Olocausto di solito contiene immagini di repertorio. Bianchi e neri crudi e impressionanti su quello che fu mescolati con testimonianze attuali. Shoah, lavoro oceanico girato da Laude Lanzmann nel 1985 prende tutt’altra strada. O meglio, rinuncia a pescare i video dolenti dell’epoca e si concentra sull’oggi. Lo fa oceanicamente perché le sue testimonianze di sopravvissuti raggiunti in varie parti del mondo, i loro silenzi, i ritorni, i campi rivisti in tempo di pace, hanno una durata di oltre 10 ore. Una sfida per qualsiasi tipo di spettatore, ma un’immersione unica nella Memoria vista al cinema.
Concorrenza sleale
Nel 2001 esce questo lavoro di Ettore Scola dove Sergio Castellitto e Diego Abatantuono interpretano due negozianti di stoffe, uno ebreo e l’altro fascista. Concorrenti e litigiosi ma pian piano sempre più legati in un’inaspettata amicizia, anche per l’assurdità delle leggi razziali emanate nel 1938. La commedia all’italiana si confronta con quello che diventerà una tragedia epocale. Il melodramma da sorrisi a denti stretti diventa gradualmente drammatico. E subito prima di Scola era stato Benigni a giocare con questo tema con La vita è bella.
Pecore in erba
L’opera prima di Alberto Caviglia è una sfida satirica e autoironica sulla Memoria. Si ipotizza che i nazisti furono i perseguitati dagli ebrei e lo scambio di ruoli che straborda anche nel presente distopico di nuove classi sociali diventa comicità yiddish-romanesca che serpeggia tutta tra il Ghetto e il rione Trastevere di Roma. Il racconto surreale ha la meglio sulla storia convenzionale. Ipotesi impossibili aiutano sorprendentemente a pensare il fenomeno dell’antisemitismo in maniera inimmaginabile e molto più aperta.
Train de vie
Nell’opera surreale e movimentata di Radu Mihăileanu un’intera comunità gitana improvvisa una fuga piena di travestimenti e messe in scena a bordo di un vecchio treno scalcinato per evitare la cattura da parte dei nazisti. Favola guardata dagli occhi poetici dello scemo del villaggio Shlomo, il film tratta la Shoah con la leggerezza e a volte anche la festosità di un racconto di fantasia, ma al contempo i perseguitati non sono più soltanto giudei, ma anche gitani. Altra etnia colpita dai rastrellamenti d’Europa negli anni della Seconda Guerra Mondiale.
Liberté
Arriviamo a una pellicola mai distribuita nelle sale italiane. Scritto e diretto da Tony Gatlif, questo titolo romeno del 2010, Korkoro in originale, parla di una comunità gitana nella Francia centrale degli anni del collaborazionismo di Vichy. Alle prese con le leggi razziali la vita non sarà mai più la stessa, e le decisioni umane e politiche di ogni personaggio definiranno per sempre il futuro della comunità minacciata dal regime.
Il maestro
La Shoah, nella sua tragedia è principalmente privazione. Di libertà, diritti, di vita. E del bello. Ha liquefatto tanta memoria, ma qualcuno, negli anni a seguire, si è rimesso sulle tracce del passato per riportare alla luce i canti ebraici, le operette, melodie per pianoforte scritte da vittime dei lager. Spartiti e testi di canzoni che hanno pulsato nei silenzi freddi di campi di concentramento o sono riemersi da solfeggi orali dei sopravvissuti, o ancora da documenti malridotti infondo a scaffali di biblioteche sparse nel mondo. Questo documentario originalissimo segue la storia di Francesco Lotoro, maestro di musica con la missione di recuperare la musica dal passato, perché, vita e cultura. Non soltanto libertà.
Hitler contro Picasso
Quest’altro documentario è più spettacolare nel taglio, ma affronta sempre il tema del bello. Toni Servillo presta la voce a questo percorso inedito attraverso i tesori segreti di Hitler e Göring. Il nazismo non distrusse soltanto tanta arte, ma dove potette, se ne appropriò indebitamente. Le immagini sono odierne ma attraverso l’immortalità delle opere si salta indietro nel tempo. Ne emerge la vera immortalità dell’arte come estensione della vita umana, anche a dispetto del peggiore degli orrori.
Hitler contro Picasso e gli altri: leggi qui la nostra recensione
Woman in gold
Sulla linea dell’arte nella sua significanza più vitale e immarcescibile si sviluppa quest’ultimo film interpretato da Helen Mirren e Ryan Reynolds. La vera storia di Maria Altmann ha dell’incredibile. Durante l’occupazione tedesca molti beni e opere d’arte apparteneti alla sua famiglia furono trafugate. Tra essi il Ritratto di Adele Bloch-Bauer. Fu dipinto da Gustav Klimt nel 1907, ma sottratto dai nazisti alla famiglia della donna ritratta, venne restituito dall’Austria alla nipote di lei, la signora Altmann, soltanto nel 2006, dopo una lunga battaglia legale. Anche qui, nonostante l’errore dell’orrore, il bello resta. Anzi, torna.