La Dolce Vita: il significato del film di Federico Fellini

Riscopriamo insieme il significato di questo classico senza tempo diretto da Federico Fellini.

Nel 1960, Federico Fellini vinceva la Palma d’Oro con La Dolce Vita, classico senza tempo con protagonista Marcello Mastroianni.

Era il 20 maggio del 1960 quando La dolce vita di Federico Fellini vinceva la Palma d’Oro a Cannes. Sessant’anni che sembrano non essere passati per un film che fa da spartiacque, che non è solo una pellicola ma è un vero e proprio manifesto, tanto da essere entrato nel linguaggio comune – come anche il termine paparazzo. L’eleganza stanca e fascinosa di Marcello Mastroianni, la bellezza giunonica di Anita Ekberg, le oniriche notti circensi e sensuali di Via Veneto che accoglie e rigetta il “viandante”, i salotti intellettuali, sono momenti, immagini, situazioni, diventate iconiche e memoria. La Dolce Vita è un film lungo, complesso, pieno di senso, di eventi e personaggi, enigmatico e stratificato.

La dolce vita - Cinematographe.itLa Dolce Vita: Marcello, un uomo in crisi

Al centro c’è Marcello, un giornalista partito da Cesena e arrivato a Roma, che vaga in una Roma fulgida e struggente, festaiola e divina, l’uomo è in crisi, non sa dove andare, cosa fare, è affascinante e affascinato da quella città e da ciò che essa gli concede, tra amori e tradimenti, tra lavoro e perdizione. Entra in un gorgo di bellezza e di bramosia, di danze e di cultura, di apparizioni e mondi onirici; incontra donne, uomini, persone che prendono il loro posto nella sua storia, anche se per poco su quel “palcoscenico” e con lui parlano, si divertono, si amano.

Lo spettatore incontra Marcello subito, nei primi minuti, quando assieme all’altro grande personaggio, Roma soleggiata e tentacolare, entrano nella scena: su un elicottero, lui e un altro giornalista seguono il volo di una una statua di Gesù in piazza San Pietro, appesa a cavi. Marcello vede sul tetto di un palazzo delle belle ragazze in costume , perde subito “il centro”. A causa del rumore non riescono a sentirsi; Fellini racconta con questa scena non solo un tratto distintivo del suo protagonista, il suo essere un latin lover – riesce a chiedere il numero di telefono ad una di quelle ragazze -, ma anche l’incomunicabilità umana – le donne e gli uomini parlano, si fanno delle domande ma faticano a capirsi – e anche, attraverso la statua “trasferita”, un differente rapporto con la religione. Le ragazze chiedono “È Gesú… Dove va?”, inevitabilmente in queste parole c’è anche un valore metaforico: gli uomini infatti si dimenticano dell’urgenza e dell’importanza del loro lavoro per flirtare, la scena acquista un senso maggiore dall’immagine successiva di danze eseguite da un uomo che indossa una maschera di una divinità orientale.

“Tu sei tutto! […] Sei la prima donna del giorno della Creazione. Sei la madre, la sorella, l’amante, l’amica, l’angelo, il diavolo, la terra, la casa”

Dice questo Marcello a Silvia (Anita Ekberg), quando lei si affaccia si affaccia da una terrazza di Piazza San Pietro come una papessa. Per lui questa è la sua religione, la Donna che diventa spinta a cui anelare, struggimento della carne e dello spirito. Si perde nella pelle e nella carne di Maddalena (Anouk Aimée), rimane stupito dalla somiglianza con una Madonna di Paola, una giovane ragazzina di origine umbra, estranea alla mondanità, che lavora in un bar su una spiaggia dove Marcello cerca di scrivere. Questa è la sua credenza ma è tutta carnale e reale, lui brama le donne, passa le notti con loro se ci riesce, invece non crede alle apparizioni divine.

La dolce vita -Cinematographe.it La dolce vita: un uomo che non si impegna

Marcello appare già all’inizio in crisi, e, a poco a poco, abbandona il suo dovere per dedicarsi al piacere. Egli è un ragazzo partito con le tante aspirazioni e i tanti sogni di chi tenta l’avventura nella metropoli. Ha le possibilità, ha la cultura, ma non s’impegna mai sul serio; anche con chi incontra è così, inizia con le più buone intenzioni e poi crolla. Con Maddalena non vorrebbe avere un rapporto sessuale sul letto di una prostituta, eppure lo fa. Desidera ardentemente Sylvia, ma non ha intenzioni di avere nessun altro tipo di rapporto con lei. L’unico momento in cui pensa che ci sia una minima speranza è di fronte alla Fontana di Trevi ma poi tutto si disperde.

Cosa accadeva 60 anni fa a Cannes e in Italia

Gli incontri, le amicizie, i rapporti più o meno passeggeri servono a dare il senso di questa vita che aspira ad essere dolce e ogni personaggio converge e si lega proprio a Marcello e con lui costruisce un’unità. La dolce vita, un racconto che sembra circolare (la crisi di Marcello è sempre la stessa, la Città è sempre bellissima, il mondo in cui lui vive è perso e frivolo), non è solo la storia di un giovane uomo ma è anche quella di un vivere, mollemente adagiati, immersi, perdendo le aspirazioni, in Via Veneto, nei salotti in cui i nobili si sciacquano la bocca con belle e colte parole. Di festa in festa, di donna in donna, Marcello è sempre più insoddisfatto del suo presente, inebetito da tutto il bello che gli sta intorno.

La dolce vita - Cinematographe.itLa Dolce Vita: un affresco

Come proprio lo definiva Fellini La dolce vita è un affresco, in cui quasi per analogia l’autore lega i vari personaggi che si appoggiano al principale. Lungo le tre ore di film abbiamo seguito Marcello perdersi nella mondanità fino ad arrivare perso dopo la morte del suo migliore amico, l’intellettuale Steiner, suicidatosi dopo aver ucciso i suoi figli. Marcello, alla fine del film, dopo aver partecipato ad una festa orgiastica in una villa vicino al mare, ubriaco, senza freni e disperato vive il punto più basso della sua esistenza. Dopo i balli, le orgie e il divertimento, è in riva al mare e assiste ad un incredibile spettacolo: un mostro marino pescato morto.

“E questo insiste a guardare”

Quel guardare, elemento fondamentale del film che racconta di paparazzi, di pubblicità e di un mondo da guardare e in cui perdersi, colpisce Marcello che incomincia a patire quegli occhi, privi di vita ma giudicanti. Non è solo l’immagine di quella bestia a sconvolgerlo ma è più che altro il fatto che in quello sguardo vede se stesso. Lo spettatore si ritrova al punto di partenza: di nuovo c’è l’incomunicabilità: Paola cerca di parlare con Marcello, la sua voce innocente e pura tenta di riportarlo a sé per salvarlo, ma l’uomo non riesce a decifrare le sue parole, non ne comprende i gesti e si lascia trascinare via dai suoi amici, rivolgendo alla giovane un segno di resa, di cui comprende perfettamente il linguaggio, a volte “corrotto”, falso, tutto apparenze e poca sostanza.

La dolce vita racconta un mondo privato dei miti in cui la donna, la nobiltà, la cultura, la religione cadono e si sgretolano in quanto tali. Fellini riesce a mostrare, con l’ironia che lo contraddistingue, le contraddizioni, i vizi e le virtù dell’uomo, della società e del contemporaneo.