Nemiche per la pelle: il finale del film di Luca Lucini
Il finale di Nemiche per la pelle può considerarsi prevedibile, ma dà la possibilità di confrontarsi con diversi temi sociali.
Margherita Buy e Claudia Gerini interpretano le protagoniste di Nemiche per la pelle di Luca Lucini: due donne diametralmente opposte tra loro che eppure hanno ammaliato lo stesso uomo. Quando questo viene a mancare, lascia il figlio avuto con una terza donna alle cure delle due donne, Lucia e Fabiola, costrette così a cooperare. L’indole estremamente diversa che contraddistingue le protagoniste innesca fin dal principio scontri e discussioni al limite del verosimile, chiamando a gran voce la parodia dell’isterismo femminile nelle sue varie forme e facendola entrare nella trama del film.
Nemiche per la pelle: la storia di Lucia e Fabiola, due donne molto diverse
Leggi anche Nemiche per la pelle: recensione del film con Margherita Buy e Claudia Gerini
Lucia è una terapeuta per animali, idealista sensibile e acculturata; Fabiola è una venale agente immobiliare, pragmatica e poco incline a speculazioni intellettuali: l’eredità, se così si può definire, che il defunto ormai ex marito di entrambe ha affidato loro mette le due donne in una situazione scomoda, in cui è impossibile sottrarsi al dovere di collaborare con la nemica. Paolo è il bambino di origine cinese che si trova all’improvviso conteso tra più forze.
A sfidarsi per la custodia di Paolo, infatti, non si trovano solo le due donne apparentemente incapaci di unire le forze a suo pro, ma il bambino è anche nel mirino di un convento di suore che dovrebbe prendersene cura, e che riesce persino a ospitarlo, almeno temporaneamente. Proprio questa trasformazione da duo a trio di protagonisti apre le le porte a un’ulteriore accentuarsi della caratterizzazione macchiettistica dei personaggi. Se già dal primo incontro Lucia e Fabiola si danno battaglia in una serie di pseudo-gag quasi surreali, nelle sequenze finali del film la sceneggiatura si lascia andare a visioni comiche e rocambolesche, quasi picaresche. Basti pensare al tentativo di rapimento del bambino dal convento, punto apicale del percorso che guida Nemiche per la pelle al suo inevitabile messaggio finale.
Nemiche per la pelle: una trama prevedibile?
Scopri anche il trailer di Nemiche per la pelle
La risoluzione della storia, tanto prevedibile quanto tacciabile di surreale buonismo, vede il trionfo del pensiero pacificatore: le due donne hanno trovato il modo di cooperare su più fronti e di costruire un buon rapporto sia con il figliastro che tra di loro nonostante le profonde differenze che le dividono. In qualche modo, se non altro, il finale di Nemiche per la pelle afferma anche la possibilità di formare e consolidare un’atmosfera familiare, sicura e protettiva, anche con una sistemazione, per così dire, non convenzionali. Il finale racconta la vittoria dei buoni contro i cattivi o, meglio, dell’amore e dell’affetto sulla burocrazia e persino sulle ostilità personali: in una sceneggiatura che non sorprende per particolari guizzi istrionici, il finale arriva telefonato quasi fin dal principio. Usando altre parole, il finale non tradisce l’aspettativa che viene creata lungo tutto il film, presentata e perseguita da due personaggi quasi bidimensionali nella loro caratterizzazione estrema e opposta.
Nemiche per la pelle affronta con leggerezza vari temi, facendo trionfare il bene nel finale
Ad averla vinta insieme alla spinta materna delle due donne è anche la capacità di assorbire le differenze culturali oltre a quelle personali, giungendo al riconoscimento finale, pur forzato e puramente funzionale alla vicenda narrata, ma che permette al film di passare da commedia sulle sfaccettature delle fissazioni (soprattutto femminili) a opportunità di riflessione e di approfondimento su varie tematiche, magari in separata sede. Il ricongiungimento finale diventa quindi una rinnovata unione di più persone a più livelli: si trova il modo di far convivere diverse mentalità e diverse culture in nome di un bene superiore e dell’amore materno, in un contesto che lascia quasi tutte le figure maschili ai margini della narrazione pur essendo di fatto i motori della storia rappresentata, gli elementi senza i quali non ci sarebbe nessuna vicenda da raccontare.