L’assedio di Silverton: la storia vera alla base del film Netflix
Gli eventi raccontati in Assedio di Silverton traggono spunti da eventi realmente accaduti.
Il sudafricano Mandla Dube ha esordito come regista col film drammatico L’assedio di Silverton. Le vicende si basano sui combattenti Khumalo, Aldo e Terra, che irrompono in una banca – bruciando denaro e intimidendo gli ostaggi – in seguito al tentativo fallito di bombardare un deposito di petrolio. Quando tutto il resto va in fumo e le chance di fuga appaiono scarse, il trio cerca di trasformare il tentativo iniziale di rapina in un movimento. Malgrado la storia sia accattivante, ti chiedi se sia o meno frutto della realtà? Se sì, sali sul treno: ti aspetta un lungo viaggio!
L’assedio di Silverton: un mix di realtà e finzione
L’assedio di Silverton è in parte tratto da eventi realmente accaduti. Come rivelano i titoli di coda finali, ottiene ispirazione da fatti di cronaca avvenuti il 25 gennaio 1980 a Silverton, un sobborgo orientale di Pretoria. Mandla Dube ha diretto il lungometraggio da una sceneggiatura scritta da Sabelo Mgidi, anch’egli debuttante. Dunque, la particolare atmosfera dipende dalla loro capacità di riaffrontare il tema delle lotte etniche e di classe in una affascinante prospettiva.
Mentre cercava di trovare la quadra ne L’assedio di Silverton, Mgidi pare abbia tratto spunto dallo storico incidente di Silverton Siege, avvenuto la mattina del 25 gennaio 1980. Lo sviluppo della trama segue in maniera piuttosto fedele quanto accadde allora, sebbene modifichi di poco i nomi. Quel giorno, i guerriglieri MK Stephen Mafoko, Humphrey Makhubo e Wilfred Madela avevano pianificato un attacco ai depositi di petrolio vicino a Mamelodi. Tuttavia, si accorsero di avere le Forze dell’Ordine alle calcagna. Di conseguenza, modificarono itinerario e si diressero in una filiale della Banca Volkskas.
Nell’operazione, i liberazionisti dell’MK tennero 25 ostaggi civili al piano terra della banca e portarono avanti le loro richieste. Ne derivò uno stallo di sei ore. Le pretese, proprio come L’assedio di Silverton descrive, erano varie: andavano da 100 mila rand sudafricani in contanti a un passaggio sicuro a Maputo in aereo.
In seconda battuta fu chiesto il rilascio di Nelson Mandela, che stava scontando l’ergastolo dal 1964 nella terribile prigione di Robben Island con l’accusa di sabotaggio. Il desiderio di parlare insieme al capo di Stato Vorster e di liberare Mandela avrebbero poi innescato il movimento Free Mandela, scuotendo l’intera Nazione.
Tuttavia, in prossimità della conclusione, L’assedio di Silverton si dirige della finzione, senza troppi sforzi di aderire alla storia vera. In realtà, il primo colpo di proiettile si è sentito solo alle ore 19.05, a differenza del film, quando Terra spara ad Aldo. La pellicola prova a mettere i ribelli l’uno contro l’altro, ma le successive ricostruzioni dimostrano che quasi certamente è stata la polizia a uccidere Humphrey Makhubo e Wilfred Madela. Inoltre, nonostante un personaggio della pellicola asserisca il contrario, pare vi fossero uscite secondarie, da dove sarebbero scappati i dipendenti del piano superiore, e sarebbe entrata la polizia.
Stephen Mafoko è stato l’unico membro della squadra a combattere, creando diversivi mediante le bombe a mano. Due ostaggi ci hanno rimesso la vita, ma in circostanze ben differenti. Valerie Anderson, ferita da una granata di Mafoko, è morta sul posto; invece, un secondo ostaggio, Anna de Klerk, è deceduto in ospedale. Pertanto, alla luce degli aspetti sopra evidenziati, L’assedio di Silverton risulta un mix di realtà e finzione, anche se è più orientato verso la prima.