L’incredibile vita di Norman: spiegazione del film con Richard Gere
L'incredibile vita di Norman è un film del 2016 scritto e diretto dal regista Joseph Cedar con uno straordinario Richard Gere nei panni di un faccendiere newyorkese alle prese con il difficile mondo delle relazioni sociali e del sapersi fare apprezzare dagli altri. Ecco la spiegazione e il significato del film.
L’incredibile vita di Norman vede al centro della sue vicende Norman Oppenheimer (Richard Gere), un ebreo newyorkese che incarna lo stereotipo di quello che si definisce in gergo “un faccendiere”, un uomo d’affari di cui non si riesce mai a inquadrare il preciso campo di specializzazione ma che sembra essere immischiato in una varietà infinita di bussiness. Il suo biglietto da visita cita Norman come un “consulente strategico”, ma in che materia non ci è dato sapere.
Norman però non è solo questo, è soprattutto una persona molto peculiare: nonostante il suo unico legame con l’alta società – a cui egli aspira a diventare noto – sia solo il nipote Phillip Cohen (Michael Sheen), in un modo che “ha dell’incredibile” – come suggerisce lo stesso titolo italiano del film – Norman riesce a ritrovarsi nel mezzo di eventi esclusivi e a tessere relazioni con importanti uomini d’affari grazie alla sua caparbia e alla sua tenacia indistruttibile che non lo fa mai fermare. Norman se ne va in giro con un cappotto color cammello ormai dismesso e sempre con lo stesso cappello pigiato sui capelli bianchi, di notte mangia alici in scatola e crackers nel seminterrato della sinagoga del rabbino Blumenthal (Steve Buscemi) e nessuno ha idea di dove abiti realmente.
Norman in realtà non è uno che brama ingenti somme di denaro, il suo intento è nobile, è quello di aiutare gli altri ad ottenere ciò che vogliono, magari traendone anche un piccolo profitto. Nonostante la sua invadenza e insistenza finiscano spesso per dipingere Norman agli occhi altrui addirittura come uno stalker e come un opportunista sempre in cerca di un’occasione per far soldi, Norman è un uomo molto umile e generoso e di questo si accorge Micha Eshel (Lior Ashkenazi) non appena ne fa la conoscenza. Un giorno, infatti, Norman incontra Micha Eschel – vice ministro del commercio in Israele – recatosi in città per una conferenza sull’industria energetica – e lo accompagna fin dentro un negozio di scarpe la cui vetrina aveva profondamente attratto l’attenzione dell’uomo. Per assicurarsi la sua amicizia, Norman gli regala quel paio di scarpe che Micha non solo gradiva ma che sentiva anche fossero quel qualcosa in più in grado di ridargli una dignità e un tenore che sentiva svanire.
L’incredibile vita di Norman: spiegazione e significato del film
Norman compie il gesto per convincere Micha a presentarsi a una cena con un ricco petroliere nel tentativo di proporgli un affare interessante, ma pressato da ordini del “capo” questi non può presentarsi come promesso. La sera, nella sua stanza d’albergo, Micha si sente in colpa per aver tradito la fiducia di quell’uomo che gli era parso tanto gentile e cortese nei suoi confronti e così gli telefona per scusarsi e gli confessa di sentirsi intrappolato in un momento buio della sua carriera politica. Tre anni dopo, quando Micha Eschel diviene Primo Ministro dello Stato d’Israele, Norman si presenta all’icontro con questi e la comunità ebraica a Washington. Non appena Micha riconosce il suo vecchio amico non esita a presentarlo a tutta la platea e a pretenderlo come consigliere nei rapporti con la comunità newyorkese. Così inizia invece lo sfacelo della vita di Norman…
Di certo quando Joseph Cedar scrisse la sceneggiatura de L’incredibile vita di Norman non lo fece con l’intento di presentare una storia e soprattutto un protagonista semplici. Sarà per questo che alcune scene del film, nonché la sua interpretazione finale, possono risultare un po’ complessi a un primo sguardo. Cedar si ispira a un episodio narrato dalla Bibbia – e ripreso anche da Shakespeare e Joyce – ovvero alla storia dell’Ebreo di Corte. In questo episodio biblico, infatti, si racconta di un ebreo che – dopo essere riuscito ad entrare nelle grazie di un potente e alla sua corte – viene invece respinto dagli stessi con cui aveva sempre desiderato entrare in contatto perché ritenuto un uomo dall’animo manipolatore e privo di buone intenzioni.
L’ebreo dell’episodio biblico ha molti punti in comune con la figura protagonista de L’incredibile vita di Norman e lo stesso regista ha dichiarato di essersi reso conto di quanti “Norman” abbia conosciuto nella sua vita e di voler loro dedicare un film per dare una sorta di riscatto a questa tipologia di persone, spesso incompresa e facilmente vittima di stereotipi e pregiudizi. Tutti conosciamo qualcuno che si prodiga tanto per gli altri al punto da destare sospetti circa la purezza delle sue intenzioni. Norman, in effetti, pecca di qualche bugia nel tentativo di riuscire a connettere gli altri: quando dice “avanti, dimmi cosa ti serve e ti aiuterò!” parla di conoscenze sparse qua e là che sembrano verosimili, ma non del tutto vere, oppure fa spesso riferimento a una moglie e a una figlia che sembrano sempre essere il perno delle sue conoscenze ma che persino lo spettatore dubita che possano davvero esistere nella sua vita.
