Mad Max: Fury Road – il cinema del futuro in 6 premi Oscar
Distopico e catastroficamente suggestivo, Mad Max: Fury Road è il futuro. Quello arido e senza volto di una trama fine a se stessa; ma allo stesso tempo è il futuro florido ed eccessivo, quello che marchia a fuoco la pelle dei protagonisti e gli occhi dello spettatore. L’esagerazione e la maestria tecnica di George Miller hanno reso la pellicola il tempio della perfezione per eccellenza, la compiutezza estrema dispersa in tasselli infinitesimali di colori caldi come le sabbie del deserto, sporchi come le menti assediate dalla morte e gelidi come la notte.
Mad Max: Fury Road, presentato al Festival di Cannes 2015, ha racimolato durante la 88° Notte degli Oscar ben sei premi, tesi tutti ad elogiare l’indiscutibile magia del montaggio, della scenografia, del montaggio sonoro, degli effetti speciali e del make up e manifestandosi a tutti gli effetti come l’esempio più completo del blockbuster postmoderno.
Cosa c’è dietro il volto di Furiosa (Charlize Theron) e di Max (Tom Hardy)? Cosa si nasconde tra i salti circensi e i colori tatuati sulla carne? Andiamo a sfogliare, una a una, le pagine più interessanti scritte dal team di George Miller.
Mad Max: Fury Road – il cinema del futuro in 6 premi Oscar
SCENOGRAFIA
Siamo circa una cinquantina di anni avanti rispetto ai nostri giorni e tutte le paure (forse blande) del momento sono divenute realtà: il crollo economico, la mancanza di petrolio e di acqua potabile, il collasso del mondo civile. La Terra che conosciamo non esiste più, l’uomo l’ha prosciugata rendendola ostile alla sopravvivenza, eppure gli scenari sanno essere accattivanti e preservare la bellezza e lo sfarzo gotico. La terra della Namibia migra dal rosso all’arancio raggiungendo calorosi picchi di giallo ocra (rievocando un’opera come La persistenza della memoria di Salvador Dalí); sul suolo polveroso gareggiano mezzi complessi per le modalità di funzionamento ma accessoriati di ogni sorta di comfort battagliero. Autocisterne, motociclette, fuoristrada corrono veloci come nel nostro tempo, ma vantano un design animalesco e preistorico, che vagamente ricorda la struttura ossea dei mammut o dei rinoceronti, camuffata a dovere da un’abilità corporea circense. I figli della guerra che si calano verso i mezzi avversari per mezzo di lunghe canne metalliche rievocano la gracile base degli elefanti di Dalì, donando alla scena una danza sfrenata e rocambolesca. Colin Gibson e Lisa Thompson riescono a dare senso a ogni oggetto palesatosi sullo schermo, comunicando l’esistenza di un passato e di un presente in continua collaborazione: ciò che resta in Mad Max sono solo i resti dell’era passata, ma intrisi di un senso estetico che tanto combacia con la mania del riciclo creativo caro al nostro tempo.
MONTAGGIO
Margaret Sixel ha registrato ben oltre 480 ore di filmati per poi estrarre un concentrato di 120 minuti, che è Mad Max: Fury Road, composto da 2700 singole inquadrature aventi il compito di immergere lo spettatore nel fulcro di scene d’azione caotiche, spesso rese con telecamere traballanti e inquadrature sfocate, che dovrebbero avere l’effetto di travolgere chi le guarda. Nel film di Miller l’adrenalina scorre veloce come il sangue, i corpi si scontrano, sbattono, soffrono e riusciamo a guardare sotto la lente d’ingrandimento tutto il loro dolore e la loro esasperante lotta, rimanendo al contempo spettatori privilegiati. Una delle tecniche usate per ottenere questo effetto è quella dell’Eye Trace e del Crosshair framing, che permette di convogliare l’attenzione verso un unico punto di fuga; un cerchio incorniciato all’interno del quale si svolge tassativamente l’azione.
