10 attori “da commedia” che dovreste adorare nei film horror
Chi sono gli attori più versatili di Hollywood? Quelli che siamo abituati a vedere in ruoli da commedia e che poi ci hanno sorpreso nei film horror?
Nessuno ci avrebbe mai scommesso, eppure hanno lasciato il segno. Interpreti abituati a navigare nei territori delle commedie romantiche o d’impronta demenziale, alle prese con progetti più grandi di loro, che si pensava fossero al di là delle loro capacità recitative. Di chi stiamo parlando? Chiaramente di tutti quei volti di Hollywood che, partendo da film meno impegnati, sono arrivati a horror, thriller e film drammatici di spessore, sorprendendoci e ricordandoci che il loro punto di forza non è l’ilarità quanto la versatilità: un elemento vincente per dominare la scena. Dieci le personalità che hanno fatto la differenza, 10 attori comici che hanno avuto successo oltre risata: ecco chi sono.
10 attori “comici” che ci hanno lasciati senza fiato nei film horror
Jim Carrey nel film Number 23
Si è fatto conoscere con un tris di pellicole iconiche e dall’alto tasso di divertimento (Ace Ventura, Scemo e Più Scemo, The Mask). Un vero mattatore che, all’inizio degli anni ’90, ha saputo coinvolgere intere platee con le sue inconfondibili mimiche facciali. Una partenza stellare, contornato da ruoli drammatici altrettanto di spessore, come l’acclamato The Truman Show. L’ulteriore balzo in avanti avviene sotto la direzione di Joel Schumacher nel 2007 con Number 23.
Carrey ricopre il ruolo di Walter Sparrow, un accalappiacani in preda ad allucinazioni e visioni disturbanti, riguardanti un passato oscuro e dai mille risvolti. Da marito laborioso e amorevole, a potenziale minaccia per la sua famiglia. La sua performance si rivelerà essere la qualità più rilevante del thriller con venature marcatamente horror. Con richiami a un cinema ossessivo e maniacale, in pieno stile Allucinazioni Perverse di Adrian Lyne, Carrey centra il bersaglio e persuade lo spettatore, riconfermando la sua posizione di trasformista della scena.
Andy Nyman nell’horror Ghost Stories
Perché vedere Ghost Stories? 5 motivi per non perdere il film
Classe 1966. Andy Nyman è un volto non molto noto, salito alla ribalta grazie a ruoli esilaranti in horror dai contorni demenziali, come Severance – Tagli Al Personale (2006) e la miniserie Dead Set. Ha acquisito col tempo una presenza scenica di assoluto valore, in grado d’imprimere la personalità richiesta per divertire e intrattenere con classe. Proviene anche dal mondo dell’illusionismo e ha messo in scena diversi spettacoli assieme a Derren Brown, uno scrittore e ipnotista britannico. Insieme si sono dedicati a elaborate perfomance di lettura della mente e in altra gesta di mentalismo in bilico fra pratiche psichiche e poteri paranormali.
Grazie a questo background, si è potuto mettere in proprio con lo sceneggiatore Jeremy Dyson per realizzare lo spettacolo teatrale Ghost Stories e il suo omonimo lungometraggio. Un punto di svolta spiazzante per la sua carriera, con un titolo pregno di momenti agghiaccianti. Si ridefinisce lo schema delle storie del terrore e Nyman assume il ruolo di giudice, giuria ed esecutore. Vestendo i panni del docente di psicologia Philip Goodman, l’interprete di Leicester ci fornisce di tantissime sfumature da cogliere e da prendere in esame per una risoluzione degli eventi degna di nota. Un’interpretazione che rimane decisamente impressa nei ricordi dello spettatore.
John Krasinski e il successo di A Quiet Place – Un posto tranquillo
A Quiet Place – Un Posto Tranquillo: la spiegazione del film
Debutta in commedie teatrali e si ritaglia uno spazio significativo per spiccare nel cast di The Office USA, serie televisiva del 2005 ideata da Ricky Gervais e Stephen Merchant. John Krasinski sembrava essere destinato a comparire in ruoli secondari e in commedie romantiche di successo (alle sue spalle le partecipazioni in Licenza di Matrimonio e L’Amore Non Va in Vacanza), ma con sua moglie Emily Blunt tenta di cambiare pelle. Vengono entrambi attratti in un progetto horror dal concept intrigante: creature mostruose che attaccano gli esseri umani intercettando ogni tipo di rumore emesso.
