La zona d’interesse: la storia vera che ha ispirato il film sull’Olocausto
La zona d'interesse, Premio Oscar 2023 come miglior film straniero, è ispirato ad una storia vera legata alla Seconda Guerra Mondiale.
Adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo del 2014 scritto da Martin Amis, La zona d’interesse è un film drammatico del 2023 scritto e diretto da Jonathan Glazer e vincitore di due premi Oscar, come miglior film internazionale e come miglior sonoro. Presentato in concorso al Festival di Cannes 2023, in cui ha conquistato il Grand Prix Speciale della Giuria, il lungometraggio è ispirato ad una storia vera legata alla Seconda Guerra Mondiale.
La storia vera che ha ispirato il film Premio Oscar La zona d’interesse
La zona d’interesse è incentrato sulla figura di Rudolf Hoss, l’SS a comando del campo di concentramento di Auschwitz. L’uomo, insieme a sua moglie Hedwig e ai loro cinque figli, visse per anni nella cosiddetta “zona di interesse“, vale a dire un’area di circa 25 miglia attorno al campo di concentramento. Nonostante i continui spari, le spaventose urla e i costanti rumori di treni e fornaci provenienti dall’altra parte del muro, la famiglia Hoss ebbe modo di vivere una vita più che tranquilla, almeno fino quando il campo non divenne il principale teatro dell’Olocausto.
Considerato uno dei principali organizzatori dello sterminio di massa degli ebrei, Rudolf Hoss è passato alla storia come l’animale di Auschwitz, colui che ha contribuito alla morte di ben tre milioni di persone. Il 4 maggio 1940, fu nominato comandante del campo di concentramento, pensato inizialmente come campo di smistamento per prigionieri polacchi destinato a contenere circa diecimila prigionieri. Circa un anno dopo, il comandante delle forze di sicurezza del Terzo Reich Heinrich Himmler effettuò un primo sopralluogo, complimentandosi per il lavoro fino ad allora svolto. In quell’occasione, Hoss venne informato di un nuovo piano: il campo avrebbe dovuto essere ampliato fino a poter accogliere 30 mila prigionieri e nel contempo si sarebbe dovuto creare un nuovo campo nell’area del villaggio di Birkenau (che divenne Auschwitz II) della capienza di ben 100 mila prigionieri.
Il 29 luglio 1941, Rudolf Hoss fu convocato a Berlino da Himmler per partecipare a un incontro confidenziale) nel quale vennero definiti i particolari per l’ampliamento nel contesto della prevista soluzione finale ordinata da Hitler. Il Führer scelse Auschwitz a causa del suo facile accesso ferroviario e perché il sito poteva essere agevolmente isolato. Ormai comandante generale, Hoss installò nel lager delle camere a gas camuffate da docce, in cui fu inserito il gas letale Zyklon B – un preparato di acido prussico usato al campo per la disinfestazione dei parassiti – che permetteva di uccidere duemila persone alla volta. Il resto, purtroppo, è storia.
In prossimità della caduta del regime nazista e quindi della conseguente avanzata delle forze sovietiche e degli Alleati, Rudolf Hoss ottenne da Himmler stesso una capsula di cianuro e l’ordine di cercare di nascondersi nella Wehrmacht, assumendo la falsa identità di Franz Lang. Catturato nei giorni immediatamente successivi al termine del conflitto dalle forze inglesi, Hoss fu rinchiuso in un campo di prigionia per uomini delle SS. Una volta rilasciato (nessuno si accorse della sua falsa) identità e trovò lavoro in un’azienda agricola nei pressi di Flensburg. Per i successivi otto mesi le autorità britanniche cercarono di risalire a lui attraverso la sua famiglia. L’11 marzo 1946, sua moglie Hedwig ammise il nome fittizio e il luogo dove si nascondeva. Lo stesso giorno, le forze britanniche lo arrestarono.
Dopo essere stato processato a Norimberga, il 25 maggio 1946 Rudolf Hoss fu trasferito in Polonia per rispondere dei suoi crimini e venne imprigionato a Cracovia. Dopo un lungo dibattimento nel quale ancora una volta espresse senza nessuna emozione visibile i meccanismi di funzionamento di Auschwitz, la Corte Suprema di Varsavia lo giudicò colpevole delle accuse che gli erano state rivolte. Il 2 aprile 1947, venne condannato alla pena di morte mediante impiccagione, eseguita il 16 aprile 1947 davanti all’ingresso del crematorio di Auschwitz. Fino alla fine non mostrò alcun segno di rimpianto in merito agli ordini ricevuti ed al suo operato. In seguito il corpo venne cremato e le ceneri vennero sparse in un bosco vicino al campo di Auschwitz.