Lo squalo: la vera storia dietro al capolavoro di Steven Spielberg
La storia vera dietro alla vicende raccontate da Steven Spielberg nella saga cinematografica de Lo Squalo, iniziata nel 1975.
Era il 1975 quando un giovane regista dell’Ohio di nome Steven Spielberg conquistò i botteghini di tutto il mondo con un film del terrore che ancora oggi ha ben pochi paragoni nella storia del cinema: Lo Squalo, che ora torna su Netflix con la saga completa!
470 milioni di dollari d’incasso, tre Premi Oscar, e primo di una serie continuata (sfortunatamente con molta meno qualità e suspense) per diversi anni, ma che ancora oggi è ricordato per essere stato un film capace di suscitare un impatto emotivo semplicemente devastante nell’opinione pubblica, risvegliando paure ataviche che si pensavano sotterrate nella notte dei tempi, ammansite dalla civiltà.
Spielberg aveva basato il suo film sull’omonimo romanzo scritto da Peter Benchley, saggista, giornalista ed autore di best-sellers come Abissi, The Island, Tentacoli, poi diventati film per il cinema o la televisione.
Sostanzialmente, la trama vede un enorme Squalo seminare terrore e morte nella città turistica di Amity a Long Island, ostacolato solo da uno sceriffo, un biologo marino ed un esperto pescatore.
Ma per scrivere quella storia, Benchley oltre alla sua fantasia, si era ispirato ad alcuni dei giorni più terrificanti vissuti sulle coste del New Jersey, quasi 60 anni prima.
Lo squalo: una tranquilla giornata al mare
Mentre dall’altra parte dell’Oceano, in Europa e Africa, milioni di uomini combattevano e morivano in trincea, sulle coste del New Jersey, così come in California e Florida, la vita continuava come sempre, con i turisti e gli abitanti che affollavano le spiagge, senza particolari preoccupazioni.
Era un’epoca in cui andare al mare cominciava ad essere molto meno problematico che in passato, la classe operaia americana rendeva le spiagge non più luoghi esclusivi, e con una così grande densità di bagnanti era inevitabile che possibili incontri tra uomo e Squalo diventassero più frequenti.
Il tutto senza contare Luna Park, taverne, motel, bar e quant’altro, sparsi ovunque sulla costa, in un’estate tra le più calde del secolo, in cui l’acqua era piena di abitanti di New York e Philadelphia, che cercavano sollievo dall’arsura.
Tra di loro vi era Charles Epting Vansant, 23enne in vacanza con la famiglia, che il primo luglio come sempre si tuffò in acqua ad Haven Beach, subito prima di cena, con il suo cane.
Dopo pochi istanti, il resto della spiaggia udì le sue urla. Charles era stato attaccato da uno squalo, che quasi gli strappò la gamba sinistra e nonostante i Guardia Costa lo avessero recuperato, morì dissanguato nel giro di pochi minuti. Pare che il predatore avesse continuato a seguire la barca con a bordo Vansant fino a riva.
Lo Squalo di Spring Lake
La notizia fece scalpore, dal momento che all’epoca gli ittiologi ritenevano gli squali (al di là delle leggende marinare) inoffensivi o quasi per gli uomini, e gli attacchi erano ritenuti frutto di provocazioni o sfortuna. Si sapeva veramente poco su questi animali.
Le spiagge rimasero aperte, il turismo trainava troppo per essere fermato, in fondo era stato solo un incidente e nessuno tra le autorità decise di dare peso ai pescatori e capitani dei pescherecci, che rientrati nei porti parlavano di un’alta concentrazione di squali.
Forse attirata dai sonar degli U-Boot tedeschi che costeggiavano le acque americane (a cui la popolazione rivolgeva segni di saluto)? Forse dall’elevato numero di pesci (la pesca dall’Europa era quasi ferma per la guerra)? Chi lo sa.
Quello che è certo che tutto cambiò quando nella città di Spring Lake, 70 km a nord, il 6 luglio un fattorino svizzero di nome Charles Bruder, mentre nuotava a 100 metri dalla riva, fu aggredito selvaggiamente sotto lo sguardo delle donne sulla spiaggia, inorridite alla vista del corpo straziato dell’uomo. Alla madre fu inviata una colletta di solidarietà dai residenti.
Inquietudine e paura cominciarono a serpeggiare nel territorio balneare.
Gli attacchi a Matawan Creek
12 luglio, Matawan Creek, 50 km a nord di Spring Lake, città che era nota per avere un rapporto intimo con gli squali, gli abitanti interagivano spesso con i predatori, senza averne mai avuto noie.
Per i ragazzini era normale giocare in spiaggia, e quel giorno tra di loro vi era anche Lester Stiwell, 11 anni, che assieme ai suoi coetanei, notò uno strano tronco scuro che si muoveva sott’acqua. Quando emerse una pinna che si dirigeva con decisione verso di lui, capì che era uno squalo ma non fece in tempo a salvarsi, fu trascinato sott’acqua.
