Il ragazzo dai pantaloni rosa: la storia vera di Andrea Spezzacatena

Un film racconta la storia di Andrea Spezzacatena, oltre il pantalone rosa. Noi ricostruiamo cosa accadde prima e dopo la sua tragica scomparsa.

Quanti Andrea Spezzacatena devono ancora esserci prima che si fermi questa carneficina? Mentre scriviamo queste righe un nuovo caso di suicidio scatenato da episodi di bullismo e/o cyberbullismo ha raggiunto i notiziari: è un’altra sconfitta, l’ennesima. Il ragazzo dai pantaloni rosa prende le mosse da una triste storia vera e dal dolore che si è lasciata dietro e cerca di diffondere il verbo della tolleranza e dell’accettazione. Ci riuscirà? Noi ce lo auguriamo, ma affinché ciò avvenga è necessario l’impegno di molti, anzi, di tutti.

Chi era Andrea Spezzacatena? La storia vera del ragazzo dai pantaloni rosa

Ma chi era Andrea Spezzacatena? Nel film di Margherita Ferri, tratto dal libro di Teresa Manes, Andrea oltre il pantalone rosa, a prestargli il volto è Samuele Carrino e la storia narrata non segue pedissequamente la vicenda reale, come ha tenuto a specificare la regista stessa durante l’incontro con le scuole e la stampa, tenutosi nella cornice delle Giornate nazionali del Cinema per la Scuola 2024. Lo scopo del film infatti è quello di raccontare la storia di Andrea senza soffermarsi esclusivamente sul gesto che l’ha reso tristemente noto, bensì sulla sua gioia, sull’amore per lo studio, per la musica e per la letteratura.

Nato a il 14 novembre del 1997, Andrea si tolse la vita pochi giorni dopo aver festeggiato il suo quindicesimo compleanno, il 20 novembre del 2012. Fu il primo caso di cyberbullismo, ma la pagina Facebook che era stata creata per prenderlo in giro (Il ragazzo dai pantaloni rosa) fu chiusa “su richiesta dell’Arcigay”, dice il padre in un’intervista a La Repubblica.

I genitori di Andrea: Teresa Manes e Tiziano Spezzacatena

Vedendo il film non si può non notare la centralità acquisita dalla famiglia e in particolar modo dalla madre Teresa Manes, che dopo la morte del figlio ha scritto un libro, gettandosi a capofitto in attività di prevenzione e iniziando a girare per le scuole. La Manes ha fondato l’Associazione italiana prevenzione bullismo, ha seguito l’approvazione della prima legge contro il cyberbullismo nel 2017 e nel 2022 è stata nominata Cavaliere della Repubblica dal presidente Sergio Mattarella.
Il padre, invece, a detta dello stesso Corrado Fortuna che lo interpreta nel film, ha preferito fare un passo indietro e non stare sotto i riflettori, al punto che in Il ragazzo dai pantaloni rosa gli viene dato il nome di Tommaso, mentre nella vita reale si chiama Tiziano.
Come si vede anche nel film, il rapporto tra i genitori era segnato da continui litigi. Questo corrisponde a verità, così come è vera la separazione tra i due, a quanto pare avvenuta definitivamente dopo la tragica notizia che ha scosso la famiglia.

Quei pantaloni rossi pietra dello scandalo

Ma torniamo ad Andrea! Perché si è tolto la vita? Il film ne rintraccia la causa in un paio di pantaloni rossi, divenuti rosa dopo un lavaggio sbagliato e comunque indossati fieramente dal ragazzo. (A tal proposito vale la pena riportare quanto si legge alla fine del film diretto da Margherita Ferri, firmato Teresa Manes: “Ho certamente commesso degli errori con mio figlio, ma fargli indossare i pantaloni rosa non è tra quelli”).

Questo avrebbe portato a una serie di insulti e addirittura alla creazione di una pagina Facebook creata ad hoc per deriderlo e nella quale sarebbero emersi commenti di cattivo gusto. Pare che Andrea abbia cercato di fronteggiare tale situazione, di andare avanti nonostante tutto e anzi di rincarare la dose, presentandosi a scuola con le unghie smaltate.
Probabilmente alcune cose all’interno del film sono state inventate o amplificate al fine di rendere più fruibile la storia, come ad esempio il travestimento da donna che non sarebbe avvenuto durante la festa della scuola, bensì durante il giorno di Carnevale.

