La nave sepolta: la storia vera dietro al film Netflix con Carey Mulligan
Un racconto trattato con dovizia nei particolari dal regista Simon Stone, tratto da fatti realmente accaduti che ci rivelano una delle più grandi scoperte archelogiche di tutti i tempi.
La nave sepolta, rilasciato il 29 Gennaio su Netflix, si occupa di descriverci un evento straordinario che coincide con l’avanzata delle truppe tedesche nel Regno Unito verso la fine degli anni ’30. Il film (QUI la nostra recensione) riprende anche gli intrecci delineati nel romanzo di John Preston dal titolo omonimo, con personaggi esistenti che sono stati diretti in maniera certosina in questa affascinante pellicola originale Netflix. Diamo uno sguardo dietro le quinte alla scoperta della più importante nave funeraria a Sutton Hoo nel 1939, che ha scosso con decisione le fondamenta della cittadina di Suffolk.
La nave sepolta: Edith Pretty, protagonista indiscussa della storia
Particolare attenzione è da riservare a Edith Pretty (interpretato ne La nave sepolta da Carey Mulligan): era la proprietaria della tenuta di Sutton Hoo e ha avviato i primi scavi della Great Burial Ground, basandosi semplicemente sulle sue sensazioni. Nata in una famiglia benestante, trascorse la sua giovinezza in giro per il mondo e assistette a diversi scavi che le avevano fornito un trampolino di lancio per dedicarsi completamente all’archeologia e alla storia. La prima guerra mondiale la costrinse a vivere in Francia, dove si era offerta volontaria in un ospedale della Croce Rossa. A quei tempi, suo marito, il maggior Frank Pretty, conobbe Edith e si sposarono nel 1926, trasferendosi a Sutton Hoo nello stesso anno. Nel 1930 Edith diede alla luce un figlio, Robert Pretty.
La loro felicità come famiglia fu di breve durata, quando Frank morì nel 1934, all’età di 56 anni. Nel 1937, Edith rivolse tutta la sua attenzione ai tumuli della sua tenuta, chiedendo aiuto all’Ipswich Museum ma soprattutto all’archeologo auto-didatta Basil Brown (interpretato ne La nave sepolta da Ralph Fiennes) per effettuare degli scavi che si sarebbero rivelati essenziali per il ritrovamento di un tesoro di inestimabile valore.
Un inappuntabile conoscitore dei suoli: Basil Brown
Basil Brown era un archeologo, nato e cresciuto a Suffolk. Suo padre era un agricoltore e Basil acquisì una grande conoscenza dei suoli e della geologia dell’East Anglia mentre lavorava con lui. Questo gli servì come base per svolgere il ruolo di appaltatore archeologico per l’Ipswich Museum nel 1935. Fu grazie ai suoi contatti con il museo che Basil Brown arrivò a Sutton Hoo nel 1938, per iniziare gli scavi. Uno spirito combattivo caratterizzò la sua figura, aperto a collaborazioni e completamente dedicato ad un obiettivo comune: estrarre, con ogni mezzo e strumento a disposizione, i tesori della Great Ship Burial.
L’origine degli scavi e le modalità di ricerca effettuate oltre la rappresentazione cinematografica de La nave sepolta
La vera storia dello scavo della Great Ship Burial iniziò nel luglio del 1937, nell’improbabile location del Woodbridge Flower Show. Fu in questo luogo che Edith Pretty, che da tempo era interessata ai tumuli funerari nella sua tenuta, incontrò per la prima volta Vincent Redstone, uno storico locale iscritto all’Ipswich Museum. Subito dopo Guy Maynard, curatore del museo, visitò la tenuta di Sutton Hoo e l’esplorazione fu messa in moto per dedicarsi al sito, ma non sapevano che ciò che sarebbe stato portato alla luce avrebbe trasformato completamente la loro comprensione del periodo anglosassone. Nella primavera successiva, furono presi accordi fra Edith Pretty, Guy Maynard, James Reid (Presidente dell’Ipswich Museum) e Basil Brown per iniziare gli scavi del sito. Edith fornì a Basil alloggio e assistenti per garantirgli un soggiorno ristoratore.