Gli altri corsero in città a chiedere aiuto, e molti uomini accorsero, tra loro Watson Stanley Fisher, 24 anni, commerciante, che si tuffò con altri in acqua e proprio lui ritrovò il corpo di Stiwell. Ma mentre tornava a riva, fu aggredito anche lui da uno squalo, venendo ferito orribilmente alla gamba destra, perdendo il corpo del ragazzino.
Il tutto sotto gli occhi inorriditi dei compaesani, che inutilmente lo trasportarono al Monmouth Memorial Hospital, dove morì alla sei di sera. Il corpo di Stiwell fu recuperato in condizioni pietose due giorni dopo, in un’area denominata Wyckoff dock.
Fu dove venne attaccato Joseph Dunn, 14 anni, esattamente trenta minuti dopo il fatale attacco a Fisher, anche lui morso a poca distanza dalla riva alla gamba, ma fortunatamente il fratello maggiore ed un suo amico gli salvarono la vita, scacciando lo squalo. Si salvò.
Il terrore dello squalo mangia-uomini
La stampa e gli altri media, non si fecero perdere l’occasione, ed in breve soprattutto grazie a titoli sensazionalistici e ad un’atmosfera di orrore e terrore condita da foto e inserti scabrosi, si scatenò il panico in tutto il New Jersey.
Fu una cosa senza precedenti nella storia del paese, passato di bocca in bocca, di lettera in lettera, all’inizio rassicurati dalle parole di esperti che sottolineavano come i due attacchi fossero avvenuti in condizioni eccezionali, quello di Vansant probabilmente causato dal suo cane a cui mirava il predatore. Ma dopo il secondo attacco, tutti i principali quotidiani sbatterono in prima pagina la cronaca degli “squali mangiauomini”.
Gli esperti tramite conferenza stampa rinnovarono l’invito alla calma, ricordarono ai bagnanti di stare più vicini alla costa, di stare solo sulle spiagge pubbliche. Ma il mangia-uomini del New Jersey venne avvistato nelle centinaia di squali che capitani, pescatori e persino dive come Gertrude Hoffman dissero di aver incontrato in acqua.
Dopo gli ultimi tre attacchi, si chiusero le spiagge, si misero taglie, il Segretario del Tesoro chiese alla Guardia Costiera di intervenire ed in breve successe ciò che era prevedibile: la più grande singola battuta di caccia della storia.
Caccia Indiscriminata
Centinaia di squali vennero ammazzati a vista, senza badare a taglia, dimensione o abitudini, visto che i 5000 dollari di taglia messi a disposizione dalla Camera dei Rappresentanti (pari a 120mila dollari odierni) facevano gola a chiunque.
La politica si mischiò alla paura, con Sindaci, Deputati e Governatori che si recarono in loco per mettersi in mostra, ma dai cadaveri degli squali, non emergeva nessun resto umano, niente che permettesse di identificare il colpevole.
Un colpevole che in molti credevano fosse uno Squalo Bianco, ma i tre attacchi del 12 luglio erano accaduti nell’entroterra, ad una salinità troppo insufficiente per questa specie; ma nonostante questo, quando Michael Schleisser (un domatore di leoni e imbalsamatore) catturò un giovane Squalo Bianco di 3 metri e nel suo stomaco furono ritrovati quelli che sembravano resti umani, si decise che quello era il mangia-uomini.
L’emergenza passò, l’opinione pubblica era soddisfatta, naturalisti e scienziati meno, visto che erano stati massacrati centinaia di pesci senza motivo, ma almeno l’accaduto dette un forte impulso allo studio di questi animali.
Una paura risvegliatasi dopo decenni
Benchley recuperò molti anni più tardi l’accaduto, lo mise dentro l’atmosfera festaiola degli anni della contestazione, e vi aggiunse l’idea di uno Squalo gigantesco, non dissimile da quello che il cacciatore di squali Frank Mundus (usato come modello del personaggio di Flint nel romanzo e nel film) aveva pescato nel 1964.
Ma ancora oggi sui 12 giorni di terrore che cambiarono per sempre l’America, non vi è alcuna certezza, visto che molti pensano che diversi attacchi siano stati causati da alcune tartarughe marine giganti, note per il carattere aggressivo.
Se poi si fosse trattato di uno squalo, le ipotesi più moderne, escludono il temibile Squalo Bianco, concentrandosi soprattutto su uno Squalo Blu, uno Squalo Toro e soprattutto sullo Squalo Zambesi, il terzo più pericoloso per l’uomo.
lo Zambesi in particolare, tollera l’acqua dolce ed è in grado di risalire il corso dei fiumi, ed era molto comune nell’area.
Ad ogni modo, ciò che è certo è che quei 12 giorni di terrore lasciarono nella memoria collettiva una traccia, risvegliarono la paura del mare, dell’ignoto, del Grande Drago (com’era definito da Jung) incompatibile con il mondo umano, ed assieme la paura di essere mangiati in mare, in un’ambiente a noi sconosciuto, terrificante.
Tutte cose che il capolavoro di Spielberg risvegliò a 50 anni dai terribili giorni del New Jersey.