John Belushi: curiosità e migliori interpretazioni del folle e irresistibile attore
Il 24 gennaio di 68 anni fa veniva alla luce in un quartiere di Chicago John Belushi, uno dei più grandi talenti comici mai visti sul grande schermo, purtroppo strappato alla vita e alla Settima Arte a soli 33 anni da una maledetta e irrefrenabile dipendenza dalla droga e dall’alcool. Per celebrare l’anniversario della nascita di questo mito del cinema, abbiamo selezionato le sue tre migliori interpretazioni sul grande schermo, corredandole di alcune curiosità sulla vita dell’uomo e dell’attore che forse non tutti conoscono.
Animal House (1978)
Dopo anni di gavetta al Saturday Night Live, in cui John Belushi ha dato vita ad alcuni dei più celebri sketch e delle più spassose imitazioni della storia della tv americana, nel 1978 arriva finalmente l’attesa chiamata di Hollywood con Animal House, commedia giovanile dalle modeste aspirazioni e dalle alte probabilità di fallimento messa in piedi con un cast fatto prevalentemente da attori giovani e diretta da un regista alle prime armi come John Landis.
Il risultato è una delle commedie più celebri e apprezzate della storia del cinema, capace di incassare più di 140 milioni di dollari dell’epoca nei soli Stati Uniti e di influenzare tutto il genere comico demenziale, diventandone il punto di riferimento e l’asticella non ancora superata.
John Belushi è l’anima e il cuore di questa irriverente esilarante pellicola nei panni di John “Bluto” Blutarsky, uno studente dai pessimi risultati scolastici e con l’esagerata voglia di fare baldoria, protagonista insieme ai suoi compagni di innumerevoli marachelle nei confronti del college e dei professori e degli iconici Toga Party.
Per una buona parte del film, Belushi parla poco, esaltando tutta la sua strepitosa mimica facciale in sketch demenziali, ma assolutamente irresistibili. Quando l’attore abbina alla sua espressività anche le parole, non ce n’è più per nessuno. Il risultato finale è una serie scene entrate di diritto nella storia del cinema, come il celeberrimo discorso ai propri compagni, che vi riproponiamo di seguito.
The Blues Brothers (1980)
La conferma definitiva del talento e del carisma di John Belushi arriva nel 1980 con The Blues Brothers, diretto nuovamente da John Landis. Insieme all’amico fraterno Dan Aykroyd, Belushi porta su schermo una coppia di personaggi creati proprio nel corso dei gloriosi anni del Saturday Night Live, una sorta di rivisitazione grottesca e ribelle dei celebri Stanlio e Ollio, protagonista di una commedia musicale scolpita indelebilmente nella storia del cinema.
Le scorribande dei fratelli Jake ed Elwood Blues, intenzionati a rimettere in piedi la loro vecchia banda musicale per una “missione per conto di Dio”, si fondono pregevolmente con memorabili sequenze musicali interpretate da colonne portanti della musica come Ray Charles, Aretha Franklin e James Brown.
Hollywood è ormai ai piedi di John Belushi, ma i soldi e il successo non sono sempre sufficienti per tenere a bada i propri demoni interiori. Durante la lavorazione del film, i problemi di dipendenza da droghe e alcool dell’attore si fanno sempre più gravi, costringendo la produzione a disagi e ritardi e soprattutto mettendo in serio pericolo la sua salute e la sua vita. Un male oscuro e difficilmente curabile comincia così a portarsi via la luminosa stella di Belushi, che vogliamo però ricordare in uno dei suoi momenti migliori in questo film insieme a un’altra gravissima perdita del mondo del cinema, la recentemente scomparsa Carrie Fisher.
Chiamami aquila (1981)
A un anno di distanza da The Blues Brothers, John Belushi prende parte alla commedia sentimentale Chiamami Aquila, suo penultimo film prima della prematura morte. Questa pellicola diretta da Michael Apted e sceneggiata da Lawrence Kasdan è oggi sconosciuta ai più, nonostante si avvalga di una delle interpretazioni più profonde e intense dell’attore.
Nonostante i toni leggeri e le frequenti scene comiche, per la prima volta nel volto di Belushi non vediamo solo umorismo e dissennatezza, ma anche delle sfumature più tipicamente drammatiche e un sottile ma tangibile velo di malinconia.
Con Chiamami Aquila abbiamo quindi la prova delle enormi e purtroppo solo parzialmente sfruttate potenzialità di John Belushi in ambito drammatico. Rimane quindi tanto rammarico per non aver potuto godere di una probabile svolta più seria e profonda nella carriera di questo fantastico attore, che avrebbe sicuramente saputo emozionarci e commuoverci dopo averci fatto sbellicare dalle risate.
John Belushi: curiosità e ruoli incompiuti
Poco prima di morire a causa di un letale mix di cocaina ed eroina, partecipò a un party in cui erano presenti anche altri due formidabili attori come Robert De Niro e Robin Williams, fra le ultime persone a vederlo vivo.
A quasi 22 anni dalla morte, nel 2004 Hollywood ha finalmente tributato una stella sulla Walk of Fame a John Belushi. Alla cerimonia erano presenti il fratello James (anch’egli attore di successo), l’amico Dan Aykroyd, la vedova Judith Belushi-Pisano e il collega del Saturday Night Live Chevy Chase.
John Belushi era solito chiedere alle sue nuove conoscenze un assegno da 20 dollari, in modo da avere una prima impressione sulla persona in base alla reazione a questa stramba richiesta.
Il rimpianto per la prematura scomparsa di John Belushi è acuito dalla certezza che fra i tanti ruoli che l’attore avrebbe potuto interpretare nel corso degli anni ce ne sono almeno due che provocano un brivido in ogni cinefilo: l’attore era infatti già stato scritturato per il ruolo di Peter Venkman in Ghostbusters (poi andato a Bill Murray) e per quello di Max Bercovicz nel capolavoro di Sergio Leone C’era una volta in America (poi andato a James Woods), per cui si era già impegnato a fare una rigida e severa dieta.
John Belushi avrebbe dovuto presenziare alla cerimonia degli Oscar 1982, presentando il premio per i migliori effetti visivi insieme a Dan Aykroyd. A causa della morte dell’amico e collega, Aykroyd presentò il premio da solo dichiarando “John sarebbe stato felice di essere qui stasera a presentare questo premio, perché lui stesso era un effetto visivo.”