Si tratta di A Quiet Place – Un posto tranquillo. Un film finanziato da Michael Bay e la sua casa di produzione cinematografica Platinum Dunes, che ha preso forma grazie alla direzione e all’interpretazione incisiva dello stesso Krasinski. Un risultato sorprendente, che gode di un comparto sonoro e una gestione degli attori in scena assolutamente impeccabile. 17 milioni di dollari di budget, 400 milioni complessivi d’incasso in tutto il mondo. È la consacrazione di un attore divenuto versatile, che può assumere il comando di titoli ben distanti dagli standard che egli stesso si era imposto.
Kristen Wiig in Madre! di Darren Aronofsky
Attrice frizzante, una caricatura vivente dell’eterna incompresa. Una delle punte di diamante del Saturday Night Live negli Stati Uniti, ha sempre spiccato per le sue capacità d’intrattenitrice e imitatrice. Ha ottenuto ben quattro candidature agli Emmy Awards come miglior attrice non protagonista in una serie comica, e due come miglior attrice guest. Dallo show più seguito in America alla commedia campione d’incassi Le Amiche della Sposa, nel 2011 le viene steso il tappeto rosso anche per una potenziale carriera in ambito cinematografico.
Da un background così roseo e da una selezione di film adatti al suo dirompente carattere, mai ci si poteva aspettare la sua comparsa in Madre!, ultima pellicola del controverso regista Darren Aronofsky. Un titolo intenso dal punto di vista delle interpretazioni, con Wiig nel ruolo di un membro di una setta misteriosa, pronta a mettere a soqquadro l’equilibrio di coppia tra i protagonisti Jennifer Lawrence e Javier Bardem. La sua apparizione fugace segna per il carico emotivo che è riuscito a mettere in evidenza, e con disarmante nonchalance. Da qui si è creata nuove possibilità in ambito recitativo, e tra le prossime uscite al cinema ci dovremo preparare per il sequel di Wonder Woman, dove troveremo la Wiig nei panni del villain principale Cheetah.
Jason Bateman in The Gift
Uno dei volti più rappresentativi della commedia americana contemporanea. Jason Bateman, figlio di uno sceneggiatore televisivo, comincia già da adolescente ad apparire in serie TV di notevole successo, come La Casa Nella Prateria (1981-82) o La Famiglia Hogan (1986-91). Una personalità espansiva, che si adatta a qualsiasi tipo di prodotto per famiglie o titoli altamente demenziali, rivolti essenzialmente ad adulti. Una carriera che ha cominciato a delinearsi con il ruolo di Michael Bluth in Arrested Developement, serie composta da 5 stagioni e ancora in corso attualmente su Netflix. La grande svolta arriva con The Gift – Regali da Uno Sconosciuto, un thriller-horror prodotto dalla Blumhouse Production, compagnia specializzata in film horror a basso budget (sue le saghe di Insidious, La Notte Del Giudizio e The Conjuring).
L’intesa che si va creando fra Bateman, Rebecca Hall e il regista e co-protagonista Joel Edgerton in The Gift funge da formula vincente per la sua completa riuscita. Un prodotto teso, fascinoso, che conta su un numero di colpi di scena che scuotono le fondamenta della narrazione. Bateman, con mirabile impegno, regge sulle sue spalle una carrellata quasi infinita di scene in cui le tensioni di coppia condizioneranno le fila della trama. Una vera rivelazione.
John Goodman nel thriller fantascientifico 10 Cloverfield Lane
Un grande interprete che ha appassionato milioni di spettatori. Dai film dei Flintstones ai Blues Brothers, fino a passare per Il Grande Lebowski, nel ruolo di supporto comico John Goodman ha saputo lasciare il segno e con una spiccata dose di follia. La sua possente silhouette è in grado di mettere in ombra, letteralmente e figurativamente, gli attori che lo accompagnano durante le sue memorabili prove recitative. Un paio di anni fa, più precisamente nel 2016, Goodman ha stupito tutti in 10 Cloverfield Lane, seguito ufficioso del fortunato film in found-footage Cloverfield.
Una recitazione moderata, che cerca di contenere una situazione di estremo pericolo. In coppia con Mary Elisabeth Winstead (la Ramona Flowers di Scott Pilgrim vs The World per intenderci), egli è assoluto padrone della scena, continuando a giocare con le aspettative di un pubblico che desiderava molta azione su schermo. Invece ci siamo ritrovati di fronte a un thriller a tinte orrifiche serio, ben impostato, e con un lavoro di definizione dei personaggi che possiamo ritenere miracoloso. Meno alieni grandi da inseguire e più focus sulla paranoia e sullo stress post-apocalisse: il risultato è degno di nota.
