L’uomo che fissa le capre: la storia vera del film con George Clooney
C’è una storia che parla di guerra, di soldati e di poteri sovrumani dove il potere della mente è più forte del corpo, L’uomo che fissa le capre, film del 2009, diviene un ironico e folle scherzo della natura.
“Questa è una storia vera”. Non importa cosa leggerete o cosa vedrete, l’importante è sottolineare la veridicità di questi avvenimenti. Cinque parole, che con tono autorevole, vogliono rappresentare un’avvertenza e accompagneranno il pubblico sia nella lettura che nella visione. Perché sì, L’uomo che fissa le capre, prima di diventare una trasposizione cinematografica nel 2009 per opera del regista Grant Heslov, era uno scritto del reporter britannico Jon Ronson, pubblicato nel 2004 e giunto in Italia l’anno seguente, con il titolo Capre da guerra. Solo in seguito all’uscita del film e approfittandone della pubblicità mediatica della distribuzione, il reportage d’investigazione giornalistica torna a far parlare di se, con una nuova pubblicazione, riprendendo il titolo originario: L’uomo che fissa le capre (The Men Who Stare at Goats).
“Parte del lavoro di un giornalista è risalire alle origini di una storia” ed è questo che fa Jon Ronson nel percorso di investigazione attorno al fenomeno dei soldati psichici, programma promosso dall’esercito degli Stati Uniti, a partire dagli anni ottanta, al fine di usare i poteri psichici come armi.
Tutto ha inizio nel 1972, quando il colonnello Jim Channon, durante la guerra del Vietnam, vive un’esperienza traumatica che lo porterà a riflettere sulle tecniche di guerra; propone, così, al Pentagono di intraprendere una missione di ricerca per esplorare tattiche di combattimento alternativo. Queste ricerche, svolte nel corso di due anni, lo conducono a esplorare esperienze nell’ambito dei movimenti new age dell’epoca. Solo nel 1979, il colonnello presentò il Manuale del Primo Battaglione Terra, testo militare che attinge alle sue personali conoscenze al fine di sviluppare tecniche militari di tipo etico; si ha, in questo modo, un’evoluzione del concetto classico sia di guerra sia di soldato, che converte quest’ultimo in monaco guerriero, anche ripetutamente chiamato sarcasticamente nel film “soldato Jedi”, capace di vedere a distanza, di applicare la manipolazione psichica a stampo pacifista.
L’uomo che fissa le capre – la storia vera: “Se vuoi cambiare il mondo devi cambiare le armi”
È Ewan McGregor a vestire i panni del giornalista Bob Wilton (l’inglese Jon Ronson) che fa da spalla al soldato Lyn Cassady (George Clooney); infatti, in fase della stesura della sceneggiatura è stata fatta la scelta di adottare nomi fittizi per i personaggi del film, forse per non rendere immediatamente ricollegabile i soggetti direttamente coinvolti alle persone reali. Perciò in conformità a questa, non dichiarata, richiesta di riservatezza anche noi vogliamo dimostrarci rispettosi nei confronti di quei soldati americani che con onore e rispetto si sono spinti oltre le loro possibilità alla ricerca di un bene superiore.
Il piglio cinico e tagliente di Jon Ronson emerge con una comicità intelligente che il giornalista riesce a far emergere dal reportage, ed è percepibile vividamente nella trasposizione cinematografica, dove lo sguardo appare ironico e quasi surreale.
La narrazione cinematografica crea una struttura narrativa di base fittizia che ha inizio cronologicamente nel 2002, al fine di costruire e sviluppare i fatti realmente accaduti in modalità retroattiva. L’uomo che fissa le capre, infatti, predilige la tecnica del flashback come escamotage per compiere salti nel tempo e nello spazio, andando nel passato e trasportare lo spettatore dal Vietnam al Kuwait, dal Michigan a Fort Bragg nella Carolina del Nord per lasciar progredire la trama guida in un eterno presente sospeso nella trama fattuale. C’è la voce narrante del giornalista Bob che, con la sua onnisciente presenza fuori campo, accompagna l’avvicendarsi della propria esperienza artificiosa fondendo vicende di cronaca a esperienze personali.
L’uomo che fissa le capre è una brillantemente e geniale satira, fuori da ogni schema conformista che lascia allo spettatore quel mistero aleatorio, diviso tra incredulità ma costantemente aggrappato alla realtà.