Il Gattopardo: 5 differenze tra la serie Netflix e il film di Luchino Visconti

Una nuova protagonista femminile, la "fuga" dalla Sicilia, ma non solo: ecco a voi 5 differenze tra Il Gattopardo di Luchino Visconti e la miniserie su Netflix dal 5 marzo 2025.

Dal 5 marzo 2025 è disponibile su Netflix l’adattamento in sei episodi di uno dei più importanti romanzi del Novecento italiano: Il Gattopardo, scritto dal principe Giuseppe Tomasi di Lampedusa, pubblicato (postumo) nel 1958 e salutato dall’apprezzamento unanime di pubblico e critica. Ambientato in Sicilia all’epoca dei moti risorgimentali del 1860 e oltre, il romanzo è un impietoso commento sul tramonto di un mondo (aristocratico), sull’eternità di tanti cattivi difetti dell’uomo e sull’effimera natura delle cose. Se la miniserie Netflix, scritta da Richard Warlow e Benji Walters e diretta da Tom Shankland (ep. 1,2,3,6), Giuseppe Capotondi (ep. 4) e Laura Luchetti (ep.5) è il primo adattamento per l’epoca dello streaming, non è tuttavia il primo in assoluto. Nel 1963, cinque anni dopo la pubblicazione del romanzo, c’era stato il leggendario, costosissimo e premiato (Palma d’Oro al Festival di Cannes) film diretto da Luchino Visconti con Burt Lancaster, Claudia Cardinale e Alain Delon. Quali sono le principali differenze tra il film e la miniserie? Dal cast agli ambienti al significato dell’opera, troverete tutto quello che c’è da sapere nei prossimi paragrafi. Si comincia con la differenza più vistosa.

1. Il Gattopardo di Netflix mette una donna, Concetta, al centro

Il Gattopardo; cinematographe.it
credit: Netflix / Lucia Iuorio.

Marginale nel romanzo, laterale nel film, il personaggio di Concetta è il cuore dell’adattamento Netflix. Nel capolavoro di Luchino Visconti, Concetta era interpretata da Lucilla Morlacchi e restava sempre in secondo piano: un sentimento non corrisposto per Tancredi (Alain Delon), l’ombra di Angelica (Claudia Cardinale) a sovrastarla e via, a intristirsi a distanza per la felicità della coppia. Il Gattopardo di Netflix cambia tutto e la mette al centro della scena. Interpretata da Benedetta Porcaroli, Concetta diventa il filtro attraverso cui rileggere i grandi temi del romanzo – vita, morte, amore e potere – ma non solo. Il sentimento per Tancredi (Saul Nanni), il rapporto che ne deriva, è il motore emotivo della storia, anche più dell’amore del giovane per Angelica (Deva Cassel). L’inedita centralità di Concetta segna la differenza più marcata tra il film e la miniserie. Trasforma l’adattamento Netflix in un dramma familiare – la storia di un padre, il Principe di Salina (Kim Rossi Stuart), e di sua figlia – schiaccia la profondità del romanzo e propone una sorta di empowerment al femminile abbastanza anacronistico per il tipo di storia. Il film si muoveva in tutt’altra direzione.

2. Il Gattopardo: il don Fabrizio di Kim Rossi Stuart è diverso, più tormentato, rispetto alla versione di Burt Lancaster

Il Gattopardo Cinematographe.it

Don Fabrizio Corbera, principe di Salina, duca di Querceta, marchese di Donnafugata. Nel film di Luchino Visconti era il protagonista indiscusso e lo interpretava un peso massimo del cinema americano, il ruvido con un’anima, mr. Burt Lancaster. Nella miniserie Netflix è uno dei più importanti attori italiani, Kim Rossi Stuart. Il Principe di Salina – nel romanzo, nel film e nella miniserie – è l’incarnazione di un mondo aristocratico in declino. I tratti: imponenza fisica, carisma, carattere impetuoso, piglio autoritario, integrità e saggezza. Kim Rossi Stuart regge bene il confronto con l’ombra monumentale di Lancaster – che costruì don Fabrizio rubando movenze e piglio al conte Luchino, il suo regista – sul piano del carisma e dell’autorevolezza, portando il personaggio in zone poco esplorate dal film. Luchino Visconti non si concentra sul declino e la morte di don Fabrizio – come invece fanno il romanzo e soprattutto la miniserie – limitandosi a qualche accenno sul finale. Il Principe di Salina, per come ce lo restituisce Il Gattopardo di Netflix, è, coerentemente con l’intensità nervosa di Kim Rossi Stuart, un personaggio più fragile e tormentato. Assente nel film, la sua morte trova grande spazio nella miniserie.

3. Il Gattopardo di Netflix “tradisce” la Sicilia: le location sono diverse!

credit: Netflix / Lucia Iuorio.