Robin Williams e la sua performance in One Hour Photo
Robin Williams: biografia, carriera e vita privata del grande attore
Il compianto comico che probabilmente ha segnato gran parte della nostra l’infanzia. Robin Williams è stato una fonte di battute perfettamente orchestrate e momenti particolarmente toccanti che hanno fatto sognare. Il capitano che entra di prepotenza nei racconti che porta in scena e dona a loro una profondità e un tono in bilico fra riso e pianto alquanto singolare. Si spoglia delle vesti di mentore e padre di un’intera generazione, per dedicarsi a un ruolo che mette davvero i brividi.
Mai avremmo pensato di rimanere piacevolmente colpiti da una sua perfomance da villain, eppure in One Hour Photo di Mark Romanek la sua è una parte molto sinistra. Uno scialbo dipendente di un laboratorio di sviluppo fotografico, che diviene un vero e proprio stalker seriale, un viscido intruso che metterà a repentaglio le dinamiche della famiglia protagonista. Rimane impressa una delle migliori prove della duttilità attoriale di Williams, con un lavoro di caratterizzazione preciso e inappuntabile. Straordinario nel disegnare un personaggio che provoca un misto di emozioni, un uomo solo che si nutre delle proprie illusioni.
One Hour Photo: il significato del film con Robin Williams
Cameron Diaz in The Box
Cameron Diaz: i film più famosi, da The Mask a Bad Teacher
Celebre ragazza della porta accanto, l’attrice di San Diego ha avuto una carriera stellare ricolma di pellicole esilaranti e dai tratti fortemente sentimentali. Una co-protagonista d’eccezione, contribuisce a rendere le scene iconiche ancora più incisive con il suo candore e uno charme irresistibile. Si cimenta anche nei territori del thriller-horror sotto la direzione di Richard Kelly. In The Box (2009) si tenta d’imitare lo stile di David Lynch: una narrazione criptica, cambi di registro repentini, in questo modo si va rafforzando l’atmosfera cupa e delirante che inghiottisce i suoi interpreti. Non si fa eccezione con la Diaz che agisce per sottrazione ed evita di attirare l’attenzione tutta su di sé. Un’inedita prova attoriale emerge da una filmografia arenata sugli scogli della commedia, portando in scena la disperazione e lo smarrimento negli occhi di una sposa che vive una serie di disavventure in grado di traumatizzarla. Un’ottima incursione in un genere a lei solitamente non congeniale, ma ha saputo trarne il meglio e tenere testa a una storia ricca di tensione.
James Franco nel thriller True Story
Un grande caratterista pronto a ricoprire ruoli che siano marginali o da posizionare in primo piano. James Franco sfrutta le sue doti di trasformista per calarsi perfettamente in panni che mai coincidono con il suo vero carattere. Lanciato nel mondo di Hollywood con la trilogia di Spider-Man di Sam Raimi, poi cimentatosi in film dall’alto tasso di demenzialità in coppia con Seth Rogen (ricordiamo Strafumati, This Is The End e The Interview), Franco stupisce tutti rappresentando la figura di Christian Longo in True Story (2015).
Un uomo ambiguo, un sociopatico che cattura subito l’obiettivo, che rientra nella lista nera tra i maggiori ricercati dell’FBI. Si raggiunge un nuovo standard recitativo, Franco in queste vesti non lo si era mai visto. Riesce persino a oscurare i suoi comprimari, un paranoico Jonah Hill e la sempreverde Felicity Jones, scuotendo le basi di un’indagine di uccisione di minore dai risvolti sconvolgenti. La duttilità fa parte del suo metodo, è un punto chiave e risolutivo tanto da correggere il problema di gestione dei tempi narrativi all’interno della pellicola. Da recuperare la sua magistrale performance.
Nicole Kidman nell’horror The Others
Nicole Kidman in 15 film tra amori perduti, figli e tanti premi
Immancabile la diva che ha conquistato i cuori di almeno due generazioni. L’affascinante Nicole Kidman sfoggia una capacità di adattamento e di metamorfosi sublime, arrivando persino a prendere parte a opere a tinte raccapriccianti come The Others di Alejandro Amenábar. Davvero impeccabile il passaggio da regina del palcoscenico a donna iperprotettiva, una trasformazione che serve per donare ulteriore spessore a una ghost story macabra e funerea.
Interprete che si spoglia della sua incommensurabile bellezza ed esibisce una fragilità e un’isteria di fondo raggelanti, trattasi di veri e propri marchi distintivi del film. Un salto della fede da non sottovalutare, la Kidman si appoggia totalmente alla creatività e alla mirabile inventiva del regista per lavorare su un personaggio multisfaccettato, esteticamente peculiare, ma inquietante nell’agire per interesse dei suoi due figli. Grazie a questa prova recitativa lo spettatore viene invaso dall’ansia e da un senso di claustrofobia non indifferente, poiché viene a trovarsi richiuso con i bambini all’interno di uno spazio che sembra essere isolato dal mondo.