Tra giugno e agosto 1938, Basil Brown e il suo team scavarono tre tumuli (oggi indicati come Mounds 2,3 e 4). All’interno del tumulo 3, portarono alla luce i resti di un uomo cremato, insieme a una testa d’ascia di ferro corrosa, una placca calcarea decorata, frammenti di ceramica e il coperchio di una brocca mediterranea. Il tumulo 2, invece, rivelò pezzi di ferro, riconosciuti come i rivetti di una nave – sebbene fossero stati sparsi precedentemente da ladri di tombe -, pezzi di vetro blu e un disco di bronzo dorato. Il tumulo 4 fu l’ultimo della stagione 1938 e, sebbene avesse una fossa molto poco profonda e mostrasse segni di rapina, uno scavo accurato rivelò frammenti di bronzo, tessuti e ossa di alta qualità. C’era ancora un grande interrogativo sul contenuto del tumulo più grande, quindi una seconda stagione di scavi fu organizzata per cominciare nel maggio del 1939.
Mentre la squadra continuava a scavare, sempre più oro emergeva dal terreno sabbioso di Sutton Hoo. Basil Brown posticipò persino il suo viaggio programmato a casa per rivedere sua moglie, May Brown, decidendo di seguire il team mentre esponeva con cura altri oggetti preziosi. Naturalmente, la scoperta di tesori così incredibili è servita solo ad aumentare l’importanza del sito e la sicurezza divenne un problema. I primi oggetti d’oro erano stati spostati dal Royal Burial Ground a Sutton Hoo House, tenuti sotto controllo da Basil e Edith e sotto l’occhio vigile del guardiacaccia William Spooner, armato con il suo fucile. Gli oggetti iniziarono ad essere inviati al British Museum per lo studio e l’inizio dei lavori di conservazione. Sfortunatamente, le tensioni aumentarono di nuovo quando Guy Maynard aveva visitato il sito, solo per scoprire che gli oggetti d’oro erano già stati rimossi a Londra senza ottenere informazioni a riguardo.
Una sensazione insolita: rimanere per un esteso lasso di tempo sotto l’occhio del ciclone
L’euforia per la scoperta dei reperti aveva portato Edith a organizzare una festa con ospiti selezionati, invitati a vedere la nave il giorno martedì 25 Luglio 1939. La terra accanto allo scavo era stata modellata appositamente per fornire una piattaforma di osservazione e la guardia di polizia fu istituita per tenere d’occhio la stampa, che ancora non era a conoscenza della folgorante scoperta. Il 26 luglio la storia aveva iniziato ad apparire sulla stampa. Il team si trovava ora sotto una pressione crescente con i giornalisti che brulicavano nelle loro case e nei loro uffici. La sicurezza era stata rafforzata fino a quando il 31 luglio l’ultimo furgone, diretto al British Museum, ha lasciato Sutton Hoo, subito seguito dalla squadra di scavi di Basil Brown.
La squadra successiva ad arrivare sul posto proveniva dal Museo della Scienza. Il mese seguente esaminarono il fossile della nave. Allo stesso tempo, si dovevano determinare gli accordi per l’inchiesta sul tesoro e anche sull’assegnazione della proprietà degli oggetti. L’inchiesta, richiesta dai due musei in conflitto e svoltasi al Sutton Village Hall il 14 agosto, aveva visto la restituzione di tutti gli oggetti nel Suffolk, con Edith Pretty nominata legittima proprietaria delle preziose scoperte. In un eccezionale atto di generosità, decise di donare l’intera colleziona alla nazione. La prima mostra fu aperta al British Museum all’inizio del 1940, e i resti della Great Ship Burial divennero una meta per attrarre numerosi ricercatori e turisti. Questi resti sono ora esposti nell’Exhibition Hall del luogo in cui sono stati ritrovati, a Sutton Hoo. Un evento che, possiamo ammettere, ha goduto di un arco incredibile, sospeso nel tempo e nello spazio proprio come è stato ritratto nella dignitosa trasposizione di Simon Stone.