Come riporta la madre in un post social “scoprì l’esistenza di una pagina Facebook dove veniva etichettato come ‘Il ragazzo dai pantaloni rosa’ che aprì lo scenario del bullismo.
Anzi del cyberbullismo. Solo che i like su quella pagina erano solo 27, troppo pochi per essere considerati come influenti e determinanti una scelta tanto estrema.
Non si è tenuto conto però che quel numero poteva essere rappresentativo di un gruppo classe, ad esempio.
Mio figlio nell’ultimo mese di vita si laccava le unghie. ‘Se ti metti lo smalto NON PUOI NON ASPETTARTI la presa in giro‘ disse, davanti al giudice del tribunale ordinario, un avvocato difensore di uno degli insegnanti indagati.
Mi venne in mente il caso della donna a cui venne negato di essere riconosciuta come vittima di stupro perché indossava un jeans attillato, quando fu aggredita…”

Come si è tolto la vita Andrea Spezzacatena e cosa è accaduto dopo?

In un servizio di Chi l’ha visto? del 9 novembre 2016 la madre di Andrea racconta ciò che accadde il quel tragico 20 novembre del 2012, ricordando che lei si trovava in Calabria dai suoi genitori quando ricevette la chiamata dell’ex marito e ne sentì le grida, al punto di chiamare lei stessa i carabinieri affinché arrivassero sul posto. Giunta a Roma, apprese quanto accaduto senza rendersi conto del motivo, poiché fino a meno di una settimana prima Andrea aveva festeggiato serenamente il suo quindicesimo compleanno.
Teresa si accorge che la morte del figlio è divenuto un caso di cronaca quando riceve una telefonata da parte della rappresentante di classe, da lì emerge l’esistenza della pagina Facebook sulla quale saranno avanzate diverse ipotesi, come il fatto che a crearla, insieme ai compagni, sarebbe stato lo stesso Andrea. Ma la madre non può credere questo! Non può pensare che suo figlio abbia creato una pagina per insultarsi da solo, una pagina in cui appariva col nome storpiato di Qndria Iperracatina.

Andrea Spezzacatena sale sulla scala e si toglie la vita impiccandosi con la sciarpa della madre. E a proposito di quest’ultimo dettaglio Teresa Manes scrive, in un post pubblicato su Facebook del 13 dicembre 2023: “L’ha fatto in casa, mettendosi comodo, in pigiama. L’ha fatto in una giornata di sole. Ha usato la mia sciarpa. Credo che nella scelta della sciarpa sia racchiusa la sua volontà a che lo accompagnassi in quella decisione folle, quasi a dargli forza in un intento che altrimenti, probabilmente, non avrebbe avuto.”
Non lascia nessun messaggio, ma sul braccio sinistro riporta una scritta a penna: “mosca cocchiera”.
Emergono adagio alcuni dettagli che fanno pensare a insulti omofobi: sul suo banco c’è scritto “Andrea frocio” (ed è lui l’unico a chiamarsi così in classe) e non è neanche chiaro cosa sia realmente accaduto quel giorno, cosa l’abbia portato a compiere un gesto così estremo, visto che proprio quella mattina si era segnato a una gara che si sarebbe tenuta la domenica successiva, a riprova della sua “volontà di vivere”, come dice la madre a Chi l’ha visto?.

“Io non vorrei esistere, non so perché è successo. Non ho mai fatto cose tanto orribili per meritarmi questo”, scrive Andrea Spezzacatena alla sua migliore amica.

Ma in tutto questo che ruolo assume la scuola?

