L’ultimo samurai: la storia vera dietro il film con Tom Cruise
L’ultimo samurai, il fortunato film del 2003 con Tom Cruise, racconta la storia di Saigō Takamori, il guerriero samurai che difese la tradizione fino alla morte.
Uscito nelle sale italiane il 9 gennaio del 2004, L’ultimo samurai fu un vero e proprio successo di pubblico e critica. Con uno straordinario incasso al botteghino in Italia, il film infatti guadagnò diverse nomination sia agli Oscar che ai Golden Globe. Mentre però Tom Cruise, che nel film interpretava il capitano Nathan Algren, era in corsa solo per il premio di Miglior attore in un film drammatico ai Golden Globe, la vera star fu l’attore giapponese Ken Watanabe. Candidato come Miglior attore non protagonista in entrambe le manifestazioni, Watanabe non vinse alla fine nessuna statuetta: nonostante ciò conquistò il pubblico di tutto il mondo con la sua interpretazione del samurai Katsumoto.
E proprio il personaggio di questo temibile ma leale samurai è al centro della storia alla quale il film, diretto da Edward Zwick, si ispira. Il personaggio interpretato da Watanabe si chiamava nella realtà Saigō Takamori e fu uno dei samurai più famosi della storia del Giappone, appartenente al feudo di Satsuma e vissuto durante l’ultima fase del governo feudale giapponese. Al contrario del bel Watanabe, Takamori era un uomo piuttosto alto e grassottello, ma si dimostrò nel corso della sua vita un ottimo guerriero e grande devoto agli ideali della tradizione giapponese.
Saigō Takamori: la nascita e la crescita del guerriero alla base della storia vera de L’ultimo Samurai
Saigō Takamori nasce nel 1828 a Kagoshima, da una famiglia legata alla tradizione dei samurai. Fin da subito ricopre ruoli importanti al servizio delle alte cariche feudali, arrivando con il tempo a curare gli interessi della sua provincia presso la corte imperiale. Takamori visse in un’epoca cruciale per la storia del Giappone. Da paese chiuso, come imponeva la politica isolazionista detta sakoku, iniziata nel lontano 1600 e durata per più di due secoli, la nazione si stava infatti lentamente aprendo al mondo esterno e soprattutto alla cultura occidentale.
Un periodo di transizione che prende il nome di Rinnovamento Meiji e che fu caratterizzato dal passaggio del potere dalle mani dei shogun, i militari a capo dei vari feudi, a quelle dell’Imperatore. Takamori fu una figura centrale in questa trasformazione: egli infatti si schierò a favore del rinnovamento, combattendo per la fazione imperiale e alla vittoria l’esercito dell’Imperatore.
Takamori non era però d’accordo con l’apertura totale verso l’Occidente e la sua cultura: il guerriero infatti si oppose con forza all’occidentalizzazione del suo paese. Divenuto un personaggio importante del governo centrale, il samurai portò poi avanti anche le sue manie espansionistiche, cercando, con tutti i mezzi a sua disposizione, di convincere la Corea a riconoscere il nuovo potere dell’Imperatore. Ma le sue idee radicali, che causarono quasi una guerra, non furono ben accette dagli altri capi del governo. Ormai deluso e in disaccordo con le volontà imperiali, Takamori decise di abbandonare per protesta tutte le cariche che ricopriva e si ritirò nelle sue terre a Kagoshima.
L’ultimo samurai: Takamori contro l’Imperatore nella ribellione di Satsuma
Tornato nella sua città natale, decise di fondare un’accademia militare per veri samurai, così da tenere in vita la grande tradizione degli invincibili guerrieri giapponesi. Nella sua nuova accademia, Saigō accolse anche tutti quei militari che, dopo le sue dimissioni, decisero di seguirlo. E furono proprio quei guerrieri a controllare le province e a spingerle verso una ribellione contro il governo. Lo stesso governo imperiale, per paura di una vera e propria rivolta, decise quindi di inviare delle truppe a Kagoshima per placare gli animi, ma questa scelta fu vista come una presa di posizione e ebbe il risultato completamente opposto. I militari presenti all’accademia di Takamori, ormai veri e propri ribelli, costrinsero Saigō a guidare la rivolta, che prese il nome di Ribellione di Satsuma.
