Joker: Folie à Deux – la spiegazione del finale e del film
ALLERTA SPOILER! Alcune delucidazioni su Joker: Folie à Deux, al cinema dal 2 ottobre 2024 con Warner Bros.
Per capire Joker: Folie à Deux, sequel del film Joker (2019), per la regia di Todd Phillips, bisogna innanzitutto partire dal titolo. Se il primo capitolo aveva infatti affrontato il disagio psicologico del protagonista Arthur Fleck (interpretato da Joaquin Phoenix) focalizzandosi sul riso isterico e lasciandoci indagare sulle possibilità di una patologia, questo secondo film immette la “diagnosi” e l’anticipazione di quanto vedremo sul grande schermo nelle parole “Folie à Deux”. Con questa espressione, infatti, si fa riferimento a una rara sindrome psichiatrica scoperta nel 1877 dagli psichiatri francesi Ernest-Charles Lasègue e Jean-Pierre Falret, che letteralmente significa “follia condivisa da due” e che si concretizza nel momento in cui un paziente trasferisce il proprio quadro delirante a un altro paziente, dando vita, per l’appunto, a un disturbo psicotico condiviso.
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Joker 2, in effetti, è un susseguirsi di visioni che si amalgamano alla realtà. Dal momento in cui Arthur incontra Lee Quinzel (Lady Gaga) inizia a non sentirsi più solo e a fantasticare su azioni di coppia che il più delle volte si manifestano in dei veri e propri show che a livello narrativo rappresentano l’asse portante di questo secondo capitolo (si passa dal genere thriller del primo film al musical).
I balli, le esibizioni, le condivisioni che vediamo e che coinvolgono i personaggi di Joaquin Phoenix e Lady Gaga, dunque, non sono altro che dei deliri condivisi, direttamente riconducibili a quanto il titolo stesso del film ci anticipa.
Come finisce Joker: Folie à Deux
Per tentare di capire Joker: Folie à Deux, tuttavia, partiamo dall’ultima scena del film, in cui vediamo Arthur Fleck morire dissanguato dopo essere stato accoltellato da un altro paziente del manicomio di Arkham. Questo tragico finale, in cui Arthur giace in una pozza del proprio sangue, chiude il cerchio di un personaggio i cui crimini sono riusciti a fomentare una rivolta sociale a Gotham City e che ha raggiunto l’apice del successo e della follia uccidendo in diretta un conduttore TV.
Il finale di Joker: Folie à Deux non solo conferma che Arthur non tornerà più a terrorizzare Gotham, ma riassume anche la tesi centrale dei film di Todd Phillips: Arthur non è né un eroe, né un cattivo, né un dio, né tantomeno un anti-eroe, è solo un uomo solo e abbandonato, sia dalla sua famiglia che dal mondo. Le sue azioni malvagie, che gli sono costate la vita, non hanno portato alcun cambiamento reale, ma hanno semplicemente aperto la strada a nuove forze, portatrici di un cambiamento più potente e per certi versi più deleterio.
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L’incontro con Harleen “Lee” Quinzel (interpretata da Lady Gaga), che Arthur incontra per caso in un’altra ala del carcere di Arkham, gli dona un pizzico di speranza. A ciò va aggiunto che Lee è pazza del Joker e pronta a sostenerlo ma, attenzione, lei ama il Joker, non Arthur! E questo è un dettaglio da non sottovalutare, poiché pone i due personaggi su due livelli opposti: se lui idealizza un futuro romantico, trovando sostegno anche psicologico durante le udienze che vorrebbero ingabbiarlo, lei attinge unicamente dalla maschera grazie alla quale il resto del mondo lo osanna e lo ama: non le interessa nulla del vero Arthur Fleck!
Il personaggio di Joaquin Phoenix, dal canto suo, subisce questo trauma della maschera in due momenti chiave: il primo è quando assiste all’uccisione brutale di un giovane detenuto da parte delle guardie dell’ospedale, il secondo quando si trova faccia a faccia con un testimone traumatizzato dai suoi crimini passati.
