Tutte le facce del Joker: dal clown di Jack Nicholson all’autorialità di Joaquin Phoenix
Dal Joker del 1989 all'ultimo interpretato da Joaquin Phoenix: tutte le facce di un cattivo sadico che continua ad affascinare.
I tempi si evolvono e, così, anche i cattivi. Dalla pura forma del male, alla fascinazione per il lato oscuro fino alle varianti comiche o glamour che hanno modificato la percezione della malvagità, i villain di tutte le migliori storie hanno segnato un solco nella percezione del nemico che è andata di pari passo con i cambiamenti della società e dei sistemi culturali, tanto da non rimanere più relegati solamente allo sfondo del racconto o come nemesi dei benamati protagonisti, ma descrivendo una traiettoria che li avrebbe resi essi stessi il centro di inedite storie.
È così che Loki, Harley Quinn o la sua intera banda di Suicide Squad si sono fatti protagonisti di prodotti originali, rivendicando il diritto di brillare sotto le luci dell’adorazione, percorrendo una strada che li ha condotti fino alla loro esaltazione.
Il buffonesco e sadico Joker di Jack Nicholson
Tra tutti questi, cattivi adorati o villain temibili, è la figura del Joker che, come poche altre icone, è riuscita a stagliarsi nel panorama mondiale, attraversando uno spirale di cambiamento che è andata, nel tempo, ridefinendo se stessa tramite i momenti storici in cui è passata, continuando a stravolgere in ogni sua versione, stabilendo un traguardo per uno dei nemici più famosi e apprezzati dell’intero immaginario ludico, fumettistico e cinematografico. È, al cinema, aprendosi con il Batman di Tim Burton che Joker si presenta per la prima volta al grande pubblico nella maniera più macchiettistica che il personaggio abbia mai affrontato – tolta la sua esperienza televisiva con Cesar Romero -; buffonesco, sadico dietro quella maschera di colore, temibile nonostante il completo e quel cappello porpora che ne facevano un villain tirato direttamente fuori dalla carta stampata.
Quello di Jack Nicholson, il primo Joker su grande schermo, era la rappresentazione classica di un cattivo che la sceneggiatura di Sam Hamm e Warren Skaaren aveva voluto ricondurre alla sua ispirazione primaria, che univa minuziosamente il personaggio dei comics a quell’universo che, in mano a un regista quale Burton, sembrava perfettamente abbinato alle strategie e alle soluzioni per un’opera filmica con tutti i crismi fumettistici del caso. Una comparsa del Joker che sarebbe, poi, diventata una personalità dal ritorno ciclico, qui al principio di una caratterizzazione tutta fondata sull’assurdo, che avrebbe posto il primo tassello per la futura trasformazione del personaggio.
L’anno nero dell’America e il suo Joker di Heath Ledger
Nella sua aurea clownesca, il Joker di Nicholson ha, però, già quegli elementi di ammaliamento che non poterono che agire come esca per il largo pubblico, che nella crudeltà intrinseca dietro al trucco pesante scorgevano un male profondo, a tratti incomprensibile, generato da una matrice puramente manichea che, nel corso del suo mutamento, avrebbe trovato altre radici nei suoi successori. È, infatti, di tutt’altro ordine il Joker che, nel 2008, fece di Heath Ledger il vincitore postumo dell’Oscar al miglior attore non protagonista, nonché rivisitata messa in scena del cattivo di Batman ne Il cavaliere oscuro di Christopher Nolan. Nella cipria sbavata del giullare della DC, con quella pelle sfatta dove il viso non è più definito, ma solamente un ammasso di colori e perversione sporca e pazza, il Joker di Nolan distanzia la sua asticella dalla giocosa, per quanto sanguinaria, azione del suo precedessore, inserendosi con presa di coscienza nel reale, nella realtà, e facendosi portatore politico di un’ideologia.
Un distanziamento tra lo stesso, ma ben differenziato personaggio, entrambi sinonimi delle filmografie e dei climi che l’intrattenimento dei loro tempi andavano delineando. La carica postmoderna del 1989, quasi al suo canto del cigno, era infatti impossibilitata nel ripresentarsi nelle sorti di un 2008 che vedeva l’America precipitare in una delle sue annate tra le più nere, sfruttando il cinema come veicolo di rappresentazioni, trovando nel Joker un buon movente in cui far risiedere il proprio messaggio.
