Honey Boy: quanto c’è di vero nel film su Shia LaBeouf
La storia dell'infanzia di Shia LaBeouf, uno degli attori più promettenti del nuovo millennio, è il soggetto perfetto per Honey Boy, un titolo viscerale e travolgente.
Da una sceneggiatura di Shia LaBeouf, basata sulle sue esperienze personali, Honey Boy porta in vita la struggente infanzia e i primi anni dell’età adulta di un giovane attore, mentre lotta per riconciliarsi con suo padre attraverso il cinema e i sogni. Noah Hupe e Lucas Hedges vestono i panni di Otis Lort, un ragazzo prodigio che ha sempre conservato con sé il talento della recitazione. LaBeouf affronta la sfida audace e terapeutica di interpretare suo padre, un ex clown di rodeo e criminale. Riconoscendo i limiti che sono stati varcati e il bisogno di una lunga permanenza in riabilitazione, l’attore losangelino ha avuto il compito di affrontare il suo passato tramite la scrittura e la stesura di un copione.
Honey Boy: una condotta disastrosa da rivedere
Ottenendo notorietà attraverso uno degli show più seguiti su Disney Channel nei primi anni 2000, Even Stevens, Shia LaBeouf ha collezionato progetti di successo. La transizione da bambino rivelazione ad attore ben navigato e versatile è avvenuta con diverse difficoltà che lo hanno messo a dura prova. Dal 2007, ha sempre mostrato segni di cedimento e stress incontrollabile con bizzarri comportamenti e problemi di alcolismo, finendo per essere internato in riabilitazione, con ordine diretto dal tribunale.
LaBeouf ha affermato di soffrire di disturbo di stress post-traumatico, provocato dall’atteggiamento del padre, estremamente ansioso e irrequieto. Durante il periodo riabilitativo si sottopose alla Terapia dell’Esposizione Narrativa: in questa delicata operazione, l’attore ha lavorato su di sé e sul modo di porsi alle persone che gli stanno vicino. Nell’esposizione si visualizzano i ricordi più vividi e i drammatici eventi che colpiscono incautamente la psiche del paziente; si rielabora la memoria inserendo dettagli specifici e passaggi di trama significativi che segnano l’infanzia e l’adolescenza distorta, da ripristinare. Sviluppando una storia attraverso l’autobiografia, LaBeouf ha avuto modo di riconoscere il significato delle reti emotive correlate al trauma e ha compreso schemi e modelli comportamentali da adottare per rompere i legami col padre.
Honey Boy: il rapporto deleterio di Shia LaBeouf con un padre violento
Per LaBeouf è imperativo riconoscersi in Otis Lort, un sorprendente Noah Jupe, e nel frattempo ricoprire il ruolo di padre, James Lort. Il bambino protagonista di Honey Boy è il capofamiglia di un nucleo mai compatto, condizionato da una personalità accesa come quella di un padre irascibile e consumato dalla voglia di ottenere fama e riconoscimenti tramite le performance di suo figlio. Una dinamica che combacia perfettamente con la realtà dei fatti: per LaBeouf le scene sono state molto difficili da svolgere. Ha avuto la capacità di entrare in empatia con il suo vero padre ed elaborare in tempo reale il suo stress. Ha affermato a tal proposito:
L’ unico modo per superare il dolore era in questo modo. Non riconoscendomi in mio padre con la scrittura ma attraverso l’interpretazione. Ed è reale, terapeutico. Come una sorta di ombra che cerca di trascinarmi via ma sono riuscito a tenerle testa.
Non si parlano da sette anni e ancora non si sono stabiliti dei contatti fra di loro. Jeffrey Craig LaBeouf – questo il vero nome del padre – non si curò minimamente del benessere della piccola promessa di Hollywood, con un senso di protezione reinterpretato e piegato alle sue volontà; il risultato è una presenza scomoda tra le mura di un motel fatiscente, mentre Otus/Shia è intento a racimolare soldi per permettersi da vivere. La pressione esercitata era talmente forte che il bambino sfruttò il divorzio fra i suoi genitori per liberarsi definitivamente della oppressiva figura paterna.
LaBeouf ha dovuto affrontare da quel momento una serie di successi cinematografici (come la trilogia di Trasformers o Indiana Jones e Il Regno del Teschio di Cristallo), che andavano a scontrarsi con l’impellente bisogno di sfogarsi in maniera creativa ed esprimere tutto il suo disappunto nei confronti di figure di riferimento ed esempi che non sono mai stati dalla sua parte. La relazione, trasposta in Honey Boy e diretto dalla pluri-premiata Alma Har’el, tra Otis e James è stata straziante da testimoniare, ma estremamente funzionale a quel processo di Esposizione Narrativa riservato a LaBoeuf. Si tratta di un mirabile traguardo, nonché di una soluzione efficace per rimettere insieme i frammenti di ricordi nebulosi che assillavano la mente dell’attore.