La svolta di Arthur: rinunciare al Joker
Il regista Todd Phillips, in un’intervista pubblicata su Entertainment Weekly, ha spiegato il viaggio interiore di Arthur in Joker 2, rivelando come il personaggio accetti finalmente di non essere mai stato Joker, ma sempre e solo Arthur. Una scelta che nel film viene coadiuvata anche dall’avvocato che difende Fleck e che tenta proprio di sottolineare tale binomio identitario. Phillips spiega che Arthur, dopo aver visto l’omicidio del ragazzo in ospedale, capisce che il suo travestimento da Joker non ha cambiato nulla nella corruzione che lo circonda.
La sua decisione di confessare alla giuria che Joker non è reale e di affermare che è stato sempre e solo Arthur segna una svolta emotiva cruciale. Questa ammissione, però, lo porta a perdere l’affetto di Lee, che lo abbandona perché attratta solo dal caos e dal potere che la figura del Joker rappresentava: esattamente come tutti gli altri, a lei interessa unicamente della maschera da clown che indossa e non di ciò che l’ha portato a indossarla. In Lee si coagula tutto il pubblico e la stessa Gotham; un mondo che di Arthur non ha amato nient’altro che il simbolo di violenza che si è costruito.
A proposito del personaggio di Lee, ci sono alcune sequenze che restano volontariamente ambigue, come l’incontro intimo che i due hanno mentre Arthur si trova rinchiuso in isolamento ad Arkham. Lee afferma che le guardie le hanno permesso di vederlo, il che sembra molto inverosimile, sollevando interrogativi sull’affidabilità del Joker come narratore e mettendo in discussione gli eventi dell’intero film.
Un’icona involontaria e il fallimento del cambiamento
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Joker: Folie à Deux affronta il conflitto tra essere un simbolo di rivoluzione e la realtà interiore di chi lotta con i propri demoni. Mentre il primo Joker era incentrato su come una società apatica possa spingere una persona fragile oltre il limite, il sequel si interroga su cosa accade quando quella persona, divenuta ormai un simbolo, realizza di non aver mai voluto essere l’eroe ribelle che il mondo ha creato. Arthur è intrappolato nella sua stessa iconografia, anche se alla fine decide di rinunciare a quella maschera. Questo rappresenta una delle riflessioni più forti del film: il pubblico di Gotham e Lee vogliono vedere in Arthur solo il clown psicotico che brucia la città, non l’uomo che desidera solo essere se stesso.
In una scena finale particolarmente significativa, Arthur, dopo essere stato nuovamente catturato dalla polizia, ascolta un altro paziente raccontargli una barzelletta simile a quella che aveva detto a Murray Franklin prima di ucciderlo nel primo film. La battuta finale, tuttavia, è una coltellata, che lo porta alla morte. Tuttavia, proprio in quel momento, il vero Joker si rivela: un altro paziente, ispirato da Arthur, si taglia un sorriso sanguinante sulle guance. Questo atto suggerisce che Arthur non è mai stato davvero Joker; ha solo ispirato colui che lo sarebbe diventato.
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Joker: Folie à Deux e il significato del finale
Joker: Folie à Deux offre una chiusura complessa del viaggio di Arthur. Nel corso del film, vediamo come il suo desiderio di essere riconosciuto e amato lo porti a indossare la maschera del Joker, la stessa che alla fine lo porta a un’ulteriore alienazione. Phillips descrive questo momento come una realizzazione amara: “Il mondo è troppo corrotto per cambiare, e l’unico modo per sistemarlo è distruggerlo completamente”. Tuttavia, questa distruzione non porta a nessuna catarsi per Arthur, il quale alla fine comprende che il potere e la notorietà che ha acquisito come Joker non lo hanno mai reso felice né soddisfatto.
Il film, con i suoi temi inquietanti e le sue performance musicali, esplora anche come la società spesso romanticizza la violenza e il caos, ignorando le persone reali dietro i simboli che vengono creati. Come canta Lady Gaga nel tema musicale del film, That’s Entertainment, la sofferenza può essere trasformata in spettacolo, ma a quale costo? Per Lee, era più facile amare l’idea di Joker che l’uomo reale che si nascondeva sotto la maschera.
Alla fine, Joker: Folie à Deux ribalta le aspettative dei fan, mostrando un Arthur che non festeggia le sue azioni passate, ma le vede come fallimentari, incapaci di cambiare una società che alla fine lo ha abbandonato.
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