Andrea frequentava la seconda classe del liceo scientifico Cavour di Roma e aveva un ottimo rapporto con i suoi insegnanti, specialmente con la docente di italiano. Ma la scuola sembra lavarsene le mani. “Siamo fermi alla camera ardente.” – aveva dichiarato il padre a La Repubblica a meno di un anno dalla scomparsa del figlio – “Si giustificavano e non capivo perché. ‘Andrea era forte, Andrea sapeva difendersi, era superiore’. Mettevano le mani avanti, poi neppure una telefonata. Una scuola oggi è un’azienda: deve lavare tutto in casa, deve salvare il nome. Al liceo Cavour si sono chiusi a riccio e in questo modo lasciano crescere culture sbagliate”.

A supporto di questa chiusura un dettaglio: secondo quanto riportato nella già citata e nota trasmissione Rai, durante il giorno del funerale una donna che si presenta come un’insegnante si avvicina al nonno del ragazzo, dicendo che sul muro della scuola c’era una scritta: “Non fidatevi del ragazzo con i pantaloni rosa, è frocio”, fatta subito cancellare. Nonostante i segni di vernice sul muro, tutti ne negano l’esistenza. La procura di Roma apre un fascicolo e finiscono tra gli indagati la preside e due insegnati per omessa vigilanza, ma dopo un anno tutto viene archiviato. La motivazione che viene data al suo suicidio è l’amore non corrisposto per una coetanea, mentre vengono negate le accuse di omofobia.

Le stesse accuse che hanno indotto diverse associazioni a mobilitarsi, ma Andrea non era omosessuale, a detta del padre, era solo eccentrico. E questo Tiziano Spezzacatena ci tiene a sottolinearlo, semplicemente perché quell’accusa infondata ha causato la morte di Andrea.

Il fratello minore di Andrea, Daniele

Nel film Il ragazzo dai pantaloni rosa non si può fare a meno di notare il rapporto tra Andrea e il fratellino Daniele, che il ragazzo sembra proteggere anche dai piccoli e grandi dilemmi della vita, come può essere (per un adolescente e per un bambino) un litigio tra i genitori. È sempre Teresa Manes che parla del figlio Daniele in un post Facebook in cui ne mostra la foto spiegando che “aveva poco più di 10 anni quando si è trovato davanti agli occhi il corpo esanime del fratello Andrea, appeso con una sciarpa ad una scala. Con Tiziano (il papà) decidemmo di rimandarlo a scuola dopo una settimana o poco più dai funerali. Frequentava la V elementare, all’epoca”.

Nello stesso post la donna conclude dicendo: “faccio tutto questo unicamente per evitare che altre persone possano conoscere l’inferno in cui noi siamo caduti e dove vi abbiamo lasciato la pelle.”

Il ragazzo dai pantaloni rosa: perché non ci siano altri Andrea Spezzacatena

il ragazzo dai pantaloni rosa recensione cinematographe.it

Tutti noi possiamo immaginare cosa abbia provato in quel periodo, ma nessuno purtroppo saprà mai cosa è realmente accaduto, poiché Andrea non c’è più e non può rispondere, non può difendersi.
Probabilmente avrà pensato ciò che balenerebbe nella testa di chiunque si ritrovi a subire un atto di cyberbullismo, ovvero che quanto viene pubblicato sui social non si cancella mai più e che quindi anche cambiare scuola non lo avrebbe aiutato a cambiare la sua reputazione.
Un ragazzo apparentemente così solare, con ottimi voti a scuola e una predilezione naturale per la cultura, che però non ha retto al peso degli insulti che gli venivano continuamente rivolti, all’isolamento causato dal branco che si era avvinghiato contro di lui, alla cattiveria che soprattutto in età adolescenziale emerge, per mancata educazione o semplicemente per paura di essere a sua volta attaccati.

Il ragazzo dai pantaloni rosa, al cinema dal 7 novembre 2024, ricorda la vita di Andrea Spezzacatena e si fa promotore di una campagna atta a sensibilizzare gli adolescenti, le loro famiglie, le scuole e tutti coloro che potrebbero e dovrebbero lavorare affinché certe notizie spariscano dai giornali. A oggi, secondo l’Osservatorio indifesa 2024 di Terre des Hommes, il 63% dei ragazzi tra i 14 e i 26 anni ha subito atti di bullismo e il 19% di cyberbullismo.

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