L’improbabile svolta del Joker di Jared Leto
Risulterà, dunque, quanto meno stonato il seguito toccato al personaggio. Nel 2016 è la follia balorda e caotica di Suicide Squad a presentare un Joker totalmente fuori dai binari, oltre che da qualsiasi concezione filmica e narrativa. I riferimenti sono chiari. I tatuaggi sul corpo, la tinta verde acido, tutto riconduce al design di alcuni fumetti della DC Comics e che, nel loro insieme come “squadra omicida” potevano integrarsi allo stile della narrazione del film di David Ayer. Ma è totale la mancanza di presa di coscienza sul personaggio che ne ha dato lo sceneggiatore Ayer, per un Joker, dunque, sospeso nel tempo e che non si integra nemmeno con i suoi stessi co-protagonisti. Una versione di cui l’unica giustificazione è la direzione che una casa come la DC aveva creduto di trovare, uno scontro tra titani nell’industria cinematografica che la vedeva – e la vede – in un continuo scontro con la Marvel, viziata dunque più dalla volontà di spettacolarizzazione che nel dare un’autentica riflessione sul personaggio.
Ma la rivisitazione non sarebbe mancata ad arrivare. E nemmeno l’autorialità che, fino a questo punto, ancora non aveva pervaso il giullare, sfilandone soltanto le potenzialità. E si ritorna così all’inizio, a quella spinta che, da semplici nemesi, ha reso i cattivi protagonisti delle loro stesse storie. Dei loro stessi pensieri che, sotto una chiave contemporanea, hanno cercato di farsi pensieri di una comunità. Dall’alternarsi di un Joker burlone con il Batman di Tim Burton a cui ha fatto da secondo quello possibile di Nolan, è un’altra discordanza che va creandosi tra il Joker falsato di Ayer e quello umano di Todd Phillips. Presentato niente meno che alla 76esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, Joker di Phillips si avvale, prima di tutto, di un attore di rilievo quale Joaquin Phoenix per interpretare il vero protagonista di una pellicola che, senza precedenti, ha esplorato le origini del villain e si è fatta faro di un’autorialità che sembrava inconciliabile con le logiche dei cinecomic.
Quando Joker siamo noi: il personaggio di Joaquin Phoenix e Todd Phillips
Improntando il discorso puramente sulla personalità di Arthur Fleck e sulla condizione fisica, mentale e sociale che ricopre nell’America dei nostri giorni, Joker non si pone più solamente la questione su come lo si possa contrapporre a quei principi del giusto, del corretto che andavamo ad identificare il suo corrispettivo “buono” Batman (nonostante la mancanza, ad esempio, del suddetto personaggio in Suicide Squad). Ma, in ogni caso, è stata la vicinanza al presente a differenziare tanto questo protagonista dalle sue rielaborazioni precedenti, a mostrare come non solo sia possibile provare attrazione per i villain, ma come non sia del tutto astruso il potersi identificare con loro. Joker di Todd Phillips coniuga un apparato culturale che, traendo con evidenza da un passato cinematografico a cui si rifà per il suo genere di appartenenza (da Taxi Driver a Re per una notte, passando per tutta una New Hollywood scorsesiana e anni settanta), si riaffaccia sulle tensioni sociali contemporanee, non volendo mostrare il sadismo come indissolubile arma del Joker, ma dimostrando come lo sia diventata a causa delle radici e dell’ambiente in cui quest’ultimo è stato costretto e maltrattato.
Il Joker d’autore – e da premio Oscar per l’interpretazione di Phoenix – avvicina il pubblico al cattivo perché, per la prima volta, quel cattivo impiastricciato e mascherato siamo noi, lo diventiamo, come la folla che protesta fuori da un teatro o che inneggia a una parità di classe mentre per le strade si consuma una sfilata maleodorante e piena di rifiuti. Un mutamento che, probabilmente, continuerà a modificarsi nel corso degli anni, che incontrerà nuove rappresentazioni, più vicine o lontane dall’identificazione. Ma, in ogni caso, sempre si parlerà del Joker come di un’icona che travalica il tempo per inserirsi in ogni sfumatura del nostro oggi, rimanendone costantemente affascinati, tanto da farci ridere – e morire – di crepacuore.