Il gigantismo produttivo era il marchio di fabbrica di Luchino Visconti e Il Gattopardo non fa eccezione. Secondo il produttore Goffredo Lombardo fece fallire la Titanus, la storica casa di produzione italiana responsabile dell’adattamento. Falso, a dissanguare la Titanus contribuì soprattutto la disastrosa lavorazione di Sodoma e Gomorra (Robert Aldrich, 1962), ma è vero che Visconti era un maestro perfezionista senza pari. Non soltanto ogni indumento, ogni oggetto di scena o drappeggio – persino la biancheria intima e le posate, che non si sarebbero mai viste! – doveva essere di comprovata qualità e, va da sé, originale; anche gli interni e gli esterni dovevano aderire scrupolosamente a un bisogno di verosimiglianza assoluta. Il Gattopardo 1963 è girato in Sicilia, tra Palermo (centro e sobborghi) e Catania. Il Gattopardo di Netflix “tradisce” l’isola in due modi. Sposta le location in giro per l’Italia, dall’Hotel Plaza di Roma a Villa Parisi a Frascati, senza scordare Palermo e Catania. E trasloca in Piemonte un momento clou del romanzo: la visita del cavaliere Chevalley di Monterzuolo (Corrado Invernizzi), che offre a don Fabrizio la nomina a senatore del neonato Regno d’Italia (rifiuterà). Se nel film del 1963 (e nel romanzo) la proposta veniva fatta in Sicilia, nella residenza dei Corbera, la miniserie sposta tutto a Torino, portando Il Gattopardo, per la prima volta nella sua storia, lontano dall’isola.

4. La serie Netflix racconta il tempo che passa in maniera più evidente rispetto al film di Luchino Visconti, e perde un pezzo

Il Gattopardo; cinematographe.it
credit: Netflix / Lucia Iuorio.

Uno dei punti di forza del romanzo è il paradosso di una narrazione dilatata – si comincia nel 1860, si finisce con Angelica invecchiata e la dinastia smembrata, nel primo Novecento – e un testo agile. Il Gattopardo è un romanzo estremamente veloce; il tempo vola, un capitolo dopo l’altro. Il film di Luchino Visconti compatta la cronologia degli eventi e si sviluppa in maniera più organica e concisa; nelle tre ore circa di durata, copre un numero limitato di anni, contemporanei o di poco successivi alla spedizione dei Mille (1960). Il Gattopardo di Netflix recupera parte dell’originale flessibilità del romanzo – ogni episodio è un ideale capitolo della miniserie – spingendosi fin verso la fine del XIX secolo (la morte del Principe). Nel farlo, perde per strada – ma non si poteva fare altrimenti – un pezzo importante dell’architettura tematica del film e del romanzo: il suo sguardo particolare. Luchino Visconti e Giuseppe Tomasi di Lampedusa, entrambi nobili, con il libro e il film partecipavano al sentimento di malinconico rimpianto per un mondo, un immaginario, seppelliti dall’emergere della civiltà borghese e dei suoi valori. Il nostalgico ripiegamento verso un mondo scomparso era il filo conduttore del film e permetteva di tenere insieme tutto, il Risorgimento, l’amore, la vita e la morte. Il Gattopardo di Netflix se ne sbarazza, ridiscutendo i rapporti di forza tra i personaggi e rivalutando la figura di Concetta. Non è, non può essere, la stessa cosa.

5. Il triangolo no!

Il Gattopardo - Cinematographe

Nel capolavoro di Luchino Visconti, l’amore tra Angelica (Claudia Cardinale), bellissima borghese figlia del losco arricchito don Calogero Sedara (Paolo Stoppa), e Tancredi (Alain Delon), il cinico e affascinante nipote del Principe di Salina (Burt Lancaster), è più articolato rispetto alla miniserie. Il film sfuma i dissidi tra zio e nipote e si concentra sul rapporto di reciproca fascinazione tra l’anziano aristocratico e la giovane donna. Il leggendario valzer finale è l’apoteosi del rapporto tra Angelica e don Fabrizio; sposa Tancredi, ma è chiaro che la simpatia della ragazza – e del regista – va, non tanto al nuovo che avanza (Delon), quanto al vecchio leone (Lancaster). Il Gattopardo di Netflix ribalta la prospettiva. Dell’amore tra Angelica (Deva Cassel) e Tancredi (Saul Nanni) sottolinea l’aspetto sordido dell’interesse economico e i continui tradimenti, dando spazio alla figura di don Calogero (Francesco Colella, bravissimo) e all’incontro-scontro con don Fabrizio. I contrasti tra zio e nipote sono più accentuati, come la rivalità tra Angelica e don Fabrizio, a tutto vantaggio della nuova protagonista, Concetta (Benedetta Porcaroli). Il ballo finale riavvicina i personaggi interpretati da Deva Cassel e Kim Rossi Stuart, ma manca il triangolo di sentimenti e attrazione che covava sotto la cenere del film del 1963.