Il silenzio della città bianca: la spiegazione del film Netflix
Tra simboli e omicidi, cerchiamo di capire meglio le azioni del Killer dei Dormienti in Il silenzio della città bianca.
Diretto da Daniel Calparsoro, il thriller spagnolo targato Netflix, Il silenzio della città bianca, ci porta a Vitoria, sulle tracce di un assassino che si diletta a compiere strani omicidi in cui convergono conoscenze religiose, storiche e fisiche che danno profondità alla trama del film tratto dai romanzi di Eva de Urturi.
A guidare le indagini troviamo il profiler Unai Ayala (Javier Rey) e la detective Alba Savatierra (Belén Rueda), a cui spetta il compito di scovare il misterioso Killer dei Dormienti che già anni prima aveva scosso la Spagna. Adesso le forze dell’ordine si ritrovano con un condannato innocente – Tasio Ortiz de Zárate, interpretato da Àlex Brendemühl – e un nuovo nome da ricercare.
Il silenzio della città bianca mette davanti agli occhi dello spettatore i diversi passaggi che inducono alla conclusione, anche attraverso flashback e allegorie, ma se per caso vi è sfuggito qualcosa, ecco una spiegazione dettagliata del film, disponibile su Netflix.
Perché Mario sta commettendo gli omicidi?
La prima metà de Il silenzio della città bianca si concentra sulla ricerca del misterioso assassino che ha tenuto sotto scacco l’intera città. A sconvolgere i detective e i cittadini è il ritrovamento di due corpi all’interno di una cattedrale: un giovane uomo e una giovane donna che giacciono nudi nel luogo sacro, con un girasole appassito posto nelle parti intime e delle api ancora vive in bocca.
Ad allarmare è il fatto che l’esecuzione dei due innocenti sia piuttosto simile ad una serie di omicidi consumatisi circa vent’anni prima. E mentre i protagonisti sono all’oscuro di chi sia l’artefice di tale barbarie, lo spettatore ha la possibilità di accostare quasi fin da subito il volto del killer a quello di Mario (Manolo Solo), marito della detective a capo delle indagini, Alba (che in seguito avrà una storia con Unai Ayala).
A creare confusione nella prima metà del film è il fatto che il presunto autore degli omicidi è ancora in prigione. Tasio (Àlex Brendemühl) infatti è stato condannato due decenni prima: i cruenti atti compiuti aderiscono a quanto riportato nei suoi romanzi, ma ciononostante l’uomo si è sempre detto innocente, proprio come il suo fratello gemello. Eppure qualcosa ci fa intuire che entrambi hanno a che fare con quanto sta succedendo, ma il legame con Mario sfugge al pari della motivazione che spinge l’uomo a uccidere.
Il silenzio della città bianca: chi è il ragazzo dai capelli rossi?
In uno dei flashback che la pellicola propone notiamo un ragazzo dai capelli rossi che viene bullizzato da due ragazzi ricchi durante il funerale della loro madre. Si tratta chiaramente dei due gemelli Tasio e Ignacio Ortiz de Zárate. Ma c’è un’altra scena che provvede a fornirci un dettaglio, quella in cui il padre del protagonista mostra al figlio una foto della madre dei due gemelli (un’elegante signora ritratta con la sigaretta in mano), raccontandogli delle voci che giravano sul suo conto, secondo le quali si era sposata col marito pur essendo incinta di un altro uomo. Una diceria che ci viene confermata da un’altra sequenza che mostra la donna dare alla luce un bambino dai capelli rossi, che però le viene strappato dalle braccia e sostituito con due gemelli.
A rispondere alla domanda su che fine abbia fatto quel bambino provvede la visione di Mario in bagno, mentre si tinge i capelli, coprendo il suo naturale rosso col castano scuro.
È chiaro allora che, seppur distanti, questi pezzi di puzzle vanno a ricomporsi nella nostra mente, facendoci supporre che Maria sia il ragazzo dai capelli rossi il quale, dopo aver subito l’umiliazione ed essere stato maltrattato, decide di costruire tutto alla perfezione al fine di vendicarsi. Ma il suo animo cattivo traspare anche in un altro flashback in cui il ragazzo dai capelli rossi viene picchiato dal padre (è evidente che la ragione sia collegabile alla lite avuta con i gemelli) che lo insulta dicendogli che è un bastardo. Sicuramente per rabbia il ragazzo prende delle foglie di tasso e le mette nella cena, avvelenando così tutta la famiglia e poi dando fuoco all’abitazione.
