Manchester by the sea: il significato del film con Casey Affleck
Manchester by the sea è un film essenziale, realistico, senza retorica né falsi sentimentalismi. Eccone spiegato il significato.
Dolore. Forse la cognizione del dolore. Questo è ciò da cui parte Manchester by the sea (2016), il terzo film di Kenneth Lonergan che racconta l’esistenza dolente di Lee (Casey Affleck), un uomo a cui la vita riserva un dramma dopo l’altro, una perdita dopo l’altra, un lutto dopo l’altro. Lo spettatore viene portato all’interno di un mondo spento, muto, intrappolato nella stasi del suo protagonista che subisce l’ennesimo contraccolpo: la morte del fratello, una morte forse annunciata – a causa di una malattia cardiaca -, ma non per questo meno dolorosa. Lee deve andare avanti, anche se vorrebbe solo affondare – a causa del suo passato che torna a battere alla porta della sua memoria e dei suoi ricordi con vari flashback – nella melma in cui da anni si trova (vive in uno squallido sottoscala).
Manchester by the sea: Lee è costretto a fare i conti con se stesso, con gli altri e con il passato
Ieri e oggi. Avanti e indietro. Prima e dopo. Gli anni della famiglia e dei sorrisi e quelli dell’apatia, rassegnazione e oscura solitudine. Lee, dopo la separazione dalla moglie, Randi (Michelle Williams), tenta di farsi odiare dal mondo – gli vengono fatti vari richiami perché i suoi clienti che lo descrivono scorbutico e maleducato -, vorrebbe solo andare giù, a fondo, soccombere, invece sopravvive, ancora e ancora, prendendo calci e pugni dalla vita e dall’uomo. L’uomo si trascina nelle strade, tra una casa e l’altra dove lavora come tuttofare, e dimostra il suo fastidio con la rabbia improvvisa, allontanandosi da tutto e da tutti, prima di tutto da se stesso. Lee apprende la notizia della scomparsa del fratello, Joe, e si prepara per andare a Manchester by the sea, dove l’uomo ancora viveva insieme al proprio figlio, Patrick. In quel luogo però Lee si porta dietro tutto il suo inferno, di cui fatica a parlare, del matrimonio finito, del padre che non è mai stato, di tutto ciò che ha mandato a quel paese a causa del suo carattere; si trascina, galleggiando tra un urto e l’altro, chiedendo al mondo con ogni sguardo immoto e muto, perché. Perché è ancora vivo, perché non è stato diverso, perché è lì, punto da cui è fuggito molti anni prima. Si sente in colpa e quindi fa a botte per sentire il dolore – cosa che non sentiva più da molto tempo come legge del contrappasso -, chiede agli altri di non disturbarlo ma a questo punto Manchester lo richiama e non c’è più tempo di vivere in quello straziante oblio – o almeno deve provarci.
Un racconto duro e impietoso
Manchester by the sea è un racconto duro, impietoso, sembra qualcosa di innaturale perché di solito si è abituati alla mostrazione dei propri intimi sentimenti, mentre questo è un dramma silenziato e per questo difficile da capire/accettare. Il film dice che la sofferenza, il lutto hanno forme talmente complesse da essere incapaci di disegnarne i contorni. Quello di Lonergan è un poema che ti porta dentro ad una tragedia visibile negli occhi del protagonista; l’uomo deve organizzare il funerale, deve fare lo zio che educa e dà le regole e mentre tenta, scopre di essere stato nominato tutore, conformemente alle disposizioni testamentarie di Joe. Nonostante ami quel ragazzo con tutto se stesso si sente ancora inadatto e questa nuova prospettiva di una vita “a due” fatta di responsibilità e di cure non gli dà forza, né un senso di “benessere” – come a dire che in un modo o nell’altro ogni cosa va avanti e c’è posto per la gioia -, diventa un trapano che scava dentro facendo fuoriuscire solo malessere, inadeguatezza, sofferenza.
Tutto sta negli occhi spenti e disperati di Lee
I silenzi e lo sguardo assente di Lee dicono chiaramente che non si tratta solo di questo presente, ma c’è anche un passato che a mano a mano viene svelato e sussurrato. In questo mare di dolore indicibile, di pentimento, strazio e solitudine, Manchester by the Sea è anche una storia d’amore, di buoni sentimenti, di rapporti, e Lee è il centro di tutto questo: è lo zio di Patrick che reagisce come lui alla morte, all’apparenza in modo distaccato ma dentro ha lacrime e sofferenza, è l’ex marito di Randi con cui si rincontra, parla ancora di ciò che è stato, è il fratello di Joe sia quando organizza la cerimonia funebre sia quando ricorda tutto ciò che hanno passato insieme, i giorni felici e anche quelli della malattia.
Manchester by the sea: l’accettazione della propria fragilità
Manchester by the sea è un film essenziale, realistico, senza retorica né falsi sentimentalismi che possono rendere stucchevole una storia già abbastanza tragica: quando Patrick ha un attacco di panico, il primo e unico segno di cedimento, Lee c’è ma non con gli abbracci o con i baci ma con la sua presenza, non lo lascia solo e aspetta che si calmi e si addormenti, sedendosi accanto al suo letto. Non ci sono pianti a dirotto banali, c’è invece un rispettoso strazio che mostra uomini profondamente umani; Lee, Patrick sono anime talmente battute dalla vita da essere forgiati da essa. Lo sconforto, l’infelicità si può celare, può essere messo da parte in un luogo sicuro ma non per questo non li si prova, anzi sono lì, latenti, sommessi e sotterranei e scavavano, scavano, lasciando solchi che, a volte, sono inarginabili.
“non ce la faccio a rimanere qui”
Si dimostra per quello che è Lee, mentre abbraccia suo nipote; è chiaro, semplice, trasparente, incredibilmente e meravigliosamente umano aprendo il suo cuore. In una società in cui si cerca sempre di dimostrare di essere all’altezza, lui dice il contrario: sono fragile, non posso. Proprio da questo nasce un sentimento indefinibile, a tratti positivo, una qualche tenerezza che sembra emergere da sotto la cenere, i rapporti ci sono, esistono, permangono, nonostante tutto. C’è il mare che come una ninna nanna naturale culla i personaggi che alle volte non parlano eppure dicono tutto con i soli sguardi (quelli tra Randi e Lee, quelli tra Lee e Patrick, quelli tra Lee e la madre che ad un certo punto incontra, dopo anni dalla sua partenza).
Manchester by the sea: guardare verso il futuro
Manchester by the sea con i volti, i luoghi, il passato e il presente, le sue storie porta allo spettatore la cognizione del dolore e ogni cosa passa attraverso l’interpretazione di Affleck, in grado di raccontare l’uomo assorbito e mangiato dal trauma e, incredibilmente, il mondo attorno a lui sembra capirlo e giocare con lui, imitandolo. Il freddo che Lee ha dentro di sé è lo stesso che lo circonda, il vento che sferza i luoghi dell’animo del protagonista è lo stesso che muove i rami degli alberi. Lonergan studia il tempo e il dolore e lo racconta e per farlo deve andare avanti e indietro negli anni, deve spiegare cosa è accaduto nel passato di Lee per spiegarne il presente; il tempo del dolore è diverso, non segue una legge unica e fissa ed è per questo che Manchester by the Sea non narra lo straordinario ma le vite normali, comuni.
Sembra che tutto per Lee sia sempre uguale a prima e lui sempre uguale a se stesso, invece quello che era un mondo asfissiante e claustrofobico alla fine in qualche modo si libera dai legacci; e il protagonista accetta e si accetta, guardando il mare e quindi verso il futuro.