Nicolas Winding Refn: la folgorante carriera del regista danese
In occasione della presentazione del suo nuovo film The Neon Demon a Cannes 2016 (qui il nostro speciale sull’evento), ci sembra opportuno ripercorrere i principali passi della carriera di Nicolas Winding Refn, che a dispetto della sua giovane età è già una splendida realtà del cinema mondiale. Danese come i colleghi Lars Von Trier e Thomas Vinterberg, ma mai coinvolto nel loro movimento Dogma 95, muove i suoi primi passi in ambito cinematografico prima presso la prestigiosa American Academy of Dramatic Arts di New York, poi in patria nella Danish Film School. Anche a causa del suo carattere tutt’altro che facile, queste due esperienze si esauriscono in brevissimo tempo, senza dare un apporto fondamentale al suo bagaglio culturale e cinematografico. Il giovane Nicolas Winding Refn però non demorde, non si fa abbattere dalla sua inesperienza e dalla mancanza di un’appropriata formazione e affronta anche gravi disturbi personali che ne limitano fortemente le capacità, cioè la dislessia e soprattutto il daltonismo, che da difetto si trasforma in artefice del suo stile visivo: non avendo la percezione dei colori intermedi, il regista è spinto a cercare sempre immagini dal forte impatto visuale e basate sul contrasto fra oscurità e toni caldi. Refn realizza così un corto che sarà la base del suo primo film Pusher, girato a soli 25 anni di età, rampa di lancio della sua carriera.
La violenza e il gusto per l’immagine: il cinema di Nicolas Winding Refn
Pusher (1996)
Con Pusher, Nicolas Winding Refn comincia a immergersi in quei bassifondi della società da cui nel corso della propria carriera attingerà continuamente materiale narrativo, dipingendo con realismo e un tocco del tutto personale il mondo della malavita e dei malaffari e gettando le basi per una fortunata trilogia che verrà completata da Pusher II (2004) e Pusher III (2005). L’esperienza è poca, ma lo stile visivo e narrativo è già ben definito, con continui giochi di luci e ombre che esaltano il racconto di una violenza mai fine a se stessa e sempre chiave di volta per raccontare il mondo che ci circonda. Ulteriore merito del regista è inoltre quello di individuare e fare esordire uno degli attori europei più talentuosi della sua generazione, ovvero Mads Mikkelsen, che nel corso della sua carriera collaborerà con Nicolas Winding Refn per altre tre volte. Dopo questo folgorante esordio, il giovane regista riunisce cast tecnico e artistico del suo primo lavoro in Bleeder (1999), pellicola nuovamente radicata ai margini della società che nel soggetto presenta alcuni punti di contatto con l’antecedente e seminale Clerks (1994) di Kevin Smith. La violenza e l’amore sono i fili conduttori della pellicola, che permette però al nostro di mostrare la sua un’acuta ironia e la sua poliedricità in più registri narrativi, oltre al suo amore per le citazioni di pellicole significative per la sua formazione, affidate in questo caso al personaggio interpretato da Mads Mikkelsen. Nel 2003 il nostro prova a sfondare in ambito internazionale con Fear X, pellicola che a dispetto della presenza nel cast di una star di caratura mondiale come John Turturro e di un’accoglienza molto positiva da parte della critica si rivela un clamoroso fiasco dal punto di vista commerciale, frenando così l’ascesa di Refn.
La svolta: Bronson (2008)
Nicolas Winding Refn si impone all’attenzione della critica di tutto il mondo con Bronson, biopic alternativo e surreale sulla reale storia di colui noto come “il più violento prigioniero britannico vivente”, ovvero Michael Gordon Peterson. Il film è la conferma del talento recitativo e del carisma di Tom Hardy, che dona anima e corpo alla caratterizzazione di un criminale atipico e incontrollabile, che sceglie di rendere il suo peregrinare di prigione in prigione un palcoscenico itinerante dove mostrare il suo più grande talento, cioè quello di compiere i più efferati atti di violenza verso le guardie o gli altri detenuti. Il ritratto di Bronson (che decide di farsi chiamare così come omaggio al celebre attore Charles Bronson) è quello di un uomo che riesce a essere al tempo stesso criminale, folle, abile affabulatore e artista, grottescamente spettacolarizzato dalla regia sempre più matura di Refn, che mescola cinema, teatro e vita vera affidandosi ai suoi inconfondibili giochi di luce e a intramontabili brani di Verdi, Puccini, Strauss e Wagner. Nel 2009 arriva il turno di Valhalla Rising, in cui il nostro si riunisce al suo attore feticcio Mads Mikkelsen per un epico racconto basato sulle tradizioni della sua terra, in cui la violenza si mescola a una natura cupa e minacciosa, a un simbolismo insistito e spesso particolarmente criptico e un assordante silenzio che permea la pellicola. Un’opera apprezzata da molti e mal digerita da tanti altri, che ha però l’indiscusso pregio di rendere manifesto a chiunque il talento di un regista ormai pronto alla ribalta internazionale.
Il successo: Drive (2011)
La consacrazione definitiva da parte di critica e pubblico di tutto il mondo arriva con Drive, che ottiene il premio per la migliore regia del Festival di Cannes del 2011, una nomination all’Oscar e soprattutto un clamoroso riscontro di pubblico, con circa 80 milioni di dollari di incasso in tutto il globo a fronte di un budget di 15. La pellicola può considerarsi ormai un classico del cinema dell’ultima decade, grazie anche a un’ottima prova da parte di Ryan Gosling, abile a tratteggiare il ritratto di un uomo ambiguo, taciturno e impenetrabile, onesto lavoratore di giorno e pilota per i più disparati criminali al calare delle tenebre, sempre in bilico fra apparente quiete, improvvisa follia e inaspettato altruismo. Nicolas Winding Refn centra l’apice della sua carriera dirigendo un’opera ipnotica e adrenalinica, dalla fotografia avvolgente e dalla colonna sonora trascinante, che riesce a essere al tempo stesso noir ed action movie, senza mai perdere coerenza narrativa. Il driver di Ryan Gosling è un antieroe moderno, distaccato e violento ma con un proprio codice d’onore, figlio di una Los Angeles cupa e degradata che il regista ci mostra con tutto il suo gusto per l’immagine e per il contrasto fra penombra e colori accesi.
Solo Dio perdona (2013)
Dopo il successo di Drive, Nicolas Winding Refn conferma il protagonista Ryan Gosling per Solo Dio perdona, che in molti aspettavano come un ideale seguito della pellicola precedente, ma che invece si rivela essere un’opera profondamente diversa, accolta fra i fischi del pubblico del Festival di Cannes 2013 ma adorata da una folta schiera di sostenitori del regista danese. Il cinema di Refn esplode in una pellicola oscura ed ermetica, fatta di lunghi silenzi, focalizzata su un rapporto madre-figlio che assume contorni edipici e avvolta da atmosfere stranianti e inquietanti, che non hanno nulla da invidiare a quelle tipiche del cinema di David Lynch o di Alejandro Jodorowsky, a cui è dedicato il film. Attendiamo con ansia di sapere quale strada prenderanno la carriera e il modo di fare cinema di questo eccellente regista, ma non abbiamo dubbi sul fatto che ci potrà deliziare e sorprendere ancora per tanti anni, cominciando con il tanto atteso The Neon Demon.