La storia infinita: il significato del film cult di Wolfgang Petersen
La storia infinita ha rivoluzionato il modo di concepire il cinema di genere fantasy. Ma quale significato si nasconde dietro la sua trama complessa?
Gli anni Ottanta si sono rivelati essere un decennio rivoluzionario, in cui la prospettiva in cui vedere le cose subì uno smisurato e repentino cambiamento. In particolare, la pop culture e, con essa, anche il cinema. Un anno straordinario di questa decade si riconosce nel 1984, in cui i ragazzini dell’epoca furono benedetti dalle pubblicazioni di titoli che avrebbero plasmato per sempre non solo le loro menti, ma anche quelle delle generazioni a venire: uscirono in sala Karate Kid, Indiana Jones e il tempio maledetto, i Gremlins, Ghostbusters e La storia infinita, un film dal significato in bilico tra realtà e fantasia.
Adattamento dell’omonimo romanzo di Michael Ende diretto dal tedesco Wolfgang Petersen, La storia infinita ha rivoluzionato il modo di vedere e interpretare le favole che, tramite il e grazie al lungometraggio sopracitato, si sono trasformati in medium di messaggi dal significato così potente da riuscire a cambiare la realtà che ci circonda.
La storia infinita e il significato che si cela dietro alla complessità della sua trama
Opera senza tempo, La storia infinita è stato un romanzo, prima di trasformarsi in una delle pellicole più importanti del cinema degli anni Ottanta e in un classico regolarmente rivisitato nella cultura pop (più di recente, la pubblicazione è stata esplicitamente ripresa in Stranger Things, tra le serie Netflix che hanno riscosso più successo). Pubblicato il primo giorno del settembre del 1979 in Germania, il libro scritto da Michael Ende si attorciglia in una fabula che, se bisogna essere sinceri, non è tra le più facili da ricordate: troppi eventi, una miriade di personaggi e creature fantastiche, tanti elementi sovrannaturali dal significato tutt’altro che deducibile. E lo stesso discorso può essere applicato anche al film.
In estrema sintesi: le vicende sono ambientate tra realtà e finzione, nel cosiddetto regno di Fantàsia. Il reame immaginario è in estrema difficoltà: minacciato da un’entità maligna che sta distruggendo ogni angolo di terra, Fantàsia è governata da una sovrana gravemente malata e, quindi, totalmente assente, conosciuta con il nome di Infanta Imperatrice. Solamente un eroe potrà salvare la piccola da morte certa e conseguentemente il regno dalla totale distruzione. A farsi avanti sarà il giovane Atreyu, al quale viene affidato l’Auryn, un segno simboleggiante l’Imperatrice stessa.
L’universo fantastico del quale si è appena parlato si intreccia al cosmo della realtà attraverso la storia di Bastiano Baldassarre Bucci (Bastian Balthasar Bux, nell’originale tedesco), un ragazzino terribilmente solitario e amante dei racconti d’avventura. Vittima delle prese in giro degli altri giovani della sua età, il giovane lettore si perde nella lettura di un romanzo che, intitolato La storia infinita, lo sedurrà rapidamente e lo trascinerà nei favoleggianti paesaggi in cui ambientate le vicende di cui racconta nelle pagine del mastodontico volume. Così, continuando a leggere, capitolo dopo capitolo, Bastian si renderà conto di essere anche lui un protagonista della narrazione.
L’omonimo riadattamento cinematografico dell’opera letteraria di Michael Ende, definito dallo stesso autore come “una sozzura a livello umano, un tradimento a quello artistico”, raggiunse le sale cinematografiche di tutto il mondo nel 1984 e venne presentato come la produzione cinematografica tedesca più costosa della storia. Così come aveva fatto precedentemente il romanzo, tuttavia, anche il lungometraggio dividerà la critica, la quale mostrò di aver capito veramente ben poco del significato di cui il film si faceva messaggero.
Nessuno è mai riuscito a riassumere in una frase l’opera diretta da Wolfgang Petersen meglio di Hermann Bausinger, lo studioso che definì la creazione attraverso l’espressione di effetto placebo. Egli fu il primo a capire che il titolo consistesse in realtà in un farmaco capace di guarire le ferite dei giovani dell’epoca, di giovani spettatori che, spaventati dalla precarietà del loro futuro, non desideravano far altro che scappare da una realtà che non regalava alcuna gioia, non donava loro le emozioni benefiche di cui avevano bisogno. Una realtà che era solo dolore.
Nondimeno, come è stato spiegato dallo stesso Michael Ende, il significato di La storia infinita non dovrebbe essere semplicemente circoscritto ad un banale escapismo, ad mera fuga della realtà e alla conseguente creazione di un mondo fantastico in cui la finzione è l’unico strumento in grado di far affrontare i problemi del mondo reale: l’autore ha, infatti, dichiarato che l’opera è “la storia di un giovane che, in una notte di crisi esistenziale, perde il suo mondo interiore. Deve saltare, quindi, in questo Nulla. (…) Siamo riusciti a perdere tutti i valori e ora dobbiamo saltare dentro, dobbiamo avere il coraggio di saltare dentro a questo Nulla. Solo così potremmo risvegliare le forze creative più personali e costruire una nuova Fantàsia, un nuovo universo di valori.“