Il buono, il brutto, il cattivo: la colonna sonora del film
Nella colonna sonora de Il buono, il brutto, il cattivo Ennio Morricone continua il suo consueto accostamento tra personaggio e melodia, che si ripete moderato e discreto lungo tutta la durata del film, fino all'esplosione finale.
Se Sergio Leone, la sua trilogia del dollaro e tutto il genere dello “spaghetti western” sono entrati di prepotenza nella storia del cinema mondiale, lo devono a elementi iconici, per non dire monumentali: tra questi si trovano, inevitabilmente, alcuni film celeberrimi tra cui il leggendario Il buono, il brutto, il cattivo. A sua volta, il film tra i più emblematici della carriera leoniana, vede nella colonna sonora uno di quegli elementi imprescindibili per la sua consistenza di monumento cinematografico. Sergio Leone si avvale ancora una volta della maestria, sapiente e appassionata ma mai altezzosa, delle melodie di Ennio Morricone. Il compositore dà in questi frangente un’ulteriore prova della sua capacità di mescolare realtà e diegesi, musica e natura, per produrre qualcosa che trascende l’hic et nunc non solo filmico, ma anche cinematografico in generale.
In Il buono, il brutto, il cattivo Ennio Morricone dirige strumenti e voci alla ricerca di un’identità unica tra ambiente e musica
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Morricone continua anche in Il buono, il brutto, il cattivo nel suo consueto accostamento tra personaggio e melodia, che si ripete moderato e discreto lungo tutta la durata del film, fino all’esplosione finale: in questo caso, ça va sans dire, il triello finale gestisce anche l’accompagnamento musicale in modo faraonico. I tre protagonisti sono accomunati fin dall’inizio del film da vari obiettivi e da molte caratteristiche personali, ma anche da una stessa melodia che, pur coniugata con strumenti e tonalità diverse, si rende sempre riconoscibile anche senza rubare la scena agli eventi narrati in primo piano. Sul finale arriva il coronamento di questo processo di continui avvicinamenti e separazioni dei protagonisti, che inizia con l’esaltazione apicale dell’inconfondibile melodia e che dà inizio a una lunghissima traccia che si sfoga con una corsa a perdifiato lungo il cimitero, alla ricerca della tomba contenente il bottino; una corsa tanto liberatoria quanto enfatica e ansiogena. Ancora una volta in questo crescendo, Morricone dirige strumenti e voci alla ricerca di un’identità unica tra ambiente (rumori, natura e animali) e musica, tale da sembrare estremamente naturale, data anche la familiarità delle melodie a quest’altezza del film, eppure ben evidente.
Il connubio tra compositore e regista nel campo dei film western trova, nella colonna sonora de Il buono, il brutto, il cattivo, la sua apoteosi
Il buono, il brutto, il cattivo costituisce una pietra miliare nella storia del cinema italiano e mondiale e, in questo senso, ogni singolo elemento produttivo e narrativo contribuisce in maniera sostanziale alla formazione di questo colosso. Il connubio tra compositore e regista nel campo dei film western trova in questo film la sua apoteosi, subito prima di formare l’ulteriore evoluzione del genere che è C’era una volta il West, definibile appunto come l’esaltazione del mondo del West e, insieme, la sua negazione punto per punto. La corsa del Brutto e la conseguente immobilizzazione dei protagonisti in corsa per aggiudicarsi l’oro assurge a emblema del genere intero, avvalendosi, come detto, di un sostanziale contributo da parte della colonna sonora, scritta nota dopo nota appositamente per seguire i movimenti dei personaggi e caratterizzarne il comportamento, inducendo anche negli spettatori una subdola consapevolezza evidente solo nelle sue esplosioni, non tanto nel suo andamento carsico.
Tracce come quella eponima o come L’estasi dell’oro sono entrate a far parte della cultura collettiva, tanto da comparire nei concerti dei Ramones e dei Metallica: l’ululato del coyote sembra risuonare con decisione ogni volta fuori dalle coordinate spazio-temporali. Piccola curiosità: il riff accomuna tutti e tre i protagonisti, ma per ognuno è stato utilizzato uno strumento diverso, il flauto per Clint Eastwood, l’ocarina per Lee Van Cleef e la voce cantante per Eli Wallach.