L’ultimo samurai (2003) prende spunto proprio da questo episodio. Nathan Algren, il capitano interpretato da Tom Cruise si ritrova a combattere al fianco di Takamori (nel film chiamato Katsumoto) contro le truppe imperiali. In realtà nel film i guerrieri guidati da Katsumoto combattono non solo per difendere la loro tradizione ma anche l’imperatore stesso. L’Imperatore Mutsuhito del film è infatti ormai del tutto controllato e manovrato dal primo Ministro Omura e dai suoi seguaci.
La ribellione di Satsuma durò in realtà pochi mesi. L’esercito regolare imperiale, composto da 300.000 uomini fermò quello di ribelli, che ne contava appena 40.000. Il conflitto terminò con la Battaglia di Shiroyama, la stessa rappresentata nel finale de L’ultimo samurai.
Mentre però nel film i ribelli combattono con le sole armi tradizionali dei samurai, nella realtà l’esercito guidato da Takamori utilizzò armi da fuoco occidentali. La polvere da sparo però finì in breve tempo, costringendo i ribelli ad utilizzare spade e archi, contro i fucili dell’esercito imperiale.
L’ultimo samurai: la storia vera nella leggenda di Saigō Takamori
Ed è proprio durante questa battaglia che nasce la leggenda di Saigō Takamori. La morte del cosiddetto ultimo samurai è infatti avvolta dal mistero. Mentre alcuni testimoniarono che Takamori, dopo essere stato ferito gravemente, chiese ad un suo compagno di porre fine alle proprie sofferenze, altri giurarono di averlo visto svenuto sul campo di battaglia, ormai in fin di vita. In quel caso, pare che i suoi soldati decisero di decapitarlo, come indicava la tradizione samurai. La versione più accreditata è invece quella che vede Takamori ormai spacciato, suicidarsi come imponeva il rito samurai del seppuku, così da mantenere integro il suo onore. Nel film del 2003 è il capitano Algren che dà il colpo di grazia a Katsumoto, come chiede lo stesso samurai.
Suicida o meno, la morte di Takamori pose fine alla ribellione: dopo aver visto il loro leader ormai sconfitto infatti, gli ultimi samurai si lanciarono contro l’esercito imperiale, finendo falciati dal fuoco delle mitragliatrici. La straordinaria storia dell’ultimo guerriero samurai, difensore della tradizione giapponese, non passò inosservata. L’imperatore Mutsuhito, dodici anni dopo la sua morte, perdonò Takamori, riabilitando il suo nome. Dieci anni più tardi invece, il governo giapponese gli dedicò una statua in bronzo, ancora oggi presente nel parco Ueno di Tokio.
L’ultimo samurai: il soldato americano sul campo di battaglia
Il personaggio del capitano Algren invece non è realmente esistito. Tuttavia in quel periodo in Giappone, data la graduale apertura del paese verso l’Occidente, è molto probabile che alcuni soldati americani fossero presenti in quei territori durante le battaglie. Gli eventi della battaglia di Shiroyama per esempio, sono raccontate nel dettaglio nelle lettere che l’ufficiale statunitense John Capen Hubbard, presente durante il conflitto, inviò a sua moglie.
La figura di Nathan Algren tuttavia si ispira ad un altro soldato, un capitano francese chiamato Jules Brunet. L’uomo fu realmente inviato in Giappone per addestrare i guerrieri ad utilizzare le armi da fuoco occidentali. Tuttavia ciò accadde prima della ribellione di Satsuma e del Rinnovamento Meiji.
Saigō Takamori è stato sicuramente una figura affascinante ma allo stesso tempo complicata: un uomo legato al passato e alla tradizione, ma non per questo di mentalità chiusa. Takamori fu un personaggio chiave della storia del Giappone, a tratti magica, come tutto il mondo dei samurai, che da sempre affascinano l’occidente. Non stupisce quindi che qualcuno abbia voluto dedicargli un film. E non stupisce che quel film abbia avuto un grande successo.