Indagando, Ayala scova dei legami tra il ragazzo dai capelli rossi e il caso del Killer dei Dormienti, scoprendo che il vero nome del ragazzo era Nancho. Scavando nel suo passato, apprende che è morto in un incendio causato da una scintilla della sua lampada e che all’interno di un vecchio album fotografico tantissime foto lo ritraggono insieme a un altro tizio: Mario, suo compagno di stanza al college nonché suo caro amico. Ciò che attira è il fatto che i due ragazzi sembravano uguali al punto che in molti li scambiavano.
Ciò potrebbe indurci a una conclusione, ovvero che Nancho ha fatto in modo di assomigliare il più possibile a Mario fino a ucciderlo e ad assumerne l’identità.
Certo, l’altra ipotesi potrebbe essere che, data la morte di Nancho e la vicinanza tra i due, Mario si sia preso la briga di compiere la vendetta al suo posto e che quindi i primi omicidi siano stati commessi da Nancho e poi da Mario. Ma la scena in cui l’uomo si tinge i capelli ci fa nettamente capire che il ragazzo dai capelli rossi è ancora vivo e vegeto.
Il simbolismo dietro gli omicidi in Il silenzio della città bianca
Ad attirare nel film di Daniel Calparsoro è il fatto che tutti gli omicidi siano legati a dei simboli, soprattutto religiosi. Mario usa infatti le api per uccidere le sue vittime, ponendo poi i loro corpi in una posizione molto specifica, circondati da girasoli.
Altro filo conduttore tra gli omicidi è il fatto che le vittime appartengano tutte a una classe sociale agiata: sono bambini e ragazzi ricchi (tranne le ultime due vittime, che invece sono indirizzate a colpire chi sta conducendo le indagini).
A darci una dritta sulla spiegazione simbolica di api e fiori provvede la visita di Mario a una Cattedrale sulle cui pareti si trovano diverse raffigurazioni di Adamo ed Eva e delle statue. È interessare ascoltare il racconto dell’uomo che lavora all’interno del luogo sacro e capirne meglio il significato. La storia della cacciata di Adamo ed Eva dall’Eden viene vista da un’altra prospettiva. Inoltre l’uomo racconta che il giardino dell’Eden era circondato da girasoli mentre a proposito della api, che copiose appaiono sui dipinti, le paragona a delle messaggere tra noi e la terra dei morti, sottolineandone anche l’importanza all’interno del ciclo della vita.
A corredare il tutto il dettaglio dell’albero della conoscenza, che nella cultura comune è notoriamente un melo e invece a detta dell’uomo si trattava di un tasso, visto che l’unica cosa non velenosa dell’albero sono i suoi frutti.
Tutto ciò non può che ricollegarci agli omicidi di Mario e a quei corpi senza vita circondati da fiori di girasole come se stessero nel giardino divino, posti come due amanti proprio come la prima coppia umana e infine con delle api nel cavo orale. Ma anche il significato del tasso è importante, poiché rappresenta la conoscenza della storia antica. Infine ci chiediamo il perché della classe sociale di appartenenza delle vittime e il motivo ci riconduce all’avidità. Forse un parallelismo con la condizione di agiatezza che accomuna i ricchi ad Adamo ed Eva (che nell’Eden di fatto avevano tutto ciò di cui avevano bisogno) o una semplice vendetta derivata dal fatto di non essere come loro e di aver subito le loro ingiustizie da ragazzino.
Il silenzio della città bianca: cosa succede nel finale?
Negli ultimi momenti del film, Mario riesce a catturare sia Ayala che la moglie che lo ha tradito, cercando di ucciderli nello stesso modo in cui ha ucciso tutte le altre vittime. Ma in qualche modo, prima di poter eseguire l’intera procedura di soffocamento con le api, Ayala riesce a scappare e lo ferma. Alla fine, Mario viene ucciso ma anche Ayala subisce un infortunio fatale che ci fa temere il peggio.
A risollevarci è la scena dopo, che ce lo mostra in ospedale, il che significa che forse c’è ancora qualcosa da fare. Inoltre nel finale si ripete una procedura che il padre di Ayala compie all’inizio e che fa riferimento a un rito popolare di fatto in uso (con le dovute differenze) presso diverse culture. Nell’incipit cura la puntura d’ape del figlio strofinandogli la mela e poi sotterrandola per farla marcire. Alla fine del film invece si serve sempre di preghiere e frutti e rami di melo. E, sorpresa: Ayala apre finalmente gli occhi!