Norman è in realtà una persona molto sola, ma è un “buon nuotatore”: nel mare di squali e tra le onde e gli alti e i bassi della vita – ben espressi dalla metafora della ruota panoramica a cui fa riferimento Micha – Norman sa come tenere la testa fuori dall’acqua e cavarsela, in un modo o nell’altro. Uno straordinario Richard Gere dal fascino senza tempo riesce a dare intensità a questo protagonista che – malgrado sia onnipresente nel film – alla fine ci si rende conto di non aver mai conosciuto. Non veniamo mai a capo dei misteri che avvolgono la vita di Norman: a volte ci sembra un poveraccio, ma in realtà ha con sé i soldi per comprare le esose e lussuose scarpe al politico israeliano, la sola cosa che sappiamo è che è allergico alle arachidi – e queste avranno un ruolo importante nella chiusura del cerchio.
La regia di Cedar ci mostra alcuni attimi d’immaginazione di Norman un attimo dopo essere entrato nelle grazie del nuovo ministro: Norman si guarda attorno e vede una sfilza di personaggi illustri che improvvisamente vogliono avere a che fare con lui. In fondo è questo che Norman cerca, riconoscenza e apprezzamento. Cerca un posto nel mondo. Ma sono proprio tutti questi favori e la sua rete di piccole bugie, la sua incapacità di saper dire di no e di mettersi sulle spalle promesse difficilmente mantenibili a trascinare Norman nel punto più basso della “ruota panoramica”.
La donna che Norman incontra sul treno e alla quale racconta della sua amicizia col Primo Ministro israeliano nata per il suo regalo costoso, è in verità un’oppositrice politica di Eshel e, per tentare di ostacolarlo nella firma di un trattato di pace in Medioriente, questa intreccia uno scandalo su di lui a partire dalla figura dello stesso Norman. Eshel viene dunque accusato di corruzione a causa dei favori di Norman, ma questo viene dipinto dalla stampa come un misterioso uomo d’affari: nella sua ingenuità, Norman stesso non capisce di essere lui quello ad aver messo in difficoltà Eshel con i suoi favori – tra i quali l’essere riuscito a far ottenere al figlio di Eshel un posto nell’Università di Harvard. Nel frattempo, Norman ha a che fare con una promessa ambiziosa fatta alla comunità ebrea di cui fa parte che sta per essere sfrattata dall’edificio che usa per le sue funzioni e attività religiose. Norman promette di riuscire a trovare un investitore che dia ben sette milioni di euro per la causa, la metà dei quattordici necessari a tenere l’edificio. Così Norman chiede al nipote Phillip di metterlo in contatto con un ricco magnate in modo che questi possa ottenere il contro-favore di essere sposato dal rabbino Blumenthal alla sua fidanzata coreana, in procinto di convertirsi all’ebraismo.
Ciò che di incredibile c’è nella storia di Norman è che alla fine egli riuscirà in tutto ciò che si era prefissato: dopo un’intensa telefonata in cui l’amico Eshel si scusa in anticipo per ciò che dirà di lui in tribunale – a Norman infatti era stata offerta l’immunità nello scandalo a patto che testimoniasse contro il Primo Ministro e ne dimostrasse la corruzione – ecco che Norman promette che non avrebbe mai tradito la fiducia del suo amico. In nome di un interesse più grande, addirittura Norman contribuisce a fare del bene alla società salvando Eshel dallo scandalo e portando alla firma del trattato di pace in Israele. Non solo: riesce a far ottenere il giusto investimento al magnate presentatogli dal nipote e i soldi necessari a salvarsi dallo sfratto alla sua comunità – nonché il matrimonio di Philipp con la fidanzata coreana.
Nell’ultima scena de L’incredibile vita di Norman, l’alternarsi del montaggio ci mostra questa serie di eventi felici e il protagonista che, seduto su una panchina nel centro di New Yor,k sta per mangiare un pacchetto di arachidi dopo essersi liberato della dose di adrenalina. Norman, in sostanza, decide di suicidarsi e di morire pienamente soddisfatto di essere riuscito comunque a portare del bene alle persone di cui si è circondato: ciò che gli fa male non gli fa più paura, non importa che quelle arachidi abbiano il potere di ucciderlo in pochi minuti, Norman vuole godersi qualcosa di cui si è sempre privato mentre sente di essere finalmente in pace con se stesso.
L’ultima inquadratura ci mostra la targa all’interno della sinagoga che omaggia il donatore “anonimo” che ha salvato la comunità dallo sfratto – nessun altro se non lo stesso Norman.
L’incredibile vita di Norman è un film emozionante, dove è impossibile non empatizzare col protagonista pur provando talvolta un senso di disturbo nei suoi confronti e che ci fa riflettere su come spesso le relazioni tra gli esseri umani siano un continuo e reciproco scambio di opportunismo e falsità, mentre spesso chi è mosso da buone intenzioni non viene riconosciuto come tale. Un cast eccezionale e una regia che ha sicuramente saputo sfruttare al meglio una buona intuizione. Da vedere!