SONORO
Se la migliore colonna sonora è quella del grande Maestro Morricone per The Hateful Eight, il miglior montaggio sonoro va a Chris Jenkins, Gregg Rudloff e Ben Osmo che hanno saputo creare, in Mad Max, un’atmosfera spettrale ed elettrica. Il suono rimbomba come se stessimo dentro una tromba senza comunque oltrepassare mai gli spazi. Tamburi e chitarre elettriche accompagnano le corse folli, aprendo parentesi dal taglio classicistico e apocalittico. Ingegnosa l’immagine della chitarra sputa-fuoco, che sottolinea la compatibilità e l’importanza della musica nella lotta.
EFFETTI SPECIALI
Rispetto a Ex Machina (che ha vinto l’Oscar per gli effetti speciali) Mad Max: Fury Road non ha nulla di troppo eclatante, se non fuochi e fiamme, la particolarità del braccio mozzato di Furiosa (Charlize Theron) e acrobazie da stunt. In ogni caso è giunto prendere in causa il lavoro fatto da Andrew Jackson, Tom Wood, Dan Oliver e Andy Williams. Si tratta di lavoretti digitali e di perfezionamento, come cancellare i supporti, rendere più reali gli incidenti o far sembrare florido un luogo come la cittadella – che per sua natura non ha neanche un centimetro di verde – ma non si può non ammettere che, in un film del genere, proiettato verso l’inimmaginabile, i dettagli sono davvero gran parte della storia.
COSTUMI
Gli abiti indossati dai protagonisti della pellicola sono davvero particolari: sanno essere sportivi e pesanti come armature ma anche leggiadri come quelli di una dea. Il dettaglio di Max (Tom Hardy), ad esempio, è la museruola metallica che è costretto a portare, collegata al tubicino usato per la trasfusione. Occultando gran parte del volto i suoi occhi vengono messi in risalto insieme alle mani, vincolate dall’inizio alla fine in braccialetti metallici. Il pantaloni non hanno tasche ma in molti scatti sono arricchiti da una sorta di protesi. Il busto sprofonda in felpe sgualcite, rinforzate da cappotti in pelle grezza e parti metalliche. L’abbigliamento dell’imperatrice Furiosa è femminile fino a sotto il seno, in cui si intravede una logora maglia bianca dalla scollatura francese, dopodiché inizia un susseguirsi di cinture in cuoio che vanno a fasciare la vita per poi lasciare spazio al pantalone intarsiato di scuciture, dal tessuto visivamente pesante e protettivo. Dopo le prime scene la perdita dell’arto costringe l’imperatrice a indossare una protesi metallica che va dalla spalla fino all’altezza della mano. Con le nutrici che trasporta il personaggio interpretato dalla Theron condivide solo il corpetto. Le ragazze, infatti, sembrano delle divinità: alcune di loro sono scalze, altre indossano degli stivali di colore chiaro, tutte portano degli abiti simili a stracci di tela o di lino in cui non si scorgono cuciture. Chi in minigonna, chi in un taglio simile a un costume due pezzi, trasuda un senso di candida delicatezza e fragilità, evidenziato in certi casi dal gonfiore addominale della gravidanza.
Immortan Joe indossa una delle armature più spregevoli: il suo corpo cadente stretto in uno stampo scultoreo di plastica rende appieno l’idea di un corpo tumefatto e da buttare.
TRUCCO E ACCONCIATURA
In un’atmosfera catastrofica la parte più romantica è quella dedicata al make up femminile. Nuance non aggressive e totalmente naturali spariscono sui volti perfetti delle attrici. Le cinque mogli hanno tonalità che si alternano dal color sabbia all’oro, sfumando nel rosa. La loro pelle è sporca ma luminosa ed emerge sullo schermo con uno slancio aggraziato, anche grazie alle acconciature che fanno tanto primavera. come i capelli voluminosi e arruffati o le trecce che incorniciano i loro volti. Ad adornare il viso di Furiosa invece non c’è nessun capello: ha la testa completamente rasata il che la rende tremendamente sexy, facendo risaltare la perfezione dei suoi lineamenti e la bellezza dei suoi occhi chiari che, seppelliti in pennellate di polvere nera, regalano uno sguardo penetrante e sconvolgente.
Per quanto riguarda la controparte maschile, i guerrieri hanno la pelle marchiata a fuoco, quindi sono interamente tatuati da simboli in rilievo che assomigliano a graffiti.
Vuoi rimanere sempre aggiornato sul cinema d’autore? Seguici anche su questa incredibile pagina