Ghost Stories: il fascino british della paura
Ghost Stories, il nuovo film di Jeremy Dyson e Andy Nyman, è un ottimo racconto di fantasmi dove oltre alla paura si riscontra un tocco british puramente personale, che rende l'opera un lavoro chiaro e diverso dai soliti prodotti dell'orrore.
Gli inglesi sanno sempre farsi riconoscere. Quell’eleganza intrinseca anche nei più goffi di loro, la parlata cadenzata, quell’umorismo cinico che li contraddistingue da qualsiasi altro tipo di comicità. Un aplomb caratteristico che gli accompagna attraverso i generi, le trovate artistiche, il cinema e che sembra far capolino anche nei luoghi meno prevedibili, nelle situazioni sconvenevoli, come nel bel mezzo di un momento di panico. O anche di fronte ad un fantasma.
È quello che avviene nell’ultimo, spaventoso film Ghost Stories, scritto e sceneggiato da Jeremy Dyson ed Andy Nyman, che vede quest’ultimo vestire anche i panni del protagonista, il professor Phillip Goodman, impegnato a smascherare tutti coloro che si professano medium e conoscitori dei fenomeni sovrannaturali. Una vita dedicata a rendere l’astratto qualcosa di concreto e ricollegabile sempre al reale, una convinzione che inizia a scricchiolare quando Goodman si ritroverà immerso nella risoluzione di tre casi inspiegabili.
Ghost Stories – L’identità del film di Jeremy Dyson e Andy Nyman
Un ottimo thriller horror soprannaturale, Ghost Stories, che gioca con le camere oscure della mente per creare un senso di terrore puro e universale, che va però entrando nel particolare nei momenti di contorno, ossia nella costruzione del film che prescinde dai casi da analizzare. Se il timore e lo spavento di fronte a creature e situazioni di angoscia non riportabili alla normalità accomunano tutto il mondo, Ghost Stories cerca nella sua fabbricazione di imporre un’identità personale nel prodotto, un tocco riconoscibile, quel senso british che diventa una componente pregnante del lavoro dei due registi.
È dunque un’atmosfera placida quella che si accinge ad alimentare i salti dalla poltrona degli spettatori e quelle loro urla destinate a rimanere strette come un nodo nella gola. La calma statica degli inglesi che riescono a prepararsi al peggio non dando mai segno di scomporsi troppo e rendendo così un film dell’orrore un’esperienza da vivere senza perdersi nel caos della paura, ma incanalandola e vivendola pienamente. Una demarcazione netta che pone dunque il film su tutt’altro piano rispetto alla convenzionalità dei film di genere che vengono spesso proposti e che aggiunge carattere all’opera, fornendole una personalità precisa e raggiunta in maniera lodevole.
Ghost Stories – Quell’ironia british davanti ai fantasmi
Oltre poi alla presenza efficace di una dose di spavento che tocca livelli di sbigottimento tali da scombussolare il pubblico, il nuovo film dei registi Jeremy Dyson e Andy Nyman mescola all’obiettivo di portare lo spettatore ad uno stadio di timore costante un’ironia che si insinua sottile tra le parole di Ghost Stories. Un sense of humor puramente british che non fa certo dimenticare la situazione di disagio che si sta attraversando durante la visione della pellicola, ma che rende l’opera un’esperienza da assorbire in diverse forme, tra le quali spunta anche quella della risata nel momento di difficoltà. Pur quindi arricchendo i racconti di umorismo, gli autori riescono a tenere sempre presente quale punto non oltrepassare per non rendere il film un ibrido senza un determinato scopo, utilizzando il potere del riso, ma avendo chiaro come obiettivo la paura dello spettatore.
Un horror che sfrutta tutto il suo potenziale raccontando tre storie di fantasmi pronte a venir narrate sul grande schermo per rimanere impresse nella memoria. Un’opera che ha saputo fare della propria nazionalità un trampolino di lancio per diversificarsi dalla massa di altri lavori e che gioca con il paranormale e la mente per mandare in confusione le convinzioni dei personaggi e del suo pubblico.